Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae,
il generale Piero Laporta offre alla vostra attenzione queste considerazioni su quella che dovrebbe essere la posizione dell'Italia al vertice NATO di domani e dopodomani. Buona lettura e condivisione.
Nel Web gira un documento che dovrebbe esprimere la “posizione italiana” l’11 e il 12 luglio, al vertice della NATO a Vilnius, capitale della Lituania. Per comprendere la posta in gioco, basti dire che Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, ha dichiarato che saranno messi in allerta 300mila soldati, ben oltre quindi i 40mila mobilitati sinora contro la Russia. Costui ha pure annunciatori: «[…] un piano per il Nord, l'Atlantico e l'Artico, un piano per il Centro, a coprire l'Europa Centrale e il Baltico, e un altro per il Mediterraneo e il Mar Nero. Per eseguire questi piani metteremo 300mila soldati in uno stato maggiore di prontezza, incluse sostanziose forze da combattimento aeree e navali». Stoltenberg inoltre intende portare l'Ucraina nella NATO.
Le decisioni annunciate da Stoltenberg richiedono l’unanimità. Il voto italiano è quindi importante. Il bellicismo nordatlantico acuisce la contrapposizione con Mosca sia perché porterebbe la NATO ai confini con la Russia, sia perché la diretta discesa in campo con Kiev non lascerebbe alla Russia altra scelta che l’arma nucleare. Un esito fortemente cercato da Biden & C.
È difficile credere che i diplomatici navigati e prudenti della Farnesina, in particolare quelli dell’ Ufficio <IV – NATO e questioni strategiche di sicurezza e politico militari>, competenti istituzionali esclusivi su questa materia, possano sposare acriticamente le tesi di Stoltenberg. Quanto costui auspica getterebbe infatti nel caos il Mediterraneo e il Mar Nero, sconvolgendo le economie di tutti i paesi rivieraschi, Italia in prima linea, ponendo definitivamente l’Unione Europea nella posizione di scendiletto dei petrolieri statunitensi.
La NATO e l'UE sono già inconcludenti nella difesa degli interessi nazionali italiani, alleato utilizzato e svilito. Né la nostra sicurezza, né la nostra economia, né l'invasione incontrollata di clandestini sono nelle preoccupazioni atlantiche e UE, tutt'altro.
D'altronde la questione centrale in questo conflitto è il costo dei carburanti (gas e petrolio) triplicato a favore dei fornitori statunitensi rispetto ai tempi in cui l’energia ce la forniva la Russia. Un tempo per far schizzare in alto i costi energetici si ricorreva alle guerre fra israeliani e palestinesi. Oggi si alza la posta con la guerra in Ucraina.
Mentre questo mercimonio si dispiega, l’Italia s'accinge quindi a portare a Bruxelles un documento scritto da quattro volenterosi (e da chissà chi incoraggiati) di un’associazione privata, il “Comitato Atlantico Italiano”, esistente grazie alle donazioni di Bruxelles e del governo italiano. È grottesco.
Chiunque legga questo documento, si rende conto che non v'è la minima cura per l’interesse nazionale, cioè per le risorse materiali e immateriali che assicurano una quadruplice classe di sicurezze: 1) finanziaria; 2) industriale; 3) commerciale; 4) sociale.
È un'insulsaggine degna di camerieri dell’atlantismo. Grazie ad analoghi servilismi l'Italia è precipitata almeno dal 2011 – da dodici anni fa – in un’ininterrotta crisi finanziaria, industriale, commerciale e sociale, fronteggiata solo grazie alla straordinaria qualità dei suoi imprenditori e operatori a tutti i livelli.
È incredibile che l’Italia possa scendere in guerra, per interessi altrui e segnatamente dei petrolieri statunitensi, grazie a un documento d'un Fabrizio Luciolli, magniloquente Segretario Generale del Comitato Atlantico Italiano, un’associazione del nulla, priva d'ogni crisma costituzionale prima ancora che di credibilità politica.
Il ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, è informato? Se sì, deve dimettersi. Se non lo fosse, dovrebbe dimettersi ancora prima.
Cristo Vince, ma contro gl’imbecilli è un po’ più arduo.
Gen. D.g.(ris.) Piero Laporta
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