Liberi tutti. A fine settembre le vendite di oro delle banche centrali dell’Eurozona non solo non dovranno più rispettare alcun limite, ma non dovranno neppure essere coordinate. Il Central Bank Gold Agreement (Cbga), in vigore dal 1999 e da allora sempre rinnovato con cadenza quinquennale, cesserà di esistere
di Sissi Bellomo
Liberi tutti. A fine settembre cadrà ogni vincolo sulle vendite di oro delle banche centrali dell’Eurozona: non solo si potranno effettuare senza alcun limite, ma non dovranno nemmeno più avvenire in modo coordinato. Il Central Bank Gold Agreement (Cbga), in vigore dal 1999 e da allora sempre rinnovato con cadenza quinquennale, cesserà di esistere.
La decisione – è bene chiarirlo subito – non cambia le altre regole che governano le riserve auree....
e dunque non incide sul dibattito di ispirazione sovranista relativo alla proprietà dell’oro, in capo allo Stato o a Bankitalia, né sulla possibilità (che non esiste) di impiegare i proventi di eventuali vendite per ridurre il debito pubblico. Per il mercato dell’oro è comunque una svolta importante, che segna un passaggio epocale.
A dare l’annuncio è stata la Bce, firmataria degli accordi insieme ad altre 21 autorità monetarie (quelle della zona euro, più le banche centrali di Svizzera e Svezia): le istituzioni coinvolte, spiega il comunicato, «non vedono più la necessità di un accordo formale», perché negli ultimi anni il mercato dell’oro «si è sviluppato notevolmente in termini di maturità, liquidità e base di investitori».
Se il primo Cbga era nato in reazione alle ingenti e improvvise vendite di oro effettuate dalla Gran Bretagna e da altri Paesi – che negli anni ’90 avevano provocato forti ribassi delle quotazioni del lingotto – ormai da molto tempo il cosiddetto settore ufficiale non esercità più un’influenza negativa sul mercato. Al contrario.
A livello globale le riserve auree stanno crescendo ininterrottamente dal 2010 e l’anno scorso ci sono stati acquisti netti da primato : oltre 650 tonnellate, il massimo da quando nel 1971 era stata decretata la fine del Gold Standard.
Ad accumulare lingotti sono soprattutto i Paesi emergenti, a cominciare da Russia e Cina, i cui acquisti – spinti dalla volontà di diversificare dal dollaro – sono stati un fattore determinante nello scatenare il rally che di recente ha spinto le quotazioni del metallo sopra 1.400 dollari l’oncia, al record da sei anni.
Le banche centrali dell’Eurozona, che possiedono quasi la metà delle riserve auree mondiali, non stanno partecipando alla corsa all’oro. Ma ormai da anni non vendono che quantità irrisorie, perlopiù destinate al conio di monete.
È questo il caso della Germania, responsabile di quasi tutte le vendite effettuate nel Cbga attualmente in vigore, che nel complesso superano di poco 16 tonnellate: un livello lontanissimo dal tetto che un tempo le banche centrali si autoimponevano (400 tonnellate l’anno nel primo e nel terzo Cbga, 500 nel secondo).
La quarta – e ormai si può dire ultima – edizione dell’accordo, che copre il periodo tra il 27 settembre 2014 e il 26 settembre 2019, aveva già abolito ogni limite formale alle vendite, pur ribadendo l’impegno a coordinare eventuali operazioni sul mercato. Adesso cade anche quest’ultimo vincolo, anche se le banche centrali europee assicurano che «nessuna attualmente pianifica di vendere quantità significative di oro» e ribadiscono che il metallo prezioso «resta un importante elemento nel sistema globale delle riserve monetarie».
Nessun commento:
Posta un commento