Ci sono molteplici motivazioni giuridiche a sostegno della disapplicazione del decreto Green Pass. Queste sono state elencate, una dopo l’altra, in una lettera scritta dal sindacato dei Carabinieri Unarma e indirizzata al ministro della Difesa e al Comando generale dell’Arma con la quale si chiede l’immediata disapplicazione del decreto green pass.
Al sito dell’Associazione Sindacale Carabinieri si può leggere la missiva integrale.
Riportiamo qui un estratto in cui il sindacato spiega come il lasciapassare verde sia contrario alla Costituzione e alla normativa europea
facendo un raffronto con la situazione francese.Sotto il profilo procedurale, il Governo francese ha dunque scelto la via maestra dell’atto legislativo e del dibattito parlamentare per adottare una misura che, al pari di quella italiana, impatta su diritti e libertà fondamentali, mentre l’azione del Governo italiano si è appiattita sulla logica emergenziale del decreto legge, sottraendo ancora una volta al Parlamento il potere di orientare – anche attraverso il contributo delle minoranze parlamentari che sono logicamente escluse dalla deliberazione sul decreto legge, dominio della maggioranza governativa – la scelta politica in un ambito, come quello dell’adozione del Green pass, nel quale principi fondamentali, diritti individuali di libertà e interesse della collettività alla salute devono trovare una loro equilibrata coesistenza.
In merito al primo punto, il nostro ordinamento con l’ultimo Decreto-legge sembrerebbe esprimere un modello divergente e dicotomico da quanto rappresentato nel su citato quadro ordinamentale europeo, pertanto sulla base degli artt. 11 e 117, comma 1 Cost. e della giurisprudenza della Corte costituzionale, tale d.l. andrebbe disapplicato dal Giudice, ovvero in subordine, attivato il meccanismo del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
Infatti, non si tratterebbe di una divergenza minore e superabile nel quadro di un libero esercizio di discrezionalità politico-legislativa, ma saremmo in presenza della configurazione di un altro modello di governance della pandemia, fondato su forme discriminatorie, piuttosto che estensive dell’esercizio dei diritti (vedasi In tema Causa C-378/17 – Sulla disapplicazione del diritto nazionale da parte di un organismo non giurisdizionale, sentenza del 4 dicembre 2018, in Osservatorio sulle fonti, 3, 2018; si veda anche C. AMALFITANO, Il rapporto tra rinvio pregiudiziale alla Corte Di Giustizia E rimessione alla Consulta e tra disapplicazione e rimessione alla luce della giurisprudenza “Comunitaria” e Costituzionale, in Rivista Aic,1, 2020, pp. 220 ss.)
In sostanza, la certificazione verde finirebbe per costituire l’imposizione, surrettizia e indiretta, di un obbligo vaccinale per quanti intendano circolare liberamente e/o usufruire dei suddetti servizi o spazi.
Ne conseguirebbe la violazione della libertà personale, intesa quale legittimo rifiuto di un trattamento sanitario non obbligatorio per legge, o comunque di continue e quotidiane pratiche invasive e costose quali il tampone.
Resta sullo sfondo la questione se il Green pass, nella versione precettiva introdotta dal Decreto-legge n. 105/2021, possa costituire valido strumento per imporre quelle limitazioni alla libertà di circolazione per motivi di “sanità” pubblica previste dall’art. 16 della Costituzione, che attenta dottrina tiene distinta dalla libertà personale ex art. 13 Cost., sebbene si tratti di libertà strettamente connesse. Se da un lato si può sostenere che la riserva di legge formale contenuta nell’art. 16 Cost. sia stata rispettata dall’adozione del Green pass con Decreto-legge, dall’altro occorre interrogarsi se il Green pass, per essere ragionevole e proporzionato in termini di costi/benefici, sia effettivamente l’unico strumento in grado di garantire la sicurezza sanitaria dei cittadini e dunque tale da imporre limiti legittimi alla libertà di circolazione, così come consente la Costituzione.
Da una attenta lettura dell’art. 3 del Decreto-legge n. 105/2021, sembrerebbe che s’intenda attribuire al Green pass la valenza di “lasciapassare” per l’accesso ai servizi (attività ricreative e/o sportive e/o culturali), riferendosi, dunque, più alla sfera della libertà personale, intesa quale diritto di svolgere attività che sviluppino la propria dimensione psicofisica (art. 2 in combinato disposto con l’art. 13 Cost.), piuttosto che alla sfera della libertà di circolazione.
Infatti, quest’ultima non subirebbe limitazioni dall’introduzione del Green pass, ben potendo i non vaccinati circolare “liberamente” sul territorio nazionale, fintantoché l’indice regionale dei contagi lo consentirà. Ma anche a voler ritenere il Green pass uno strumento limitativo della libertà di circolazione, la questione si infrange sulla carenza del presupposto giustificativo della natura prescrittiva dello stesso, che non potrebbe collegarsi esclusivamente alla “sua” fonte di produzione (il decreto-legge), ma che andrebbe identificato nella preventiva imposizione dell’obbligo vaccinale con legge, nel rispetto del parametro del principio di legalità sostanziale e formale. La prova di resistenza, per testare la legittimazione giuridica del Green pass, è dunque costituita dall’assenza di obbligo vaccinale, per cui soltanto una legge che imponga la vaccinazione obbligatoria – ove sussistano i presupposti legali e scientifici – potrebbe costituire valido fondamento giuridico al Green pass di tipo prescrittivo.
Si passa dunque da un modello europeo che propone di agevolare la libertà di circolazione in sicurezza, impostato su un concetto di responsabilità individuale e collettiva, ben riconducibile, nei suoi aspetti strutturali e funzionali, ad i modelli liberal-democratici, ad un modello prescrittivo e discriminatorio, nel quale la dimensione della doverosità, pur presente in Costituzione, si troverebbe priva di un fondamento giuridico costituzionale, ed in ogni caso apparirebbe sproporzionata rispetto alle esigenze tese a garantire l’esercizio responsabile di libertà individuali.
Per quanto sopra, si chiede pertanto in ossequio ai disposti di cui agli artt. 11 e 117, comma 1 Cost. e della giurisprudenza della Corte costituzionale, la DISAPPLICAZIONE di tale d.l., ovvero attivare il meccanismo del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
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