22 Agosto 2021 09:00
Ma prima di addentrarci nella questione, una premessa. Nel 2016, nonostante l’appello di duemila sanitari, Walter Ricciardi (attuale consulente del ministro della Salute) scioglieva il Cnesps: Centro nazionale di epidemiologia e sorveglianza dell’Istituto superiore della sanità, una eccellente struttura che, tra l’altro, si avvaleva di una rete costituita da decine di migliaia di medici di base e cerniera tra Stato e Regioni (alle quali, nel 2015, con la modifica del Titolo quinto della Costituzione, veniva, sciaguratamente, affidata la Sanità). Il controllo del contagio Covid, quindi, è stato affrontato solo affidandosi a spuri dati provenienti dalle regioni e dalla loro caotica disseminazione di inaffidabili tamponi mentre nulla è stato fatto per valutare nella popolazione l’immunità al virus Sars-Cov-2, tranne una fantomatica “Indagine Sierologica Nazionale” fatta fallire si direbbe di proposito.
In assenza di dati affidabili sull’andamento del contagio e delle conseguenti (pur provvisorie) immunità prodotte dal Sars-Cov-2, l’ipotesi più verosimile, supportata anche da quello che avviene in paesi ipervaccinisti, è che i vaccini determinino non solo una immunità di gran lunga più breve di quella garantita dal virus Sars-Cov-2 ma anche una finestra di qualche settimana nella quale, in molti casi, l’organismo risulta estremamente vulnerabile a tutta una serie di infezioni (Sars-Cov-2 inclusa).
Completamente diversa la “spiegazione” del Corriere della Sera: “Non dimentichiamoci che ci siamo affacciati all’estate 2020 dopo oltre due mesi di lockdown durissimo. L’Italia è rimasta completamente chiusa dal 9 marzo al 18 maggio (la Lombardia addirittura da 24 febbraio) e questa scelta ha rallentato la diffusione del virus. Quest’anno non è mai stato messo in atto un lockdown così duro. Solo gli studenti delle scuole superiori hanno fatto la Dad per tutto l’anno, gli altri studenti e i lavoratori hanno proseguito le loro attività, in smart working o in presenza, ad eccezione di un breve periodo sotto Pasqua in cui le scuole sono state chiuse.” Questa “spiegazione” (che, tra l’altro, non tiene conto del lungo lockdown imposto dal novembre 2020 e dell’obbligo di mascherine anche all’aperto in vigore dal settembre 2020) si direbbe ignori un dato ormai acclarato: il tasso di contagiosità (RT) del virus Sars-Cov-2 che (essendo asintomatico nel 90% dei casi e quindi autorizzando l’ignaro infettato ad andare in giro) è elevatissimo, addirittura superiore a quello dei virus influenzali che, nel giro di qualche settimana, mettono a letto, ogni anno, milioni di italiani. Assolutamente strampalato, quindi, considerare l’effetto lokdown conclusosi il 18 maggio 2020 per spiegare quello che sta accadendo oggi.
Poi c’è la scusa della “variante Delta” che sarebbe più contagiosa del virus primigenio. In realtà questo dato si direbbe ignori la circostanza che in Italia, dal marzo 2020, pur di attestare che ci si trovava a combattere un virus che aveva un tasso di letalità spaventoso (per capirci, 28 volte più elevato di quello che registrava ufficialmente in Germania) e costringerci tutti a stare a casa per due mesi, i tamponi effettuati erano pochissimi sottostimando così il tasso di un contagio che già interessava decine di milioni di italiani. Nasce così la leggenda della famigerata “variante Delta” che come riporta il Corriere circola soprattutto tra i giovani “che a oggi hanno minore copertura vaccinale” senza degnarsi di accennare che ancora oggi i decessi e i ricoveri in terapia intensiva per Covid riguardano quasi esclusivamente over 80, spesso già vaccinati completamente. Corriere che, sconsolato, così conclude: “Proprio i ragazzi in questa estate più libera trascorrono molto tempo insieme, hanno molti contatti sociali dopo tanta clausura, gli episodi di assembramento sono sotto gli occhi di tutti”.
Insomma, la solita caccia all’untore, utile per settembre quando (per imporre i vaccini a tutti, inclusi i bambini, si richiuderà tutto.
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