mercoledì 12 novembre 2014

Direzione Pd, la minoranza non vota. Renzi: "No ho bisogno di mandato"

 Direzione Pd, la minoranza non vota. Renzi: "No ho bisogno di mandato"
I bersaniani si riuniscono a Montecitorio. All'ordine del giorno Jobs act e Italicum. D'Alema non sarà alla riunione con il segretario. Mentre Bersani avverte: "Spero sarà evitata la fiducia sul lavoro". 
ROMA - Aria di burrasca nel Pd. La direzione del partito si svolge nel giorno dell'incontro tra Renzi e Berlusconi sull'Italicum. Un incontro preceduto e seguito da polemiche e prese di posizione. La minoranza: "Non vogliamo capolista bloccati". E non "ratifichiamo il Patto del Nazareno". La tensione nel Pd è enorme. Mai stata così alta. Un crescendo iniziato sin dalla mattinata. Il premier: "Siamo in un momento delicato della legislatura: la legge elettorale è il presupposto per mostrare agli italiani che stiamo facendo le cose sul serio". Le altre priorità: lavoro, giustizia e riforma della Pa.

"Entro febbraio la legge elettorale deve essere approvata", così Renzi sul nuovo Italicum. "Stiamo compiendo un passo storico, in linea con la storia del Pd, con la sua vocazione maggioritaria: la legge elettorale deve definire una lista vincitrice la notte delle elezioni". Premio di maggioranza, quote rosa, cento collegi con "capolista bloccato ma riconoscibile"..... 

Le polemiche. Iniziano i civatiani all'ora di pranzo: "Questa sera i nostri delegati, circa una ventina, non parteciperemo alla direzione nazionale. Saranno quasi tutti assenti, giustificati dallo scarso preavviso della convocazione". Le critiche vanno al metodo: "Più volte lo abbiamo contestato, facendo notare come una convocazione improvvisa renda impossibile la partecipazione a chi non si trova già a Roma e non fa il parlamentare". E al merito della Direzione: "Non ci è pervenuto alcun testo da valutare per preparare la riunione, è tutto nella testa di Renzi al quale facciamo tanti auguri per gli incontri, sicuramente molto più approfonditi, che dedica a Berlusconi e Verdini". Civati ci sarà, ma non parteciperà al voto.

Poi la "minoranza rossa". Nel pomeriggio viene annunciata una riunione per le 19 nella sala Berlinguer di Montecitorio. All'ordine del giorno, Italicum e Jobs Act. Massimo D'Alema, il primo ad arrivare, fa sapere che non parteciperà alla direzione. Nella sala dedicata al segretario del Pci scomparso nel 1984 ci sono una ventina di persone. Tra gli altri Stefano Fassina, Cesare Damiano, Guglielmo Epifani, Gianni Cuperlo, Alfredo D'attorre e Pier Luigi Bersani. L'ex segretario ha pronunciato una frase sibillina: "L'auspicio è che il governo non metta la fiducia sul jobs act nel testo approvato dal Senato. Esiste un tema di lealtà alla ditta ma anche un tema di dissenso nel merito".

Intanto, proprio sul Jobs act, arriva la notizia di una quindicina di emendamenti, ancora dalla minoranza, sul Jobs act. A firmarli, quasi tutti i deputati del Partito Democratico (sono 21 in commissione e la quindicina è stata firmata da 18-19 esponenti). Il primo emendamento chiede di recepire quanto scritto nel documento della direzione del pd sull'articolo 18 per mettere dei paletti al governo nel varo dei decreti delegati. Nel testo si legge che occorre infatti assicurare "la garanzia della reintegrazione del lavoratore nei casi di licenziamenti per motivi discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, previa qualificazione specifica delle fattispecie". Nella quindicina anche l'argine sul demansionamento, i voucher, la cig per cessazione d'azienda, il disboscamento dei contratti, la violenza di genere, i congedi parentali oltre a chiedere che venga effettuato un monitoraggio sull'attuazione della delega.

E per finire, lo scontro sullo sciopero generale indetto dalla Cgil. Per tanti, dal presidente del partito Orfini fino a numerosi parlamentari, le reazioni dei fedelissimi del premier all'annuncio di Susanna Camusso è stata "eccessiva" e "offensiva" nei confronti del sindacato. 

 

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