Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alal vostra attenzione qualche elemento di valutazione relativo alla progettata depauperazione del nostro sciagurato Paese grazie al famigerato aumento delle spese militari, tanto più pesante quanto più inutile. Buona lettura e condivisione. meno male che siamo governati da “sovranisti”… fa già ridere solo così. Grazie di cuore a Cipputi… Vauro da Altan.
Il primo è questi due post di Alessandro Volpi
Tutto diventa sempre più chiaro. In Europa esiste di fatto una sola Agenzia di rating non riconducibile, almeno apparentemente alle tre Agenzie Usa (Fitch, S&P, Moody’). Si tratta di Scope ratings, una società privata di cui non sono neppure chiari i grandi azionisti, ma che attribuisce pagelle importanti al debito degli Stati europei: se il debito di uno Stato è declassato paga di più in interessi. Ieri Scope ratings ha emesso una dichiarazione in cui ha sostenuto che i piani di riarmo dei singoli Stati europei, a cominciare dall’Italia e dalla Germania, metteranno a repentaglio la credibilità del loro debito. Dunque, sostiene Scope Ratings, per evitare un declassamento, occorre, soprattutto in Italia, un pesante taglio delle “altre spese”; in sostanza del Welfare.
Lo schema è perfetto: la Commissione europea punta tutto sul riarmo, gli Stati “sovrani” applicano la ricetta, la finanza armata fa una montagna di soldi e le spese sociali devono essere tagliate. Altrimenti, il rating scende e i paesi devono pagare più interessi anche perché per l’Italia un declassamento vuol dire portare i titoli italiani non troppo lontani da una condizione in cui non possono più essere comprati dagli investitori istituzionali. La soluzione però c’è per Scope ratings e consiste nell’abbinare il taglio della spesa pubblica alle privatizzazioni dei servizi essenziali. L’Europa del riarmo è dichiaratamente turboliberista.Come volevasi dimostrare. Dopo la cena di gala in cui Trump e Giorgia Meloni sorridevano amabilmente e dopo le dichiarazioni in merito ad un ammorbidimento del presidente americano, dato l’impegno europeo in termini di spesa militare, la realtà è tornata a farsi sentire. Trump ha infatti ribadito, con tono minaccioso, che non ha alcuna intenzione di accettare condizioni, in materia commerciale, non apertamente favorevoli agli Stati Uniti. “L’Europa imparerà a non essere cattiva”, ha dichiarato agli “amici europei” che pensavano di averlo già accontentato e ha fatto capire che neppure un’aliquota del 25% potrebbe essere accettabile per gli americani. Dunque, le illusioni meloniane di un’aliquota al 10% sono già tramontate. E’ evidente che il servilismo non paga. Intanto, mentre l’Europa non ha mai applicato neppure per un giorno dazi verso gli Stati Uniti, Trump ha ancora in vigore i dazi al 50% su acciaio e alluminio europei e al 25% sulle auto. Il dazio generale è passato invece dal 2,2 al 10%. Se a ciò si aggiunge un dollaro che vale 0,85 euro è chiaro che esiste un onere pesante per le imprese europee. Inoltre, Trump ha dichiarato decaduta l’adesione americana alla Minimum Global Tax, con l’effetto di ridurre del tutto il già inesistente gettito fiscale pagato in Europa dalle Big Tech Usa, e ha applicato ritorsioni nei confronti dei paesi come l’Italia che hanno intentato cause contro le stesse Big Tech per evasione fiscale, aggiungendo anche un’aliquota del 5% sui profitti di imprese estere in Usa. Di fronte a tutto ciò, davvero, emerge un’Europa totalmente impresentabile, inutile e dannosa. A questo riguardo vorrei aggiungere un’ulteriore considerazione. Gli europei si sono impegnati a portare la spesa militare al 5% del Pil in 10 anni. E’ singolare che in merito al costo effettivo per l’Italia di un simile impegno siano state formulate le stime più svariate: dai 175 miliardi, espressi da vari esponenti del governo e dell’opposizione, ai 350 miliardi di Carlo Cottarelli, ai 450 di Elly Schlein. Il dato evidente che traspare da questa ridda, abbastanza incredibile, di stime è costituito però dal fatto che la spesa militare sarà la variabile decisiva nella costruzione delle Leggi di bilancio dei prossimi anni e dunque ad essa sarà subordinato il peso delle altre voci. E’ paradossale, allora, che una simile mostruosa ipoteca avvenga senza generare alcun effetto nella definizione delle politiche doganali da parte degli Stati Uniti, senza aver alcun elemento vero sull’incidenza in termini economici visto che le stime del Pil parlano di una crescita di poco meno dell’1%, e rinunciando ad ogni azione di natura fiscale verso i colossi americani che fanno straordinari utili in Italia: senza contare che le più grandi commesse di armi da parte dell’Italia sono con industrie americane. Siamo davvero la più sottomessa provincia dell’impero, destinata ad essere ancora più impoverita dagli Stati Uniti.
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Poi c’è questo post di Alessandro Orsini.
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Infine, questo commento di Travaglio su Infosannio:
E niente. La filastrocca meloniana “Si vis pacem, para bellum” per giustificare il mega-riarmo Nato non ha funzionato. Papa Leone non se l’è bevuta: “Come si può credere dopo secoli di storia che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo? La gente è sempre meno ignara dei soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte: si potrebbero costruire ospedali e scuole, invece si distruggono quelli già costruiti. Bisogna smascherare le cause spurie dei conflitti: la gente non può morire a causa di fake news”. Sentendo “fake news” e “propaganda”, chissà perché, Beppe Severgnini s’è sentito chiamato in causa e ha svelato a Otto e mezzo cosa direbbe al Papa se quello avesse tempo da perdere: “Santità, ha ragione, le armi fanno schifo, io non vorrei spendere nel riarmo”. Però vuole: “Chi si oppone al riarmo dica cosa fare, non solo cosa non fare. Dobbiamo mandare il messaggio ‘Caro signor Putin, le dispiace non invadere i paesi vicini, non bombardarli, non minacciare dicendo che le interessano i Paesi baltici, la Moldavia e magari la Romania? Perché sa, noi non vogliamo riarmarci’? Dall’altra parte abbiamo la Russia che ha dimostrato che intenzioni ha”.
Naturalmente Putin non ha mai detto di voler invadere Baltici, Moldavia e Romania. E, ben prima che lui aggredisse l’Ucraina, la Nato aveva invaso Iraq e Afghanistan e bombardato Serbia e Libia. Ma Severgnini ha un concetto calcistico della geopolitica: è quello del “Siamo 40 contro 1, in Ucraina vinciamo noi”, poi purtroppo abbiamo perso. È anche quello del “Se non ci fosse la Nato, Putin sarebbe già a Lisbona” (altro che Baltici, Moldavia e Romania: Putin invaderà tutta l’Europa fino al Portogallo e lì si fermerà solo per via dell’Oceano): quindi lo sa che, se i russi attaccano un Paese Nato, si ritrovano contro i 32 eserciti Nato. Ma ora gli fa comodo fingere che la Nato sia disarmata e che il Papa e gli oppositori del riarmo al 5% vogliano abolire gli eserciti per rimpiazzarli con mazzi di fiori. E non è solo un abile stratega, ma pure un fine economista, infatti sa già come finanziare il riarmo: “I soldi si possono trovare: basta un decimo degli 80 miliardi di evasione per pagare la difesa, temo necessaria”. Ogni anno dovremo spendere in armi 70 miliardi in più degli attuali 30, ma a lui ne bastano 8 (tanto il falso in bilancio è depenalizzato). E stiamo allegri: “La difesa non sono solo missili, ma cybersicurezza, militari che aiutano la società in emergenze e calamità, più risorse per tutti” e soprattutto “scudi e computer”. Che bello: avrò un nuovo pc e un fiammante scudo medievale tutto mio per Carnevale. Tanto paga la Nato.
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