sabato 27 aprile 2019

Stefano Rossi - Quando a sbagliare è il Sommo custode della Costituzione.

(Stefano Rossi) –
Mattarella promulga la riforma sulla legittima difesa ma scrive ai presidenti dei due rami del Parlamento sollevando forti dubbi sulla nuova legge.
 Premetto che il presidente Mattarella non si faceva particolarmente notare quando al governo c’era il Pd e, a quei tempi, di occasioni per farsi notare ce ne stavano moltissime.
E per gravissimi motivi.
Il Monte dei Paschi di Siena, la Popolare di Vicenza, Veneto Banca, che equivalgono al 10% dell’intero sistema bancario nazionale hanno rischiato di saltare per aria.
Eppure egli promulgò IN SILENZIO la legge n. 49 del 2016, che porta le illustri firme di Mattarella, Renzi, Padoan.
Al suo art. 2, si cancella d’un colpo un sacrosanto diritto. Ecco il testo: “NON spetta ai soci IL DIRITTO DI RECESSO previsto dall’articolo 2437, primo comma, lettera a) del codice civile“...
L’articolo in questione, del codice civile, prevede il diritto degli azionisti di recedere quando la banca muta il suo oggetto o l’attività sociale.
E pareva logico e legittimo a tutti gli operatori del diritto dal 1942! Fino a quando giungeva al governo il Pd e la firma di Mattarella.
Un fatto inaudito, incalcolabile, assurdo, deprecabile, apodittico! Si tratta di una delle materie più delicate e importanti: IL RISPARMIO, LA SUA TUTELA ED IL RAPPORTO TRA BANCHE E RISPARMIATORI.
Forse, il presidente, si fidava quando al governo c’erano i professionisti CHE AZZERAVANO DIRITTI CON LA FACILITA’ CON CUI NOI GIOCHIAMO AI DADI.
Ma torniamo ad oggi.
Il presidente Mattarella avrà pure ascoltato PARTE della magistratura che è contraria a questa riforma se non altro perché limita fortemente il raggio della interpretazione del magistrato.
Questi, se vorranno rispettare la nuova norma (il dubbio, vedrete, diventerà certezza), non potranno più sindacare se colui che ha subito una rapina, magari dopo essersi svegliato di soprassalto, spaventato e preoccupato delle conseguenze, ha sparato mirando in basso, in alto, se si fosse accorto che i rapinatori fossero due o più, se fossero armati, se si trovassero sull’uscio di casa, un po’ fuori o un po’ dentro, se c’erano segni di scasso e se per caso la finestra fosse socchiusa e fossero passati un poco di quei raggi di luce dal lampione pubblico che avrebbero potuto sicuramente far vedere che il povero rapinatore non era armato e si trovava pure solo in quanto sfortunato con un destino bastardo che lo ha portato ad una morte prematura!
Perché non ha sparato in aria un colpo di avvertimento?
Tutto questo dovrebbe scomparire.
Dovrebbe.
Ma quello che ora mi interessa è l’azione solenne del Capo dello Stato a questa riforma.
L’art. 74, della Costituzione prevede: “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata”.
Tradotto, se ha dei dubbi può non firmare e motivare, con messaggio, i passi che non vanno della legge, ma dopo, se per caso dovesse il Parlamento ripresentare il medesimo testo, o firma o si dimette.
E’ chiaro che in tutto questo, tra le righe, esiste quella Prassi, quella Cortesia istituzionale che non la troviamo nelle norme ma nel buon senso.
Se il Capo dello Stato non firma è sicuro che qualcosa di storto ci deve pur essere.
E il Parlamento farebbe bene a prendere nota del messaggio inviatogli.
Ma poiché il potere legislativo è in mano solo al Parlamento e non certo al presidente della Repubblica, nella sciagurata ipotesi che quel testo rifiutato venisse riproposto nella sua originaria forma, il presidente si troverebbe in una brutta situazione.
Se firmasse di nuovo la legge salverebbe il suo incarico ma perderebbe la faccia.
Altrimenti salverebbe questa ma perderebbe tutto il resto.
Qui è avvenuto qualcosa di diverso.
Mattarella non ha scritto UN MESSAGGIO MOTIVATO al Parlamento.
Questo è un atto formale e riguarda uno dei tre poteri autonomi del presidente (gli altri due sono lo scioglimento di una o delle due Camere e l’altro è la nomina dei senatori a vita).
Ha preferito, e non è la prima volta, utilizzare una forma minore, una lettera ai presidenti dei due rami del Parlamento ed al presidente del Consiglio.
Ecco che dal testo di cui all’art. 74, si giunge dal messaggio al “messaggino”.
Il primo potrebbe vincolare il presidente ad un vicolo cieco.
Il secondo lo libera da ogni rischio incalcolabile.
Ma una domanda dobbiamo pur farcela.
Ma se un testo di legge ha profili di incostituzionalità, può un Capo dello Stato firmare la legge?
O più subdolamente, tutti i profili di incostituzionalità sono rilevabili dal Capo dello Stato?
Si legge nella lettera: “Devo rilevare che l’articolo 8 della legge stabilisce che, nei procedimenti penali nei quali venga loro riconosciuta la legittima difesa “domiciliare”, le spese del giudizio per le persone interessate siano poste a carico dello Stato, mentre analoga previsione non è contemplata per le ipotesi di legittima difesa in luoghi diversi dal domicilio”.
Non mi aspettavo un rilievo di così poco conto.
Ci sono rimasto male.
Il Capo dello Stato si mette a fare il conticino della spesa e rileva che mancherebbero 10 centesimi quando stavano andando a picco le più grandi banche d’Italia e montagne di milioni di euro.
Ma come mancherebbe analoga disposizione per LE PERTINENZE?
Rimango basito.
Prima ancora della inutile riforma del governo Berlusconi, la legittima difesa veniva estesa anche nei luoghi pertinenziali sia pur nel silenzio della legge.
I giudici interpretano anche a favore delle vittime. Non sempre. Ma succede.
Anche questa volta è chiaro che le spese saranno a carico dello Stato anche se il rapinatore fosse ferito o ucciso in cantina o in garage.
Sarebbe assurdo il contrario.
Invece trovo corretto quanto scritto nel finale.
Segnalo, infine, che l’articolo 3 della legge in esame subordina al risarcimento del danno la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, nel caso di condanna per furto in appartamento o per furto con strappo ma che lo stesso non è previsto per il delitto di rapina. Un trattamento differenziato tra i due reati non è ragionevole poiché – come indicato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 125 del 2016 – “gli indici di pericolosità che possono ravvisarsi nel furto con strappo si rinvengono, incrementati, anche nella rapina“».”.
Ma perché mai allora ha firmato?
Qui c’è un chiaro errore dovuto ad una dimenticanza del legilatore.
Allora perché aspettare che arrivino le richieste di sospensione del processo e rimessioni al giudice delle leggi per una EVIDENTE INCOSTITUZIONALITA’ DELLA NORMA?
Sono sicuro che il testo sarebbe stato modificato secondo il giusto consiglio del presidente Mattarella.
Ma di questi tempi, forse, Mattarella non si fida.
Prima, sia pure con un partito che vanta un numero abnorme di gente indagata, arrestata, condannata, si sentiva tra amici, tra professionisti, che gli garantivano stabilità.
Che importa di mafia capitale! Che importa delle cooperative e dei milioni di euro gestiti sul traffico degli immigrati.
Ora ci sono questi ragazzacci che financo si permettono di fare le conferenze stampa per la strada, fuori dalla Camera, lasciando di succo i giornalisti che rimangono bloccati all’ingresso di Palazzo Madama e quando giungono sul posto trovano solo quel matto con la penna in faccia in attesa che si accenda un’altra telecamera.
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Nei lavori preparatori alla Costituzione troviamo la ratio legis delle norme costituzionali.
Mi sembra corretto andare a dare una sbirciata.
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Il correlatore on. Conti aveva proposto invece l’intervento del Presidente della Repubblica nella funzione legislativa mediante l’istituto della sanzione.
Riprendendo in Assemblea questa proposta. Fon. Bozzi precisò: « … ricordo il progetto dell’on. Conti che dava al Presidente della Repubblica il potere di intervenire mediante la sanzione; nella stesura definitiva il capo dello Stato è mantenuto fuori. Secondo me questo è un errore… Se il Presidente della Repubblica deve essere – come dovrebbe essere – a capo di tutti i poteri, colui che impersona lo Stato nei tre poteri, nelle sue tre funzioni fondamentali, io non vedo perchè il Presidente della Repubblica debba essere tenuto estraneo alla formazione del più importante atto della vita di uno Stato: la legge» (A. C, pag. [178). L’on. Ruini, presidente della Commissione, non accettò la proposta Bozzi, che riproduceva in sostanza l’art. 3 dello Statuto albertino (« Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal re e da due Camere »), perché rispondente a una concezione totalmente superata.
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Il rinvio alle Camere può verificarsi o per ragioni di legittimità o anche per ragioni di merito; nel primo caso il Presidente della Repubblica, che è il supremo custode della Costituzione, di fronte a una legge votata dal Parlamento, la quale non interpreti esattamente o sia addirittura in contrasto con una norma costituzionale, rinvia la legge stessa alle Camere; nel secondo invece il rinvio può essere provocato da una legge che, pur votata dal Parlamento, non sia in un determinato momento espressione genuina del sentimento popolare.
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I Padri costituenti non potevano sapere che ci sarebbe stato pure un “sentimento” del Capo dello Sato che lo avrebbe portato a cautelarsi con un mero messaggino più informale e meno rischioso per il suo settennato.
E questo è tutto, mi pare.
Stefano Rossi

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