Riforma catasto e fisco, la Lega lascia la cabina di regia: «Per noi così non va bene» La bozza: tutte le misure
di Diana Cavalcoli ed Enrico Marro05 ott 2021
Per noi la riforma del catasto in questo modo non va bene». Così Massimo Bitonci, capogruppo della Lega in commissione Bilancio Camera sintetizza la posizione del partito di Matteo Salvini rispetto alla riforma delle tasse. La Lega, non a caso, ha lasciato la cabina di regia voluta da Mario Draghi in vista del Consiglio dei ministri convocato per discutere il disegno di legge delega per la riforma fiscale. Un colpo di scena che il premier non si aspettava. La riunione era particolarmente attesa anche perché la riforma del Fisco è una delle riforme strutturali necessarie per ottenere i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Partiti divisi su tasse e catasto
Sulla riforma delle tasse (a cominciare dalla discussa riforma del catasto) però i partiti si confermano divisi. E la mossa della Lega dimostra tutte le tensioni interne della maggioranza che sostiene Mario Draghi a Palazzo Chigi. A sottolineare che la partita politica è molto delicata, la Lega ha così chiesto tempo per analizzare i contenuti della delega fiscale e ha lasciato la cabina di regia a riunione ancora in corso. Il ministro Massimo Garavaglia, che rappresenta il partito al tavolo al posto di Giancarlo Giorgetti, ha lasciato in anticipo la riunione dicendo ai colleghi che la Lega avrebbe approfondito la bozza e la riforma del catasto.
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Ma cosa prevede la riforma? Tra le ipotesi sul tavolo: la revisione delle aliquote Irpef, con attenzione al ceto medio, l’abolizione dell’Irap e un intervento sulle aliquote Iva. Nella delega dovrebbe essere anche inserito il trasloco dell’agenzia della Riscossione, nata dal superamento di Equitalia, all’interno dell’Agenzia delle Entrate. E poi c’è la riforma del catasto con la revisione degli estimi catastali mentre è stata rimandata la revisione della tassazione.
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Il tesoretto di 19 miliardi
Si tratta comunque — secondo quanto anticipato dallo stesso presidente del Consiglio — di un provvedimento che indica solo i principi della riforma, che andrà a regime nel 2023, dopo che Parlamento avrà approvato il disegno di legge e il governo avrà varato i decreti legislativi previsti dalla stessa delega. Nel dettaglio l’esecutivo avrà 18 mesi per attuare la delega fiscale emanando i vari decreti. Obiettivi della riforma, come detto: semplificazione; riordino della giungla normativa; revisione dell’Iva, del catasto e della riscossione; taglio del prelievo Irpef sul ceto medio e dell’Irap sulle imprese. Quest’ultima parte, cioè l’alleggerimento del prelievo su lavoratori e aziende dovrebbe essere in parte anticipato al 2022 con la legge di Bilancio che il governo presenterà entro il 20 ottobre e con la quale deciderà come spendere il «tesoretto» di 19 miliardi emerso grazie alla maggior crescita (Pil al 6% quest’anno).
Il passaggio in cabina di regia era necessario, tanto più che dopo il voto delle amministrative sono salite le tensioni nella maggioranza tra Pd e Lega. I partiti premono per destinare buona parte del tesoretto al taglio delle tasse, ma bisogna tener conto anche delle altre partite aperte, dalle pensioni al reddito di cittadinanza.
Il nodo catasto
Proprio il catasto è oggetto di scontro tra i partiti. La delega voluta da Draghi prevede il riordino delle rendite, ma bisogna conciliare questa operazione con la promessa, fatta dallo stesso premier, di non aumentare le tasse sulla casa. In conferenza stampa il leader leghista Salvini ha più volte ribadito il suo no secco a una riforma del catasto: «Bisogna vedere cosa c’è in questa delega fiscale. Se c’è una riforma del catasto che prevede un aumento della tassa sulla prima e la seconda casa non è il modo migliore per ripartire dopo il Covid. È l’ultima delle cose da fare». Contrari alla riforma anche Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Al momento sono due le indicazioni per la riforma del catasto contenuti nella bozza della delega fiscale: l’aggiornamento del sistema della mappatura catastale (in particolare su immobili non censisti, abusivi, edificabili accatastati come agricoli) e i nuovi criteri aggiuntivi per la descrizione degli immobili da utilizzare «dal 1 gennaio 2026». Si precisa che «i nuovi criteri non» saranno utilizzati «per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali».
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La delega «larga»
La delega in ogni caso dovrebbe essere molto «larga», il più possibile generica per lasciare spazio ai gruppi parlamentari di dare le loro indicazioni che poi spetterà al governo tradurre in decreti attuativi. Presumibilmente le prime novità non entreranno in vigore prima del 2023. In particolare per la revisione dell’Irpef si dovrebbe privilegiare un intervento che alleggerisca il peso del fisco sul terzo scaglione, tra i 28mila e i 55mila euro che ora sconta un salto di 11 punti rispetto al secondo scaglione e un’aliquota del 38%.
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