Il Pd con la sindrome dei 101 affonda la parità di genere. Renzi dribla lo s
tatuto per salvare l'accordo con Berlusconi. Bersani avverte: «Ora al Senato»
di Massimo Lauria
Voto segreto e una manciata di parlamentari democratici. Tanto è bastato per affossare definitivamente la speranza della parità di genere nella prossima legge elettorale. Il Pd di Matteo Renzi ha sacrificato le norme statutarie del partito sull'altare dell'accordo con Silvio Berlusconi. Lo statuto, infatti, dice che le liste elettorali si compongono di metà uomini e metà donne. Quindi, hanno sperato le deputate Pd, potrà giovarne anche l'Italicum. Ma il capo di Forza Italia vuole avere le mani libere sulle candidature, altrimenti il patto con Renzi salta.
E sul rispetto del "patto degenere", come lo definisce il Manifesto, il Pd si spacca. Metà dei voti che bloccano gli emendamenti sulla parità sono in quota al Partito Democratico, l'altra metà arrivano da Forza Italia. Una battaglia trasversale, che ha visto coinvolte anche le signore azzurre, a partire dalla ex ministra Prestigiacomo. Ma le quote rosa non s'hanno da fare, tuona fino all'ultimo Denis Verdini, a cui Berlusconi ha lasciato l'incarico della trattativa. È già tanto che il voto sia slittato a questa settimana, fingendo un dibattito chiuso in partenza........
Per l'Italicum oggi è la giornata decisiva. Montecitorio dovrà approvare l'impianto della nuova legge elettorale che fatica ad essere partorita e sulla quale la partita non è ancora chiusa. Già nella serata del 10 marzo cambiano le posizioni tattiche: dai banchi dell'opposizione arriva la proposta per una accelerazione, sfruttando la confusione dopo la batosta agli emendamenti rosa. Niente da fare, i falchi scendono a protezione dell'Italicum: troppo rischioso farla votare subito, le deputate di entrambi gli schieramenti sono tese e arrabbiate. Meglio rinviare.
Se vuole finire il mandato da premier, Renzi deve incassare al più presto la legge elettorale. Altrimenti Berlusconi si arrabbia e gli fa lo sgambetto. Ma critiche e avvertimenti arrivano dai banchi dello stesso Pd. L'ex segretario Pierluigi Bersani lo incalza: «La questione della parità di genere nel meccanismo elettorale non è una tecnicalità che riguarda i collegi, ma un problema di fondo che riguarda la civiltà del Paese. Al Senato dovrà essere cambiato qualcosa». Quella di Bersani sembra una promessa: il gioco prosegue.
Anche l'ex ministra Pd alle Pari opportunità Barbara Pollastrini si dice delusa. L'aver bocciato la parità di genere è «una ferita che toglie credibilità alla proposta di legge elettorale». E anche lei rimanda alla successiva discussione parlamentare: «Ci sarà il passaggio al Senato, ma il voto di oggi (10 marzo, ndr) segna un prima e un dopo». Insomma, la strada per Renzi sembra tutt'altro che asfaltata. La rapidità dell'accordo col Cavaliere e la velocità con cui la proposta è stata liquidata in commissione, rischiano ora di trasformarsi in un boomerang per il sindaco d'Italia.
tatuto per salvare l'accordo con Berlusconi. Bersani avverte: «Ora al Senato»
di Massimo Lauria
Voto segreto e una manciata di parlamentari democratici. Tanto è bastato per affossare definitivamente la speranza della parità di genere nella prossima legge elettorale. Il Pd di Matteo Renzi ha sacrificato le norme statutarie del partito sull'altare dell'accordo con Silvio Berlusconi. Lo statuto, infatti, dice che le liste elettorali si compongono di metà uomini e metà donne. Quindi, hanno sperato le deputate Pd, potrà giovarne anche l'Italicum. Ma il capo di Forza Italia vuole avere le mani libere sulle candidature, altrimenti il patto con Renzi salta.
E sul rispetto del "patto degenere", come lo definisce il Manifesto, il Pd si spacca. Metà dei voti che bloccano gli emendamenti sulla parità sono in quota al Partito Democratico, l'altra metà arrivano da Forza Italia. Una battaglia trasversale, che ha visto coinvolte anche le signore azzurre, a partire dalla ex ministra Prestigiacomo. Ma le quote rosa non s'hanno da fare, tuona fino all'ultimo Denis Verdini, a cui Berlusconi ha lasciato l'incarico della trattativa. È già tanto che il voto sia slittato a questa settimana, fingendo un dibattito chiuso in partenza........
Per l'Italicum oggi è la giornata decisiva. Montecitorio dovrà approvare l'impianto della nuova legge elettorale che fatica ad essere partorita e sulla quale la partita non è ancora chiusa. Già nella serata del 10 marzo cambiano le posizioni tattiche: dai banchi dell'opposizione arriva la proposta per una accelerazione, sfruttando la confusione dopo la batosta agli emendamenti rosa. Niente da fare, i falchi scendono a protezione dell'Italicum: troppo rischioso farla votare subito, le deputate di entrambi gli schieramenti sono tese e arrabbiate. Meglio rinviare.
Se vuole finire il mandato da premier, Renzi deve incassare al più presto la legge elettorale. Altrimenti Berlusconi si arrabbia e gli fa lo sgambetto. Ma critiche e avvertimenti arrivano dai banchi dello stesso Pd. L'ex segretario Pierluigi Bersani lo incalza: «La questione della parità di genere nel meccanismo elettorale non è una tecnicalità che riguarda i collegi, ma un problema di fondo che riguarda la civiltà del Paese. Al Senato dovrà essere cambiato qualcosa». Quella di Bersani sembra una promessa: il gioco prosegue.
Anche l'ex ministra Pd alle Pari opportunità Barbara Pollastrini si dice delusa. L'aver bocciato la parità di genere è «una ferita che toglie credibilità alla proposta di legge elettorale». E anche lei rimanda alla successiva discussione parlamentare: «Ci sarà il passaggio al Senato, ma il voto di oggi (10 marzo, ndr) segna un prima e un dopo». Insomma, la strada per Renzi sembra tutt'altro che asfaltata. La rapidità dell'accordo col Cavaliere e la velocità con cui la proposta è stata liquidata in commissione, rischiano ora di trasformarsi in un boomerang per il sindaco d'Italia.
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