martedì 8 agosto 2017

Maurizio Blondet - Contro il riscaldamento climatico, adottare la teoria del “gender”…?

    

In tutto il mondo,  in  questo momento, sono in costruzione o in progettazione avanzata 16 mila centrali elettriche a carbone . Sì, abbiamo letto bene: a carbone. Il nero combustibile altissimamente inquinante di cui i poteri transnazionali ci avevano imposto di rinunciare.
Quando queste 16 mila nuove centrali saranno in funzione, aumenterà l’attuale   capacità delle centrali a carbone oggi esistenti a 849.000  megawatt, pari a circa  il 43  per cento.  La notizia l’ha data  la Ong ambientalista  tedesca  Urgewald,  che sembra anche la sola ad allarmarsene.
“Se si costruiscono queste centrali, saltano gli obbiettivi di protezione sul clima”,  ha strillato  la  direttrice di Urgewald   Heffa Schuecking, “anche se se ne costruiscono solo una parte, il Trattato di Parigi perde valore”.
Già, il trattato di Parigi sul clima. Ricordiamo  la corale condanna di tutti i leader,  gli alti lai, gli stracciamenti di vesti, l’indignazione morale  altissima con cui  tutto il  mondo che conta in politica e nella globalizzazione (e nella neo-chiesa di BErgoglio)  accompagnò la decisione di Donald Trump di  uscire dal trattato di Parigi?...

“Un errore per gli Stati Uniti e il nostro pianeta”, lamentò il neo-eletto  Macron dei Rotschild. “Il trattato di Parigi è irreversibile”, giurò  Angela Merkel,  nella sua nuova veste di supremo Euro-Fuehrer.
Trump  ( “Io sono stato eletto dai cittadini di Pittsburg, non di Parigi”) spiegò l’uscita proprio a difesa delle centrali a carbone  che avrebbe dovuto spegnere  e delle miniere americane in grave crisi  che avrebbero dovuto chiudere. L’accordo di Parigi, disse, sarebbe costato agli Usa 3 mila miliardi di dollari in PIL perduto, e 6,5 milioni di lavori, mentre Cina ed India (firmatarie del trattato, come no…) son trattate  meglio.

Germania a Carbone

La centrale di Datteln in Germania. A carbone. Ma sarà l’ultima…
E adesso, la Germania sta completando la sua centrale a carbone di Datteln, con la promessa che questa  sarà  l’ultima. Altri 61 paesi stanno completando le loro. Il più grosso progetto è in corso in India, della National Thermal Power Corporation; la Cina pare che  dedicherà alle nuove centrali a carbone il 43 per cento degli investimenti programmati nel settore energetico. L’Ucraina avendo decine di centrali a carbone e i giacimenti carboniferi nel Donbass, dove non vuole più servirsi (anche perché i suoi miliziani impediscono il trasporto),  ha comprato dagli Usa il primo carico di 700 mila tonnellate per  un valore di 113 milioni di dollari.
Zitti zitti, forse perché l’ideologia è una cosa e la realtà è un’altra,  e il sogno di energie pulite fatte con gli specchi, e le biomasse si rivela sempre più chiaramente  una fantasia: precisamente, una di quelle fantasie che il Potere finanziario sovrannazionale ci ha tante volte promesso – il libero movimento di capitali  crea benessere, l’Europa Unita ci rende più efficienti, l’euro  ci dona  stabilità e prosperità, il controllo del clima ci darà città profumate di lavanda che riciclano tutta la cacca – e  che invece si rivelano, troppo tardi, per quello che sono: mezzi per controllarci con la paura, farci accettare aumenti di costi  e di tasse, impoverimento, disoccupazione strutturale, controllo sociale sempre più oppressivo ed  asfissiante,  anche attraverso l’introiezione   nelle moltitudini  dei dettami voluti dai padroni,  come appunto l’angoscia climatica, che fanno dei nostri simili  la loro psicopolizia volontaria.
La credenza del cambiamento climatico provocato dall’uomo non è solo questo, un organo di controllo del governo mondiale. E’ anche e forse primariamente un (altro) colossale trucco con cui la finanza transnazionale,  quella cui per comodità diamo il volto di George Soros,  estrae  profitti dalle nostre tasche, dagli stati, da  tutti i produttori  del mondo, che ci ha reso suoi soggetti – anzi suoi oggetti.
Me lo ha  rivelato un articolo del professor Giuseppe Sandro Mela, che riproduco in calce.
Ma in breve:   dal 1972 l’ONU ha creato lo  United Nations Environment Programme, UNEP  che s’è arrogato il seguente compito: “Tiene sotto controllo le variazioni climatiche e, insieme ad altri partnership, si impegna a rallentare questi processi rapidi che compromettono il benessere pubblico”.  Sempre  per il nostro bene.
UNEP   è un ente gigantesco, con sei uffici regionali, dunque sparso nel mondo; il quale “Per eseguire le sue funzioni, opera in coordinamento con gli altri programmi e agenzie delle Nazioni Unite, con le altre organizzazioni internazionali, con gli Stati nazionali, con le ONG  [ecco qua la parte per Soros] e con gli esponenti del settore privato e della società civile”;  e d è in stretta “In collaborazione con l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) valuta quali cambiamenti climatici si sono avuti». Questo IPCC è stato colto più volte in flagrante alterazione dei dati scientifici sul riscaldamento climatico. Ma  passi: andiamo al sodo.

Trump ha rovinato un business titanico ai globalisti?

  L’UNEP  ha  proliferato altre entità sovrannazionali, come UNCED, United Nations Conference on Environment and Development; – UNFCCC, United Nations Framework Convention on Climate Change.. Questo ultimo, UNFCCC , ha istituito il  Green Climate Fund (Gcf),  Fondo Per il Clima Verde, che presenta come “un meccanismo per assistere i paesi in via di sviluppo in pratiche di adattamento e mitigazione per contrastare il cambiamento climatico” (“a mechanism to assist developing countries in adaptation and mitigation practices to counter climate change“).
Per finanziare queste attività di mitigazione nei paesi poveri, il World Development Report  (un rapporto ONU, ovviamente)  ritiene stanziabili  140-175 miliardi di dollari annui per i prossimi vent’anni, per l’adattamento, fra i 30 e i 100 miliardi annui. Sono già cifre colossali e che fanno molta gola; ma  ancora non bastano. Per i nuovi investimenti in energie rinnovabili, “con quelli in energie rinnovabili comprendenti il 60 per cento del totale”, il rapporto stima 16.900 miliardi di dollari. Avete letto bene: 16.900 miliardi,  di cui il 60 per cento da investire in energie alternative. Un business astronomico.
Chi paga? I contribuenti occidentali, grandi colpevoli dell’inquinamento. E chi se ne avvantaggia? I popoli del  Terzo Mondo, le  cui megalopoli  purulente diverranno giardini,  e bidonvilles mostruose saranno alimentate da energie pulite e profumate, con le nuove tecnologie  che noi occidentali porteremo   loro? Ma nemmeno per sogno.   Come dice il professor Mela, all’UNEP “gli stati europei hanno il controllo sulla gestione dei fondi, che elargiscono a chi loro faccia piacere, a beneficio delle proprie economie. Ecco come nascono i surplus commerciali di molte nazioni europee: sono finanziati dalle Nazioni Unite e, di conseguenza, dai finanziatori delle stesse”.
Ecco perché tante lacrime di Macron e Frau Merkel:  “del clima si fanno un baffo, ma per cifre come quelle  indicate (16900 miliardi!) scannerebbero i genitori”, ed ecco di colpo, Trump, uscendo dal Trattato di Parigi, “ha cessato il contributi americani all’UN Green Climate Fund, che aiuta i paesi ad  affrontare gli effetti del cambio climatico”.
US payments to the UN Green Climate Fund, which helps developing countries cope with the effects of climate change, will stop.»)

La condizione per avere gli aiuti sul clima:  siate LGBT

D’accordo. Ma, direte voi, almeno stiamo davvero aiutando  i paesi africani ad adottare energie alternative e rinnovabili, insomma combattere il riscaldamento climatico e l’inquinamento ambientale  è  – una volta che  il Capitale ha estratto  dalla benefica impresa  la sua grassa  parte –  veramente lo scopo di tutti. Salvare il pianeta, come dice Macron.
Macché. Bisogna leggere bene i criteri  secondo cui il Green Climate Fund  intende distribuire, o negare, i fondi per il clima ai paesi poveri. Qui si scopre che il Green Fund integra le sue “raccomandazioni”, ossia subordina i suoi cosiddetti aiuti,, all’accettazione della teoria del “gender” da parte di questi paesi, chiaramente la sua diffusione nelle scuole e nell’opinione pubblica (“gender mainstreaming”),  in stretto collegamento con il Gender Policy and Action Plan»,    che è  un progetto  UNICEF.
“Tradotto in parole poverissime: chi non abbracci la teoria del gender non ottiene alcun finanziamento”, scrive Mela.
Ma allora, sono davvero preoccupati del clima, oppure di diffondere il gender? Le nuove centrali a carbone in costruzione nel  mondo non sembrano proprio il pericolo più imminente. Prima del clima, i LGBT.

 https://senzanubi.wordpress.com/2017/06/02/francia-e-germania-piangono-non-sul-clima-ma-sullunep/---

 

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