domenica 26 novembre 2017

Maurizio Blondet - Al Sisi è schierato con Assad (e Putin): La satanica strage del Sinai ....ma chi c'è dietro?





L’immane  strage islamista nella moschea  sufi  di  Bir al-Abd sul Sinai  ha superato ormai  le 300 vittime, lasciando sgomenta  la popolazione  per la sua satanicità e indecifrabilità. Un cantante noto, Hani Chaker, si è chiesto come mai i terroristi prendono di mira musulmani e cristiani copti, ma mai degli ebrei.  Sono domande che sorgono per la portata stessa dell’operazione stragista ( non è stata ancora rivendicata), che ha richiesto molta preparazione ed alte complicità. Da 20 a 30 assassini,  arrivati  in pieno giorno  in quattro SUV e in uniforme militare, compiuto il primo massacro, hanno potuto isolare la zona dove si trova la moschea per diverse ore,  incendiando le auto parcheggiate, sparando sulle ambulanze accorse, per poi ritirarsi con calma prima dell’arrivo delle forze  egiziane; anche scontata l’inefficienza dell’esercito, si deve pensare che i terroristi erano molto sicuri del fatto loro, come sapessero esattamente quando sarebbero giunte le truppe e  le forze di sicurezza. Si tenga inoltre conto che, in base agli accordi di Camp David, Israele ha  il diritto di limitare la presenza militare egiziana nel Sinai – dove invece i suoi servizi  ha i suoi referenti. E Sion ha di recente reso aperta una alleanza con l’Arabia Saudita che è la  testa del serpente wahabita, in funzione anti-sciita.

Al Sisi è schierato  con Assad  (e Putin)...

Il Cairo  ha recentemente rifiutato, davanti alla Lega Araba,  di dichiarare Hezbollah come organizzazione terroristica, suscitando le ovvie ire di Ryad e Tel Aviv, i due stato destabilizzatori più attivi dell’area.  Peggio: il 22 novembre, due giorni prima dell’attentato, il presidente Al-Sisi ha affermato pubblicamente  il sostegno  del suo governo al presidente siriano Bachar Assad,   anche con l’invio di truppe in Siria: “La nostra priorità è occuparci delle  forze estremiste per stabilire la pace in   Siria e Irak”, oltre che  sostenere le operazioni anti-Isis in Libia in appoggio al generale Haftar  (dove   sono arrivati per bilocazione  le  centinaia  di terroristi  che le forze Usa hanno fatto uscire  indenni da Raqqa).  Ed effettivamente, ha riferito il giornale libanese Al-Safir, il 12 novembre,  18 piloti egiziani sono atterrati nella base militare di Hama in Siria, un fonte “vicina alla questione siriana” ha detto che da gennaio arriveranno anche truppe di terra del Cairo per prendere  parte a operazioni congiunte anti-terrorismo in Siria.  Inoltre a metà dell’ottobre scorso, il capo dell’Ufficio siriano di sicurezza nazionale, Ali Mamluk  è andato al Cairo (sua prima uscita in cinque anni) per incontrare il suo pari grado nei servizi egiziani, Khaled Fawzy, per “rafforzare la cooperazione contro il terrorismo”  e coordinare le posizioni politiche.
Ovviamente questa garanzia del Cairo al mantenimento a potere in Siria di Assad, e   la sua adesione al piano russo di pacificazione promosso da Putin a Soci  (il 21  novembre), cambia fondamentalmente i giochi occidentali nell’area. L’Egitto è la più grande  nazione sunnita, ma non si schiera con  Ryad e non partecipa  alle trame (cui Washington e Sion non hanno mai rinunciato) di detronizzare Assad, si avvicina a all’Iran e alla Russia. Potete immaginare la rabbia di Netanyahu, di Bin Salman e del Deep State americano, che mantiene sue truppe – senza esservi invitto dal governo legittimo – in territorio siriano, ad Est dell’Eufrate, dove protegge quella che secondo Washington è “l’opposizione democratica” siriana, ossia i suoi terroristi preferiti.  Un’occupazione  che si  vuole permanente; e gli Usa non hanno risposto all’invito di Putin di essere parte della sistemazione dell’area come deciso a Soci da Mosca,   Iran e Turchia.

Quella rete turca smantellata in Egitto


Aggiungiamo un altro fatto, non riportato dai media italiani: il 23 novembre scorso, la stampa di  stato egiziana ha riferito dell’arresto di 29 sospetti con l’accusa di   complottare per rovesciare Al-Sisi e spiare  per conto di Ankara. L’Agenzia Generale di Intelligence Egiziana (EGI) ha confermato:   la  cellula spionistica era finanziata dalla Turchia e diretta da agenti turchi, ma in diretta coordinazione col Qatar.
Che doppio gioco è questo da parte di Erdogan? Ricordiamo che il suo governo e il Qatar sono i due grandi protettori, finanziatori e istigatori delle azioni della Fratellanza Musulmana. Erdogan a suo tempo ha sostenuto il capo del “governo” dei Fratelli Musulmani in Egitto, Mohammed Morsi, andato al potere con il sostegno anche del presidente Obama, assai vicino anche lui ai Fratelli.   Al Sisi ha rovesciato il regime dei Fratelli  – che s’era dato immediatamente la missione di eliminare con stragi  la minoranza copta  –   e messo in galera per omicidio Morsi. Erdogan odia Al Sisi, e ha espresso esplicitamente il suo odio.
E’ appena il caso di  ricordare che, appena Obama ha cominciato   l’aggressione alla Siria (per interposta “opposizione democratica”) per rovesciare Assad e sostituirlo con un regime islamista,  Erdogan era  entusiasticamente della partita, ha favorito Daesh e ne ha comprato il greggio, partecipava felice  al saccheggio e aspettava con ansia (come del resto Hollande) l’ordine  di Obama per invadere la Siria  con il pretesto (falso) che “Assad gasa il suo proprio popolo”. Solo  perché Obama non ha dato l’ordine di invasione, e poi a causa dell’intervento russo,  Erdogan ha dovuto oggi, di estrema malavoglia, aderire al piano di stabilizzazione  di Putin.

E quello scontro a fuoco, il giorno prima

Da segnalare infine, lo stesso 23 novembre scorso, un giorno prima dell’attentato ai sufi del Sinai, di uno scontro a fuoco in cui la polizia ha ucciso tre terroristi, e  catturati altri nove a Beheira, in  una irruzione in quel che sembra  un laboratorio  casalingo  bombe.  Si trattava di militanti di   Lewaa al-Thawra, la formazione armata clandestina  dei Fratelli musulmani,  creatasi nel 2013 dopo il rovesciamento di Morsi.
La vicinanza, nel 2013,  dei Fratelli Musulmani egiziani  con il Dipartimento di Stato americano (guidato da Hillary) è documentata dalla condanna penale che un tribunale  del Ciro comminò, nel giugno di quell’anno,   rovesciato il  caro Morsi,  ad una ONG americana, il National Democratic Institute. Questa organizzazione non governativa , emanazione del governo Usa,  aveva “lavorato”  molto per “la democrazia”, ossia per favorire l’elezione d ei Fratelli Musulmani.  I giudici condannarono la ONG per non essersi registrata presso  il governo, come prescrive la legge (quindi, agiva in condizioni di clandestinità). Dei 43 condannati, 16 erano di nazionalità americana. Tutti condannati in contumacia, avendo preso il largo in tempo. Il capo della ONG,  Sam LaHood – condannato a 5 anni in assenza –   era il figlio del  Segretario ai  Trasporti del governo Obama,   senatore Ray LaHood
Molti fuoriusciti  egizi della Fratellanza  hanno trovato protezione in Turchia, dove dispongono anche trasmissioni tv in cui attaccano e insultano Al Sisi. Mentre è il Qatar a  dare rifugio al capo spirituale della Fratellanza, Yusuf al-Qaradawi.  Il Qatar che  è stato grande sponsor del  terrorismo islamico  in funziona anti-siriana e pro-sunnita su mandato di Obama  e d Hillary: non dimentichiamo che la consigliera  prima  della signora (e forse sua amante),  la bella Uma Abedin,  è figlia di  Saleha Abedin, , che allora dirigeva lo “International Islamic Council for Da’wa and Relief”, l’organizzazione caritativa (diciamo) della Fratellanza,   di cui è presidente lo sceicco oggi in esilio in Qatar, il già citato Qaradawi.

Fare del Sinai un santuario jihadista coi reduci di Raqqa?

Cambiato inquilino alla Casa Bianca, il voltafaccia: il Qatar che aveva tanto aiutato col terrorismo le politiche di Hillary, è stato abbandonato nei guai da Donald Trump, che gli ha preferito l’Arabia Saudita –  i cui re e principi odiano e temono i Fratelli  Musulmani,  perché repubblicani.  Bin Salman ha lanciato con l’appoggio di Trump il noto ultimatum a Doha (Qatar),  con tanto di blocco commerciale,   che ha avuto come effetto collaterale l’avvicinamento di Doha a Teheran.  Ma l’ottobre scorso, il generale Haftar  ha accusato il Qatar di mandare terroristi salvati dalla Siria e dall’Irak in Libia,  per la nuova fase di destabilizzazione – che colpisce direttamente l’Egitto, in cui i terroristi dalla Libia  possono infiltrarsi facilmente.  Per alcuni   dei tagliagole è un ritorno: furono assoldati da Hillary come mercenari libici per  combattere in Siria, adesso tornano – forse con uno scopo:  creare nel Sinai uno spazio sicuro  per i jihadisti tagliagole fatti esfiltrare da Siria e Irak.  Svuotare il   nord-Sinai costiero  della sua popolazione civile a forza di bagni di sangue come quello messo a segno contro i sufi,  adempirebbe pianamente allo scopo. Non è escluso che sia  un tentativo di partizione dell’Egitto ,con la “jihadizzazione del Sinai a protezione  del vicino Israele – che notoriamente si sente più sicuro se confina con orde wahabite  “religiose”, che con governi laici come quello di Al Sisi e di Assad in Siria.

Sion si sentirebbe più sicura  a  confinare  con un Sinai in mano ai jihadisti (che le devono tanto)?

Come vedete,  il presidente egiziano Al Sisi ha  molti nemici che vogliono un “cambio di regime” in Egitto; alcuni insospettabili.  Una situazione intricata in  cui   si potrebbe far entrare  la morte di Giulio Regeni  e l’interruzione italiana dei rapporti diplomatici col Cairo, opera del grande seguace di Hillary ch oggi ci governa.  Del resto i britannici hanno avuto un ruolo storico cruciale nella creazione dei Muslim Brothers.
Se l’ipotesi che vi abbiamo esposto vi  è parsa troppo  intricata per essere compresa, è perché lo è. Non si tiene più il conto dei doppi giochi, voltafaccia e tradimenti di “alleati”  che Erdogan e i neocon americani hanno operato in questa rovinosa destabilizzazione di Irak e Siria. L’ultimo tradimento da registrare, è quello  ai danni dei curdi.   Dopo aver sostenuto per anni la loro speranze di uno stato ritagliato da Irak e Siria, Trump ha rovesciato questa politica: dopo un paio di telefonate, una  Putin e una ad Erdogan- ha deciso che mantenere buone relazioni col dittatore   di Ankara vale più che i curdi.  Dunque, abbandonati e buttati come un pacchetto di sigarette vuoto.

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