Seconda certezza inquietante: il ministero del Tesoro, che deve vigilare sulle fondazioni azioniste delle banche, non ha vigilato abbastanza da evitare che a Siena spacciassero per capitale quello che in realtà era debito, il famoso contratto Fresh. Guarda caso, è solo una coincidenza ed è vietato pensare male, in quella partita illecita ma remunerativa per i creditori, si trovano coinvolti tutti i poteri della finanza italica, da Mediobanca a Fonsai a Unipol a Generali. Ovviamente all’insaputa dei rispettivi amministratori delegati e dei loro noti stipendi.
Terza certezza: il contratto tra Mps e Nomura che nascondeva il falso in bilancio era chiuso in una cassaforte scoperta solo a fine 2012. Ma, come si legge in una mail agli atti del segretario del cda, Valentino Fanti, i riferimenti espliciti all’accordo che serviva a truccare i conti erano tra le carte lasciate da Vigni. Che, evidentemente, nessuno ha avuto voglia di toccare per mesi. Ora che il problema è esploso, si continua con le ambiguità: il presidente Alessandro Profumo sta guidando la banca verso la rinascita o, come sembra temere la Commissione Ue, la nazionalizzazione? Che, magari, gestirà lui stesso da ministro in un governo del suo nuovo amico Matteo Renzi? E quanto costerebbe questa operazione: soltanto i 4 miliardi già prestati dai contribuenti italiani o molto, molto di più? Ora che l’inchiesta è chiusa e che a pagare saranno soltanto i vecchi manager sarebbe ora di finirla con lo scaricabarile e discutere di che fare quando, tra pochi mesi, i Monti bond arriveranno a scadenza.
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