La 'rivoluzione dell'America profonda' sollevata da Trump è ai primi passi. Ma gli sconfitti stanno tastando il terreno per rovesciare la scacchiera.
di Giulietto Chiesa.
Ci sono
molti segnali che la "rivoluzione dell'America profonda" sollevata da
Donald Trump non è che ai primi passi. Ma ce ne sono altrettanti a
indicare che gli sconfitti stanno tastando il terreno per rovesciare la
scacchiera su cui hanno appena subito uno scacco matto.
Non nascono per caso manifestazioni "popolari" in 25 città americane,
che contestano il risultato elettorale. Non c'è nulla di "spontaneo"
nella sollevazione di "milioni" di sottoscrittori della petizione di
quella organizzazione non certo caritatevole, costruita per mobilitare
gl'ingenui, che va sotto il nome di "Avaaz". Altrettanto può dirsi
dell'entrata in campo di "collezionisti di e-mail" come "Change.org", e
ancor più sospette sono le chiamate alle armi di "Move-on", creatura di
Soros, specializzate in rivoluzioni colorate in giro per il mondo....
Sconfitta
è l'élite che ha dominato l'America fino a ieri, da sempre. Quella che
costruì, fin dall'inizio, un sistema politico finalizzato a tenere fuori
dal potere quella che i WASP (white anglo-saxon protestant) hanno sempre considerato la "teppa" (rabble)
dei lavoratori, dei poveri. Insomma, quelli che non sono mai andati a
votare e che era essenziale fare in modo che mai ci andassero.
Donald Trump ha vinto, molto
probabilmente, perché ha saputo trovare gli accenti giusti per parlare a
quella "teppa", ormai portata allo stato di esasperazione da una
globalizzazione che si è ritorta contro l'America profonda dopo avere
devastato tutti i continenti.
E i paradossi che sono venuti alla luce sono molti, aggrovigliati tra
loro come accade soltanto nei periodi pre-rivoluzionari. Basti pensare
che a svegliare i più poveri è stato un miliardario che, per conto
proprio, non ha certo mai avuto idee rivoluzionarie. Semmai un
conservatore vecchio stampo, un pescecane senza scrupoli ma "esterno"
all'élite; uno che usa in pubblico lo stesso linguaggio duro del businessman senza complessi; uno che conosce il potere ma che non lo ha mai esercitato.
Alla sua vittoria ha contribuito quella che ormai, sul web e fuori dal web, tutti chiamano la "presstitute": la stampa prostituitasi al potere, il mainstream bugiardo
che ha propagandato la società virtuale della globalizzazione. E
l'élite WASP ha finito per credere alla descrizione della propria
vittoria che le giungeva, unanime, da tutte le "presstitutes".
Trovandosi impreparata, stupefatta, da una sconfitta che non poteva
nemmeno immaginare. I sondaggi d'opinione davano sempre vincente la
candidata dell'oligarchia bipartisan: non poteva essere
diversamente, visto che quei sondaggi non riguardavano l'America che non
ha mai votato. Non si andava a chiedere l'opinione della "teppa",
perché si pensava che, anche questa volta, non avrebbe votato.
Sono le élites, americane ed europee, che ora marciano al
funerale, armate da un furibondo spirito di vendetta, dietro la bara
della "libera informazione occidentale". Ed è solo uno dei paradossi che
stiamo osservando mentre si dipana come un serpente velenoso nelle
strade degli Stati Uniti. L'altro paradosso è quello dei "progressisti",
che si dicono rappresentanti delle "decine di milioni di americani che
condividono i convincimenti della tolleranza, della decenza e della
giustizia sociale", per i quali "questo è un giorno di incredibile
tristezza e difficoltà". I "progressisti" pensavano che queste decine di
milioni potessero essere incanalati - e infatti lo sono stati - a
sostegno di una candidata che non ha fatto mistero di volere la guerra
con il resto del mondo. Ma non è bastato.
Né funziona ora - come stanno facendo i presstitute -
descrivere i vincitori come "suprematisti bianchi". Non funziona perché
non è vero, come non furono veri i loro sondaggi prima del voto. Hanno
votato per Trump milioni di latinos,
dopo avere constatato che i "progressisti" obamiani hanno arricchito i
ricchi. Hanno votato per Trump milioni di neri, dopo avere constatato
che un presidente nero ha permesso l'uccisione di centinaia di neri da
parte della polizia.
Ora resta da vedere se l'oligarchia americana, il suo complesso
militare-industriale, accetteranno di subire la svolta che Trump
annuncia. E resta da vedere se i principi sauditi rinunceranno a dettare
legge alla politica americana con i loro miliardi di crediti del Tesoro
americano depositati, per ora, nelle banche americane. La loro
protervia è evidente. L'illusione di un dominio imperituro è
onnipresente. Emergono, qua e là, pulsioni estreme. L'ordine all'interno
dell'impero è vacillante.
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