sabato 26 maggio 2018

Salvini a Savona: «...anche perché se è “no” per uno(Savona...) è “no” per tutti»....



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Lo spread torna a guidare la crisiIl Colle non ci sta 













(di Francesco Verderami – corriere.it) –
 «Nessuna subordinata», dice il presidente del Consiglio incaricato. E il colloquio con il capo dello Stato finisce in quel momento, perché a Mattarella non resta che prendere atto del fatto che Conte non ha l’autonomia necessaria per mediare. Ed è la prova che dietro l’intransigenza sul nome di Savona all’Economia ci sia una precisa volontà politica dei partiti di maggioranza, che conduce verso le urne.

D’altronde Salvini aveva disseminato una serie di indizi inequivocabili negli ultimi giorni. Il primo risale al colloquio conclusivo con l’economista scelto per il ministero più delicato. «Se il problema è il mio ultimo libro — aveva esordito Savona — ne ho scritti altri prima. Se il problema è il carattere, lo si dice di chi ha un carattere forte. Se servo, sono disponibile. Se devo essere sacrificato sull’altare della patria, mi farò da parte. E non sarò certo io a polemizzare contro i partiti e tantomeno contro il presidente della Repubblica». «No professore, nessun passo indietro», era stata la risposta di Salvini: «Anche perché se è “no” per uno è “no” per tutti»....
C’è poi la telefonata che il leader della Lega aveva fatto con Berlusconi tre giorni prima, e al termine della quale il Cavaliere aveva lasciato esterrefatti i dirigenti forzisti: «Salvini romperà, datemi retta. Invece del governo avremo il voto anticipato». Una premonizione confermata l’altro ieri, durante il colloquio tra i due «alleati» a Montecitorio. «Su questa storia di Savona tirerò dritto fino in fondo», era stato l’incipit del capo del Carroccio: «Ne uscirò anche bene. Andremo alle elezioni e le vinceremo». Berlusconi, galvanizzato dalla possibilità di ricandidarsi, gli aveva risposto di essere pronto alla sfida, sebbene fosse conscio del rischio a cui andava incontro dopo aver commesso quello che oggi considera «un errore»: aver dato il via libera alla Lega per allearsi con i 5 Stelle.
Al vertice forzista di giovedì sera Gianni Letta si è espresso con toni accorati, perché contrario ad un ritorno immediato alle urne «che va assolutamente scongiurato». Ma i rapporti di forza impediscono di arginare la manovra, se davvero Salvini ha deciso di andare «fino in fondo». E il cerchio sembra essersi chiuso ieri, dato che persino i grillini giudicano «strumentale» l’impuntatura del leader leghista sul dicastero dell’Economia e sospettano che si stia preparando a una campagna elettorale tutta centrata contro l’Europa e contro il Colle. Tuttavia anche M5S non appare estraneo al disegno per il modo in cui Di Maio si è subito schierato a fianco di Salvini sul «caso Savona».
L’intento del blocco populista è chiaro: trasformare le urne in un autentico ballottaggio, per far piazza pulita delle forze alleate e rivali. Il progetto però potrebbe avere un costo altissimo. A parte il conflitto istituzionale che squasserebbe i rapporti tra i partiti e il Quirinale, c’è il rischio di pregiudicare la stabilità economica del Paese. Ecco a cosa si riferiva Mattarella ieri, parlando del «tasso di irresponsabilità» come di una minaccia nazionale: la gravità della situazione economica — ha detto al premier incaricato — «è chiara anche alle forze che la sostengono», dato che è stata spiegata ai leader della Lega e di M5S nell’ultimo giro di consultazioni. «Alle consultazioni Mattarella ci aveva detto che non avrebbe posto veti», replica di Salvini. «Ma il capo dello Stato non può essere sottomesso a diktat», è stata la risposta del Colle.
Muro contro muro. Da una parte il capo del Carroccio che si chiede cosa osti la nomina di Savona. Dall’altra le parole pronunciate da uno dei più importanti collaboratori del presidente della Repubblica a margine di un convegno al quale ha partecipato nei giorni scorsi, e confidate ad uno stretto consesso di autorità: «Indubitabilmente si parla di un economista di fama. Il problema però è il suo senso di opportunità politica». Si vedrà se il braccio di ferro tra il Quirinale e le forze di maggioranza proseguirà, se quel «nessuna subordinata» con cui Conte si è presentato da Mattarella verrà superato da una mediazione in extremis.
Ma non c’è dubbio che la drammatica situazione politica potrebbe avere una ricaduta sulla situazione economica. In questi giorni i messaggi che sono giunti a M5S e Lega sono stati inequivocabili, anche perché si parla italiano anche fuori dall’Italia. A Di Maio è stato riferito che non c’è nessuna ostilità preconcetta, ma che sui conti pubblici e sul settore bancario i patti vanno rispettati, per scongiurare ripercussioni sul debito nazionale. I segnali giungono da ogni dove. Ad una riunione del Pd sul Def, Padoan ha raccontato di aver sentito tutte le agenzie di rating per congedarsi. Il messaggio ricevuto è stato chiaro. Sono due le variabili che prenderanno in esame: il fattore tempo e la qualità del programma di governo. In attesa di conoscere le misure economiche, hanno fissato un timing: «Non oltre i 90 giorni». Sono stati quasi consumati.--

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