sabato 23 maggio 2015

Fuori da Unindustria, chi salva l'articolo 18. Il caso Trelleborg


Si allunga l'elenco delle società che mantengono le vecchie tutele in sede di contrattazione sindacale. Il giuslavorista Tiraboschi: "La legge lo ammette e auspica più intese tra singole aziende e lavoratori". Diviso il mondo degli imprenditori.

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Lavoro, Stirpe: Trelleborg deroga al Jobs Act, fuori da Unindustria http://bit.ly/1HhBrRJ 


Dopo l'intesa Trelleborg "viene messa fuori dalla nostra associazione" perché "tale accordo va esattamente nella direzione opposta a quanto previsto dalla nuova normativa contenuta nel Jobs Act del governo di Matteo Renzi e crea un notevole pregiudizio agli interessi del mondo imprenditoriale", spiega il presidente dell'associazione, Maurizio Stirpe. "Per questo motivo, il sistema delle imprese auspica fortemente - conclude Stirpe - che l'Esecutivo intervenga in maniera decisiva sancendo l'indisponibilità a livello contrattuale della normativa sui licenziamenti"....


Una presa di posizione in contrasto con quella della Corte di Cassazione che ha chiarito come la nuova disciplina del lavoro non cancelli quella in vigore fino al 6 marzo, ma semplicemente fornisca alle aziende uno strumento in più. "Siamo all'olio di ricino, alle punizioni, alle espulsioni. Da questo atteggiamento - aggiunge Miceli - si capisce quanto grande sia la distanza tra la politica ed i luoghi di lavoro e di produzione". Nessun commento dall'azienda svedese dalla quale si limitano a dire: "La portata dall'accordo è molto più ampia".

"Mi stupisce questo stupore", sostiene Michele Tiraboschi, professore di diritto del Lavoro all'Università di Modena e Reggio Emilia: "Il governo non ha abrogato l'articolo 18, semplicemente prevede che non si applichi ai neossunti. In questo caso siamo di fronte a una deroga al contratto nazionale, proprio come previsto dalla riforma Sacconi che nel 2011 era stata appoggiata proprio da Confindustria. Siamo di fronte a un accordo aziendale importante, dove le parti hanno raggiunto un'intesa dopo una trattativa dura e complessa: i lavoratori hanno accettato maggiori sacrifici, in cambio dei quali hanno ottenuto il mantenimento dell'articolo 18".

D'altra parte l'approccio degli interessati è stato "partecipativo" e "collaborativo" per trovare "il giusto equilibrio - si legge nel testo dell'accordo aziendale - tra gli interessi della società e dei suoi lavoratori". E i sindacati stessi ammettono: "Abbiamo lavorato duro per arrivare a un accordo complessivo che va oltre le tutele dell'articolo 18: al centro dell'intesa c'è la produttività dell'azienda e l'aumento della competitività. In cambio abbiamo ottenuto 69 assunzioni a tempo indeterminato". Il verbale d'accordo - però - chiarisce che si tratta di un'intesa in deroga al Jobs Act, anche perché le trattative tra le parti erano iniziate lo scorso anno. 

Gli addetti ai lavori guardano con attenzione all'evoluzione delle relazioni sindacali: le aziende che decideranno di mantenere l'articolo 18 potrebbero aumentare, così come le categorie professionali che cercheranno di inserire le "antiche tutele" in sede di rinnovo contrattuale. D'altra parte per le grandi aziende che investono in Italia le tutele crescenti non rappresentano la chiave di volta per la ripresa del Paese: "Il costo del lavoro in Italia e le difficoltà a licenziare - dice un dirigente di una multinazionale che preferisce restare anonimo - le conosciamo tutti e per questo accantoniamo le risorse necessarie. Per noi sono più urgenti le riforme del fisco e della giustizia, senza quelle sarà difficile attrarre nuovi investimenti".

Di certo Miceli non ha intenzione di abbandonare la battaglia: "La presa di posizione di Unindustria ci lascia sconcertati, ma continueremo per la nostra strada cercando di garantire le tutele dell'articolo 18, soprattutto nel passaggio dei lavoratori da un'azienda all'altra. A cominciare da chi lavora con gli appalti".

 



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