La richiesta di tutela dopo il caso Astrazeneca. Il prof Cupelli ad HuffPost: "Limitare responsabilità a colpa grave".
“Ho ricevuto tramite l’Ordine dei medici l’invito a iscrivermi alle liste dei vaccinatori.
Dopo che i colleghi siciliani sono stati indagati per la morte di due persone dopo il
vaccino credo che passerò, grazie. Buoni ma non scemi”. È il testo di un tweet che
un medico scriveva il 12 marzo. Il giorno in cui la procura di Siracusa, tra le altre,
iniziava ad indagare sulla morte di un militare, avvenuta qualche ora dopo la
somministrazione del vaccino di Astrazeneca. Nel caso specifico ancora non sono
stati resi noti i risultati dell’autopsia, che chiarirà se c’è un qualche nesso tra la
somministrazione e il decesso. Nesso che in altri due casi non dissimili, in Sicilia e
in Campania, è stato escluso a un primo esame autoptico.
Nell’attesa che il tuttovenga chiarito - e mentre, lo ricordiamo, l’Aifa sottolinea che Astrazeneca è un
prodotto sicuro, che non c’è nulla da temere e non ci sono motivi per rifiutare il
vaccino - si ripropone il tema dello scudo penale per i sanitari in tempi di emergenza. E se pochi mesi fa la questione riguardava i medici che avevano operato nei reparti Covid, oggi si chiede di tutelare
i sanitari che praticano le iniezioni che aiuteranno il Paese a sconfiggere il virus.
Il rischio, tra l’altro, è che alcuni di loro, spaventati dall’idea di poter essere indagati
indipendentemente dalle dinamiche degli eventi vagliati dagli inquirenti, e nel
timore di dover affrontare uno o più processi, rinuncino all’incarico. Decidano di
non entrare nell’ “esercito dei vaccinatori”, contribuendo, loro malgrado, a rallentare
la campagna di immunizzazione.
L’allarme è stato lanciato da Filippo Anelli, il presidente della Federazione
nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri: “Molti colleghi sono
spaventati da quello che è successo in Sicilia. La magistratura fa il suo doveroso
lavoro e sono ‘atti dovuti’ ma serve mettere in serenità gli operatori e pensare a
“una sorta di ‘scudo penale’, un intervento legislativo idoneo, senza sconvolgere i
nostri principi democratici, per dare in un questa fase emergenziale la possibilità al
medico di potersi esimere dai problemi di carattere colposo”, ha detto all’Ansa. In
questo senso si è espressa anche la senatrice leghista Giulia Bongiorno, che su
Twitter ha scritto: “Occorre tutelare con una nuova norma i medici che
somministrano il vaccino. E questa tutela va creata subito”. Un invito a legiferare
sul tema arriva anche dal governatore della Liguria, Giovanni Toti: “Qualche
incidente statistico nei grandi numeri evidentemente c’è e ci sarà, quindi lo scudo
penale è la cosa più urgente in assoluto”.
Ma come dovrebbe essere declinata una eventuale norma? Cristiano Cupelli,
professore di Diritto penale all’Università di Tor Vergata, ha sul tema le idee precise.
Non apprezza l’espressione “scudo penale”, parla piuttosto di “una norma di
garanzia per tutelare chi - in questa fase critica - sta operandosi, in condizioni
critiche e di estrema difficoltà, per tutelare la salute pubblica”. Senza una legge che
tuteli i sanitari, sottolinea Cupelli parlando con HuffPost, c’è il rischio di “medicina
difensiva”, anche in sede di vaccinazione: “In buona sostanza, i medici, preoccupati
dal rischio di indagini connesse ad eventi avversi sostanzialmente imprevedibili
(e a loro dunque, allo stato, non imputabili), accompagnate dal frastuono mediatico
e da un eccesso di allarmismo, ben potrebbero scegliere, nei pochi minuti che
hanno a disposizione per la l’anamnesi che precede la somministrazione del
vaccino, di astenersi o di rimandare a casa chi sta per vaccinarsi ed è indeciso o
non è in grado di ricostruire e valutare adeguatamente il proprio quadro clinico”.
Con il risultato di posticipare l’immunizzazione di un numero di soggetti che
potrebbe essere piuttosto corposo. Per limitare questo fenomeno, che sarebbe
devastante nel momento in cui il vaccino è l’arma più potente che abbiamo per
sconfiggere il virus, la soluzione potrebbe essere ridurre i casi in cui il medico è
penalmente perseguibile. Creare cioè, continua Cupelli, “una norma che limiti la
responsabilità alla sola colpa grave e che, nel definirla, dia un peso decisivo al
fattore contestuale; un intervento di natura sostanziale, volto a offrire alla
magistratura i necessari strumenti per escludere il rilievo penale di determinate
condotte ed operare più agevolmente – dopo – sul piano processuale”. Ma cosa
si intende per colpa grave? In riferimento alla vaccinazione si possono fare due
esempi: un errore grossolano del medico nella fase di valutazione della situazione
clinica manifestamente critica è incompatibile con la profilassi del paziente o un
errore materiale al momento dell’inoculazione del farmaco. “In questi casi - conclude
Cupelli - la colpa potrebbe essere evidente”.
Nella corsa all’immunizzazione di massa il no dei medici a diventare vaccinatori
pe paura di eventuali conseguenze penali potrebbe essere l’ennesimo intoppo.
La politica dovrà valutare se correre il rischio o provare, nei limiti della legge, a
correre ai ripari.
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