PS: <<Del Rio e Minniti... la personalità di Renzi, la sua natura: «Bisognava ricordarcelo prima, quando ci ha dato delle garanzie. Aveva dato garanzie a D’ Alema per il posto alla Commissione europea, a Prodi per l’ Onu, a Berlusconi sul Quirinale…».
umberto marabese
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(Francesco Verderami per il Corriere della Sera) –
Meno male che sono una squadra, perché a sentire quello che filtra dagli spogliatoi del Pd non si direbbe. Il malumore non è mai un buon viatico prima di giocare una finale. Seduto sulla panca, in attesa di scendere in campo, Delrio ha confidato ai compagni la sua «delusione» per il capitano.
Il giudizio del ministro alle Infrastrutture su Renzi sarà pure stato influenzato dalla formazione che il segretario ha deciso di schierare, ma c’ era un di più che travalicava il dissenso sulle liste, peraltro mai formalmente esternato. La valutazione sul leader dem era insieme «politica e umana», intrecciava la «profonda amarezza per il trattamento riservato a tutta la compagine di governo» con il «senso di ingiustizia» provato: «Che senso ha farci questo e in questo modo?»..
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È come se i titolari fossero stati spostati dal ruolo di punta a quello di mediana, privati degli uomini a loro più vicini, scientificamente declassati, relegati in collegi a rischio o in posti poco prestigiosi del proporzionale: da Gentiloni in giù, senza distinzioni. Tranne la pluri-candidata Boschi. E nello spogliatoio, dove Delrio si è accomodato tra «i non renziani», dichiarandolo, è iniziata una sorta di terapia di gruppo, al termine della quale – specie quelli confinati in tribuna – hanno delineato la personalità di Renzi, la sua natura: «Bisognava ricordarcelo prima, quando ci ha dato delle garanzie. Aveva dato garanzie a D’ Alema per il posto alla Commissione europea, a Prodi per l’ Onu, a Berlusconi sul Quirinale…».
Passando vicino a quel capannello, persino un fedelissimo del capitano ha solidarizzato: «Matteo ha un vero talento nel combinare sconquassi». Nella squadra ognuno ha reagito a modo suo, secondo l’ indole e la storia di riferimento. Da democristiano il titolare della Cultura, Franceschini, ha fatto buon viso a cattivo gioco, smentendo beghe di spogliatoio e ridimensionamenti: «La renzizzazione delle liste è una balla». Minniti invece, una carriera con la maglia di Botteghe Oscure, ha reso pubblico il suo dissenso non votando in direzione.
Il ministro dell’ Interno, in disaccordo sulla formazione, contesta anche il modulo scelto da Renzi per la finale del 4 marzo: «Ha trasformato il Pd nella Margherita», che per un ex Pci-Pds-Ds è il massimo dell’ eresia politica, va oltre lo snaturamento di un sistema di gioco, è la perdita di identità del club. La squadra ha i nervi tesi e deve anche gestire il malumore dei tifosi per la storia degli oriundi. Casini, candidato a Bologna, ha provato a buttarla sullo scherzo: «Quelli del Pd – ha sorriso con un amico – nemmeno sanno scrivere. Mi avevano sbagliato la data di nascita presentando la mia candidatura. Per fortuna non ci sono stati problemi».
Con la finale ormai alle porte, Minniti non poteva far deflagrare il partito. Così si è limitato a disdire gli appuntamenti televisivi messi in agenda e ha deciso di concentrare la sua campagna elettorale nel collegio dov’ è stato messo. Tutti aspettano la partita, i sondaggisti ritengono sarà difficile centrare il 25%. E Renzi, che da tempo aveva l’ obiettivo di cambiare la classe dirigente, si prepara gli argomenti per affrontare l’ eventuale contestazione. Intanto la decisione di presentarsi al Senato insieme a tutti i fedelissimi – tranne Lotti e la Boschi per ragioni d’ età – gli consente di avere una pattuglia determinante nei giochi parlamentari, comunque vada.
Non solo: al Senato il partito dovrebbe ottenere più consensi rispetto alla Camera, dove vota anche l’ elettorato giovanile tra i 18 e i 25 anni, che le analisi di ricerca descrivono come il meno propenso a scegliere il Pd. Insomma, nello scenario peggiore si dimostrerebbe che ha fatto meglio degli altri compagni: sarebbe uno scontro tra lo sconfitto e la zavorra. Ma siccome in una finale nulla può darsi per scontato, Renzi confida nel risultato per mettere a tacere la squadra. Prima di cambiarla definitivamente..---
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