lunedì 3 dicembre 2018

Immigrazione, che cosa cambia con il decreto sicurezza...diventato "Legge"...?

Migranti in Italia

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Tatiana Santi
Il decreto sicurezza è legge, ma il provvedimento voluto dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini resta al centro di accesi dibattiti. I critici del decreto denunciano il rischio che la stretta sul sistema SPRAR e sui permessi umanitari aumenti il numero di soggetti irregolari nel Paese.
Il decreto sicurezza che porta la firma del vice premier Salvini non tratta solo di immigrazione, ma anche di sicurezza, nel testo in particolare si fa riferimento alla lotta contro il terrorismo e la mafia. Molte le novità anche nel settore delle forze dell'ordine, si allarga ad esempio l'uso del taser nei comuni con più di 100 mila abitanti.
Al centro delle polemiche e delle critiche però vi è la parte riguardante la gestione dell'immigrazione. Il pacchetto di norme depotenzia il sistema di accoglienza SPRAR gestito dai comuni, allunga la lista dei reati per cui è prevista la revoca della protezione internazionale. Il decreto inoltre prevede la riduzione della protezione umanitaria ed espulsioni immediate per i richiedenti asilo che commettono reati gravi. Ebbene, il decreto sarà efficace anche nei fatti? Il numero degli immigrati irregolari diminuirà? Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione Ginevra Cerrina Feroni, professore ordinario di diritto costituzionale italiano e comparato all'Università di Firenze....
— Professoressa Cerrina Feroni, qual è l'aspetto più rivoluzionario del decreto Salvini a suo avviso?
— In generale questo decreto, ora convertito in legge, ha una filosofia di fondo che è condivisibile a mio modo di vedere. Il decreto ha tentato di coniugare il controllo dei flussi migratori con i diritti autentici di coloro che chiedono asilo nel nostro Paese nel rispetto delle regole, garantendo ordine e sicurezza pubblica.
Il punto centrale è la riduzione della protezione per ragioni umanitarie. Diversamente da quanto si sente dire, la protezione umanitaria resta, ma viene limitata a casi di persone che necessitano di cure mediche, a casi di calamità naturali, a soggetti vittime di violenza domestica e sfruttamento lavorativo e ad altre fattispecie definite. Negli altri Paesi europei, del resto, la protezione umanitaria o non esiste o è rilasciata in casi tassativamente previsti.
Ricordo anche che la protezione umanitaria si aggiunge agli altri due status: quello di rifugiato, secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, e quello di titolare di protezione sussidiaria, che in Italia abbiamo recepito nel 2007. In questi anni il grande numero di stranieri presenti in Italia non sono né rifugiati politici, né titolari di protezione sussidiaria, ma aventi lo status di protezione umanitaria, che si fonda sul concetto molto generico di vulnerabilità. Questo può significare anche una carestia, situazioni di povertà, siccità, cioè parliamo del cosiddetto "migrante economico". In Italia circa il 7% degli stranieri arrivati ha ottenuto lo status di rifugiato, circa il 14% la protezione sussidiaria, circa il 28% il permesso per la protezione umanitaria. Su 100 domande 60 vengono respinte, circa 40 si spalmano sulle tre categorie. L'Italia ha dato la protezione umanitaria a persone di Paesi dove non c'è né guerra né carestia.
— Quali sono i punti più salienti del testo secondo lei?
— Si prevede il diniego o la revoca della protezione internazionale - dunque chi l'ha già ottenuta - per coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva. È ovvio che tale soggetto rappresenta un pericolo per la sicurezza pubblica. Si tratta di condanne definitive per lesioni gravi, mutilazioni genitali, violenza sessuale, omicidio, rapine ed estorsione ecc. È del tutto condivisibile che a questi soggetti venga revocata la protezione: del resto la stessa Convenzione di Ginevra afferma che ogni rifugiato ha il dovere nei confronti del Paese ospitante di conformarsi alle leggi e ai regolamenti.
— Diversi esperti hanno criticato il decreto definendolo incostituzionale, facendo riferimento all'espulsione immediata dei soggetti condannati con sentenza di primo grado. Lei che ne pensa?
— Questa è un'altra fattispecie. Qui parliamo di soggetti che non hanno ancora ricevuto lo status, bensì di soggetti richiedenti asilo. Per i soggetti condannati con sentenza di primo grado che richiedono asilo e compiono un grave reato è prevista la sospensione della domanda di asilo e scatta l'obbligo di lasciare il Paese. A mio modo di vedere non è incostituzionale: è vero che in Italia esiste un principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, ma esiste anche un altro principio nel nostro ordinamento. Mi riferisco al principio della prevenzione dei reati. Se vi è una sentenza di condanna verso un richiedente asilo che è arrivato nel nostro Paese e commette un reato mi sembra giustificabile la sua espulsione. Se poi risulta che il soggetto era innocente, potrà rientrare e venire riammesso.
Ricordo, comunque, che il decreto sicurezza è stato firmato dal Presidente della Repubblica il quale deve vagliare se ci sono dei profili manifesti di incostituzionalità. All'atto della firma, evidentemente, non ha ravvisato tali profili. Il nostro sistema è molto garantista: adesso il decreto è legge, il Presidente dovrà promulgarla e in sede di promulgazione potrà eventualmente effettuare un secondo controllo di costituzionalità potendo rinviare la legge alle Camere. Vi è inoltre la Corte Costituzionale.
— lei questa legge diminuirà effettivamente la presenza di immigrati irregolari? Sarà fattibile rimpatriare tutti gli irregolari già presenti sul territorio?
— L'accesso al sistema degli SPRAR, cioè al sistema organizzato dai comuni, sarà ristretto soltanto ai minori e ai soggetti con lo status di protezione internazionale. Non potranno più accedere a questo sistema tutti gli altri. La domanda che si pongono i critici del decreto è: avendo eliminato la protezione umanitaria, tutti quei soggetti che usciranno dai percorsi SPRAR diventeranno degli irregolari e degli invisibili? Il problema esiste, è chiaro che una misura come il decreto di sicurezza dovrà essere contemperata e tarata con un sistema efficace di rimpatri. L'obiettivo è firmare degli accordi con i Paesi di provenienza dei migranti e rimpatriarli. Questa è la grande sfida che attende il governo.
Del resto non mi sento di criticare questa scelta, la reputo ragionevole, perché fino ad oggi al sistema SPRAR, che consente una discreta integrazione, ci accedevano persone senza averne il diritto. Magari chi aveva il diritto non poteva accedervi. I rimpatri non saranno procedimenti brevissimi, il governo dovrà in qualche modo pensare a questo aspetto. Nascerà il problema della gestione dei soggetti fuori dal sistema SPRAR.
— Le forze politiche che criticano la legge, quali misure hanno adottato in precedenza per gestire il fenomeno migratorio? Si era fatta vera integrazione?
— Mi sembra surreale che oggi venga attaccato chi cerca di risolvere il problema e non chi ha concorso a crearlo. Il decreto sicurezza è perfettibile, potranno esserci delle lacune, ma è comunque uno strumento importante che interviene su nodi ancora aperti. Abbiamo avuto anni di totale caos, con emergenze, sbarchi che sembravano un fenomeno ineluttabile, accoglienza senza limiti, integrazione degli immigrati quasi zero. Ogni giorno vengono allo scoperto scandali di business intorno al mercato dell'accoglienza, abbiamo visto immagini sconvolgenti di ghetti per stranieri che determinano insicurezza e illegalità nelle nostre città. Il decreto sicurezza è un tentativo equilibrato di affrontare un'emergenza, la quale non può essere imputabile al governo in carica.
L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione

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