domenica 17 aprile 2016

Maurizio BLondet - Sion inquieta all’ombra dello strategico “Iskander”

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Alla fine la battaglia per la città di Aleppo è davvero cominciata.  A sorpresa, sostenute da pesanti bombardamenti russi, le forze siriane,  rimpolpate da iraniani e dal  battaglione palestinese “Liwaa Al-Quds” (brigata Gerusalemme), composta di rifugiati  che l’IS  aveva cacciato dai loro campi-profughi presso Aleppo nel 2012, stanno chiudendo le vie di rifornimenti dei terroristi –  che sono quelli di Al Nusra –  che a questo punto resterebbero assediati in città.  Evidentemente russi e alleati hanno posto fine ad ogni esitazione (ammesso che non fosse simulata, uno stratagemma bellico) e prevenuto mosse nemiche,  dando per scontato che la fragile tregua  dava troppo vantaggio agli avversari forniti di nuovo armamento.  Ma la situazione è complessa  per non dire caotica: le milizie curde sono tornate ad affiancare l’armata regolare,  mentre DAESH ha attaccato posizioni di mercenari   filo-turchi, coperti dall’artiglieria turca oltreconfine e probabilmente  rafforzati da commandos dell’esercito di Erdogan, riuscendo a spezzarne la continuità.  Probabilmente per ritorsione, i servizi turchi hanno rivelato – attraverso il quotidiano Yeni Safak, vicino al partito di Erdogan  –  che agenti   dei servizi Usa s’erano incontrati in gran segreto con un dirigente eminente di Daesh, chiamato Abou Ahmad Alwani, a Mossul, una volta a dicembre, l’altra il 3 febbraio 2016, poche settimane fa…

Assad, contro la volontà occidentale, ha tenuto le elezioni nella parte del paese sotto il suo controllo. La gente s’è spostata massicciamente per votare,  gesto civico di resistenza al  terrorismo,   che dà ad Assad una legittimità che agli altri, avversari, manca. La situazione è tale che Karina Bechet-Golovko, l’analista vicina al FSB, si spinge ad azzardare una possibile vittoria di Assad  sul piano militare e politico.
http://russiepolitics.blogspot.it/2016/04/syrie-vers-une-victoire-politique-et.html
Una cosa è certa:  vittoria completa  o no,  non ci sarà modo di sloggiare i russi. La cosa è stata notata con legittima inquietudine dal sito mossa diano DEBKA. “Il 15 marzo, Mosca ha annunciato che i temibili missili terra-aria S-400 resteranno in Siria dopo il ritiro.  Dieci giorni dopo, il 25 marzo, sono piazzati i sistemi Iskander-M. L’Iskander M  è considerato il miglior  missile di corto raggio al mondo. Questa combinazione, secondo le fonti militari,  fa’ della base  di Hmeimim il nido di missili  più sofisticato del Medio Oriente”.
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Assad  e Sion sotto quell’ombrello

L’Iskander, che può portare una testata atomica, ha una portata fino a 500 chilometri. Come fa’ notare Dedefensa, con esso la Russia, dalla base di Hmeimim, “controlla fino la quasi-totale dominanza  l’intero spazio aereo siriano, più i paesi adiacenti: Giordania e Israele completamente, la Turchia in parte”.
Ahi ahi, Israele tenuta sotto il tiro degli Iskander?

Dedefensa gira il coltello nella piaga: si aggiunga, dice, che la Russia ha (oltre alla superiorità missilistica) “una equivalenza navale nel Mediterraneo orientale”. Con questo dispositivo, la base aerea di Hmeimim “costituisce un nodo strategico che tende a controllare gran parte della regione (Medio Oriente)  con  la possibilità di rapidissima capacità di espansione,  se necessario”. S’intenda: “La necessità di passare  rapidamente dal convenzionale al  nucleare, di cui il missile costituisce lo strumento ideale in un campo di battaglia”, essendo un’arma “ai limiti fra il tattico e lo strategico”.
Già. Se dal conflitto locale si deve passare alla terza guerra mondiale (Dio ci scampi), l’altra potenza  nucleare dell’area è lì a pochi  minuti, forse secondi, dall’Iskander.  Senza   che ci se ne accorgesse, quella base (collegata alla navale di Tartous) fornita anche di sistemi di difesa anti-aerea  ravvicinata Pansir-1, dei centri di controllo e superiorità elettronica dello spazio aereo  per un raggio di centinaia di chilometri, più  i caccia bombardieri lasciati lì dopo il “ritiro” e non parliamo degli elicotteri d’assalto di cui alcuni di nuovo tipo e quasi mai visti prima (Mil-28N e Ka-52), è diventato il solido nucleo che assicura a Mosca la superiorità aerea e la possibilità di intervento rapido,  ben in profondità  nel cuore del territorio “nemico”, se dovesse rivelarsi nemico. E si dovesse   passare da convenzionale al nucleare.

Nodi avanzati “difensivo-offensivi”

Sembra che “l’Occidente”  sia ancora una volta davanti a una sorpresa: la comparsa di un “nodo strategico  difensivo-offensivo”, che permette alla Russia di  “incatenare una regione intera a partire da un numero estremamente  ristretto di punti, con un arsenale di sistemi che si  completano l’un l’altro”.  Ora, Dedefensa nota che esiste un altro “Nodo strategico” simile: in Europa.

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E’ la base baltica ed enclave russa di Kaliningrad  (ex Koenigsberg), alla  frontiera russo-polacca e  a ridosso dei paesi baltici: quelli che la NATO, più precisamente Washington, arma a tutto spiano, riempie di materiale bellico  e pretende di difendere. “Le recenti manovre NATO, fatte per dimostrare la potenza dell’Alleanza Atlantica nella regione, hanno dimostrato il contrario”: le manovre aeronavali si sono svolte esposte agli occhi elettronici di Kaliningrad, mentre le forze occidentali “sono quasi cieche a livello di comunicazione e alla mercé del  controllo dello spazio aereo da parte dei russi. Un “Nodo” dello stesso tipo Mosca sta formando in Crimea, nella già formidabile base di Sebastopoli: una ‘fortezza difensivo-offensiva”  con capacità “da convenzionale a nucleare”. Gli strateghi russi rispondono  con una “difesa sempre più avanzata” alla avanzata della NATO sempre più vicina alle frontiere della patria;  i “nodi”  russi sono in profondità nel territorio potenzialmente nemico. E i russi hanno dimostrato in Siria d’aver “genialmente” adattato le tecnologie più avanzate per la guerra convenzionale di alta intensità ai conflitti di bassa intensità; applicato “la potenza e sofisticazione del convenzionale all’astuzia e alla inafferrabilità del non-convenzionale, la guerra ibrida”.
Qualcosa che i burocrati del Pentagono non  sono stati capaci di fare. Secondo Dedefensa, c’è di peggio: convinti che non si sarebbero più combattute guerre convenzionali perché la Superpotenza non aveva più avversari suoi pari, hanno pensato  che tecniche di protezione integrata, essenzialmente di tipo stealth, potessero bastare :  il destino dello’F-35, che si pone come “l’errore tecnologico-strategico più fondamentale della storia militare”, rischia di privare gli Usa della superiorità aerea assoluta di cui dispongono dal 1943. Si può solo immaginare con quale sgomento e rabbia gli alti gradi del Pentagono e della Casa Bianca abbiano assistito al fatto che a padroneggiare a loro modo “l’invisibilità” sono stati i russi: non solo facendo arrivare  in Siria  una intera forza aerea senza che Washington lo vedesse, ma anche in Crimea, dove gli Usa hanno  strillato di una “invasione” che, se c’è stata, è stata  del tutto “stealth”. Tutte le volte che gli americani hanno denunciato una  invasione di truppe e cingolati russi nel Donbass  (“in Ucraina!”) che i loro mezzi di spionaggio non sono mai riusciti a vedere, possono essere  dovuti a questa paura paranoica, trasformata nel mito: i russi sono invisibili.
Coverage of Iskander Missile System Sevastopol and Gyumri
E’ un fatto che Mosca, con i mezzi economicamente imitati di cui dispone, ha riconfigurato la propria difesa “in modo ontologico”  per una guerra finale. Sergei Glaziev, uno dei consiglieri di Putin per l’economia e promotore della Unione Economica Eurasiatica, in un recente articolo s’è domandato retoricamente se i russi potessero aspettarsi un sollevamento della sanzioni volute dagli americani e imposte anche agli europei. S’è risposto di no. Perché tali sanzioni “non hanno mai  avuto come motivo la Crimea o la Siria, ma sono motivate dalla crisi  al cuore del sistema finanziario occidentale, e al suo bisogno di compensare  lo svuotamento al suo centro saccheggiando risorse dalla periferia – dove si  situa la Russia.  Glaziev prevede una “intensa guerra ibrida  con la Russia come bersaglio”.
Putin   deve essere  d’accordo se ha posto sotto i suoi ordini diretti una neonata Guardia Nazionale di 200 mila uomini; a parare  disordini interni,  spaccature anche nelle stanze alte,  primavere colorate di estrema violenza, e atti di “terrorismo islamico” (made in Usa) che ha evidentemente messo in conto come ciò che verrà tentato nella “guerra ibrida ad alta intensità”.
Quanto allo crisi “nel cuore del sistema finanziario occidentale”, che essa precipiti lo dicono le continue riunioni segrete tra la Yellen (Federal Reserve) ed Obama. Lo dice la lettera di 19 pagine che la Federal Reserve – ossia la banca centrale, non come credono il 70% degli americani un parco nazionale – al vertice di J.P. Morgan Chase:  una lettera dove per una dozzina di volte appare la parola “problemi di liquidità” e dove si nota una certa insufficienza nel tentativo della superbanca di rientrare (winding-down) nel suo malloppo di derivati, piazzati all’estero e non si sa ove, del valore  nominale di 51 trilioni di dollari. Per i banchieri centrali, JP Morgan sta ponendo troppo “affidamento su fondi in entità estere che possono essere soggetti a arroccamento difensivo in tempi di stress finanziario”; un’esposizione così mostruosa di una banca  altamente interconnessa con  le altre, sta esponendo a un grave pericolo non solo Wall Street, ma “la stabilità finanziaria degli Stati Uniti”, né più né meno.
E’ il  Sistema che si sa minacciato di collasso  terminale,  finanziario e morale,  e di disordine politico interno (lo scollamento di centri di potere,  la miseria crescente, e  le preferenze dell’elettorato per Trump e Sanders indicano una situazione di rottura della legittimità della ‘democrazia’),  e dunque può cedere agli impulsi del suo irrazionalismo, alla sua psicopatologia, già ben visibile (anche negli alleati: si pensi solo alla Merkel, alla sua politica dei profughi e alla sua soggezione a Erdogan).
 Putin e i suoi hanno integrato questa demenza del nemico nella loro preparazione strategica:  nel senso che si sono preparati ad  un confronto duro, militare, che può essere convenzionale ma passare al nucleare. Le minacce che arrivano da Washington e i  latrati dei suoi cagnetti da lecca in Europa, non fanno che confermare “la percezione che, per i russi, la situazione è arrivata a un punto in cui l’alternativa a un conflitto  sarebbe la capitolazione, la dissoluzione e la distruzione  della patria da parte del Sistema”.  Una guerra di civiltà unita alla grande guerra patriottica: impossibile che  messi in quest’angolo, i russi accettino la capitolazione.

Hezbollah sa qualcosa

Torno alla base siriana  di Hmeimim, per sfatare  la sensazione che i suoi Iskander possano essere una minaccia per Israele. Al contrario, servono alla sua protezione: di Israele da se stessa. Da qualche settimana, i combattenti Hezbollah sono in stato di allarme: hanno informazioni precise su una possibile invasione israeliana nel Sud del Libano. La minaccia è abbastanza seria da aver indotto il capo, Hassan Nasrallah, 15 giorni fa, a dichiarare in una intervista televisiva che le sue forze sono in grado di bombardare le istallazioni nucleari israeliane, di cui conoscono la localizzazione precisa.
http://www.lorientlejour.com/article/976866/nasrallah-en-cas-dagression-nous-attaquerons-les-installations-nucleaires-et-petrochimiques-israeliennes.html

E’ la prima volta che Nasrallah, uomo sobrio nel linguaggio e nell’attitudine, ha fatto una così chiara ed aperta minaccia, per giunta riguardante simili  “oggetti”.  L’alleanza dei sauditi e dei sunniti con Sion contro Iran e sciiti,  può anche indurre Netanyahu a rischiare troppo  in termini di  guerra ad alta intensità: già ha fatto sapere di aver bombardato convogli di armi diretti ad Hezbollah  in Siria, violazione su cui  Damasco e  Mosca avevano taciuto, altrimenti avrebbero dovuto reagire ad una violazione dello spazio sovrano. L’ombra degli Iskander  dovrebbe aiutare a  raffreddare i cervelli a Sion.  Ma basterà?

Nota sul delirio occidentale

Come  esempio della  sintomatologia demenziale  sopra indicata non si possono tacere le ultime esternazioni della nostra Boldrini.  Per  deplorare “muri, barriere e filo spinato” contro le ondate dei suoi cari immigrati, ha reinterpretato la storia di Roma: “L’impero entrò in crisi quando , dopo aver a lungo amalgamato i popoli conquistati, Adriano bloccò l’inclusione e costruì il Vallo».  Naturalmente non sapendo che Adriano costruì il Vallo nel 122 dopo Cristo non contro invasioni di scozzesi (impossibili, essendo il posto quasi spopolato), ma per risparmiare il numero di legionari da stanziare in  una regione troppo povera per meritare   il costo di forti guarnigioni. E che le invasioni barbariche avvennero da Est, dal Danubio e proprio perché l’accoglienza indiscriminata di Roma le incoraggiò.
Che non si tratti soltanto di ignoranza, ma di vero e proprio delirio, lo comprova  l’altra ingiunzione della Boldrini nelle stesse ore: si tolgano i santi dal calendario, perché “offendono gli immigrati” (lì si deve finire, in un qualche insulto ai cattolici). Quanto alla Merkel, ha fatto mettere sotto processo un comico tedesco che aveva sbeffeggiato Erdogan come “scopa-capre”.  Eppure aveva partecipato all’immane manifestazione “Je suis Charlie”, con cui l’Europa intera, tramite i suoi rappresentanti, proclamò   la difesa della “Libertà di espressione” fino alla bestemmia contro Dio e i suoi credenti. Sono “i nostri valori”: liberissimi di insultare Allah, ma  se insultate Erdogan, si tira fuori una legge penale risalente a Bismarck per stroncare la libertà di espresssione.
Del resto, che volete farci:  è mamma Regeni a dettare la politica estera  della nazione,   che (miracolosamente) coincide poi   con quella raccomandata dal New York Times: Al Sisi è un mostro  debole e va’ abbattuto,  così arrivano i jihadisti a governare l’Egitto. Il che è bello e razionale. Ed è ciò che gli Usa tentano ancora di fare con Assad.

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