martedì 11 dicembre 2018

Maurizio BLondet - AI TEDESCHI (CIECHI) NON SPIACE LA LIQUIDAZIONE DI “JUPITER”




Anzitutto i commenti tedeschi al tragico discorso di Macron sconfitto.  La Bild:”Macron sparge soldi”.  Die Welt: “ la Francia minaccia ora di non rispettare  la soglia  del  3 pc. Finora, il bilancio per 2019 prevedeva un deficit di 2,8 PC del PIL. Per la prima volta dal 2007,  nel 2017 la Francia era sotto la soglia del 2017 al 2,6 per cento …”. Jochen Bittner (Die Zeit): “Certamente io non ho mai capito la Francia –ma adesso cosa sta dicendo Macron? Che  la sua politica di riforma è stata un errore, o che la violenza paga? O entrambe le cose?». La TV tedesca ARD,  per nome del suo capo redattore a Bruxells: “Le concessioni annunciate oggi da Macron  rischiano  di costare molti, molti miliardi. Denaro che la Francia in realtà non ha. Sono curioso di vedere come questo può essere valutato presso la Commissione europea”. Il Financial Times: “Gli eventi di Parigi confermeranno il pregiudizio tedesco che lo stato francese è irreformabile”.
Thomas Wieder,  il corrispondente di Le Monde a Berlino, spiega  e riassume: “Al di là del Reno, Macron è stato particolarmente apprezzato per la sua politica economica [di austerità]  giudicata credibile. Con l’annuncio di stasera,  Macron non può più chiedere niente alla Germania sull’Europa, specie sulla riforma della zona euro. Nello stesso tempo, dato che non ha ottenuto quasi nulla dopo 18 mesi, ciò non cambia molto … ma almeno adesso è chiaro”....

Il che rivela un certo strano sollievo a Berlino: Macron avendo violato ancora una volta il  sacro  3%,  non dovremo più far finta di ascoltare le sue richieste di contribuire all’eurozona rendendo l’euro una vera moneta unica, ossia con i trasferimenti miliardari dalla Germania agli altri. La Francia ai nostri occhi è caduta nell’inferno  dei peccatori  senza voce in capitolo, i meridios che “spargono denaro” che non hanno per vivere sopra i propri mezzi.
Che poi non è  nemmeno vero, che Macron ha sparso soldi. Per esempio l’aumento di 100 euro al salario minimo non è  sostanzialmente  che un versamento anticipato di “aumenti già previsti del premio di attività, 30 euro per aprile 2019, 20 euro all’ottobre 2020, 20 euro l’ottobre 2021” (così FranceInfo), e il resto, defiscalizzazioni (cioè mancate detrazioni fiscali) sul premio di fine anno  e lo straordinario, e il non-aumento già in programma della contribuzione sociale sulle pensioni inferiori a 2000 euro. Nozze coi fichi secchi per non superare il 3%, o almeno non di troppo, presenta dolo a Bruxelles come giustificato dallo “stato d’emergenza economica  e  sociale”.   In ogni caso,  le misure annunciate costerano fra 8 e 12 miliardi di euro; sforeranno? Dombrovskis  sibila un comunicato ufficioso : “La  commissione è vigile di fronte alle misure annunciate da Macron”.
Ciechi all’evidenza che  loro stessi, con questa durezza, segnano la condanna a morte di Jupiter.  Che i Gilet Gialli si contentino di quei quattro soldi è  ovviamente, altamente improbabile: quel che hanno gridato è “Macron Démission!”, un cambio di regime.  Qualcuno ha ricordato che anche Ceasescu, nel 1989, annunciò un misero aumenti dei salari, poco prima di essere rovesciato.



Petite devinette. Est-ce que vous savez ce que le dictateur Ceausescu à pris comme décision le 21 décembre 1989, quand la révolte populaire était déjà bien entamée? Je vous laisse le plaisir de regarder son dernier discours

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Il politolo Eric Juillot  è rimasto colpito dal clima che ha respirato  nei crocicchi e nei rondò occupati da giorni dai Gilet Gialli: “Al di là della collera, la gioia che anima la gente, Come se il solo fatto di uscire da casa, occupare  lo spazio pubblico e attaccare conversazioni  di carattere politico con sconosciuti rappresentasse  già l’inizio di una rinascita. Questa esperienza è di un tipo in abituale: umana e vivente,  profonda per la sua manifestazione civica. Tutti i Gilet Gialli  sentono confusamente che   fanno di nuovo popolo  dopo decenni e decenni; che un sistema da loro odiato, che credeva di averli vinti è di colpo delegittimato dalla loro comparsa; che da cittadini virtuali, chiamato ad esprimere la loro scelta prefabbricata in elezioni puntuali, adesso sono   ridiventati cittadini reali, atti a recitare la parte nella vita della città”. La protesta per i rincari del diesel non è che la causa occasione di “una collera vecchia di trent’anni. Trent’anni di frustrazione, risentimento e amarezza di fronte al declino della cosa  pubblica imposta a una Francia  reticente da governati conformisti a nome di un adattamento senza fine alla mondializzazione e alla sottomissione necessaria ad una costruzione europea che si è pretesa salvatrice”.
Ciò ricorda molto da vicino il “1788”  anno delle proteste per  i rincari del pane. Oggi come allora,  “un regime oligarchico sclerotico e cieco si  taglia fuori dal popolo senza nemmeno rendersene conto”.
Altra similitudine, un numero di  “intellectuels”  (una  figura a noi inesistente, pensate che per noi”intellettuale” è Saviano, o la Gruber) si schiera  con la sua cultura e le sue conoscenze rispettate, al popolo, e  ne scrive i ”cahiers de doléances”,  sottolineandone  ed alzandone  il livello politico  all’essenziale.
“L’euro, causa prima del Gilet Gialli” è uno di questi manifesti, firmato da una ventina di intellettuali.
“L’impoverimento del più gran numero,  proviene direttamente dalle politiche messe in tatto per tentare  di salvare questo progetto –  progetto patente e riconosciuto dalla maggior parte degli economisti competenti –  per salvare ad ogni costo la moneta. Si tratta delle politiche di bilancio ai rialzo delle imposte e di taglio degli investimenti pubblici imposto dalla Commissione di Bruxelles –  al prezzo  della “svalutazione interna”, ossia del  calo drastico dei redditi,  associato allo strangolamento della domanda interna.  Queste  misure hanno prodotto un collasso drammatico della produzione nei paesi dell’Europa del Sud e un tasso di disoccupazione che resta elevatissimo, nonostante l’esodo massiccio delle forze vive e giovani di questi paesi.
“La zona euro è ormai quella  dove la crescita economica è la più debole del mondo. Le divergenze tra i paesi membri, lungi dall’essersi ridotte, si sono largamente anticipate.  Invece di favorire la fioritura di un mercato europeo dei capitali, la moneta unica s’è accompagnata ad una crescita dell’indebitamento pubblico e privato della maggior parte delle  nazioni. E contemporaneamente, l’esistenza dell’euro è diventato un tabù assoluto – si  dipingono quadri apocalittici della situazione economica in caso di uscita,  allo scopo di far paura ai francesi  che non  hanno approfondito il tema”.
“Anche se lo  ignorano forse loro stessi, è contro Bruxelles  che i Gilet Gialli si sono rivoltati”.

Seguono le firme

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