martedì 13 settembre 2016

Maurizio Blondet - Europei, ecco come vi siete ridotti

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“L’individualismo come fenomeno di massa non è un fatto psicologico congiunturale,  che renderebbe i nostri contemporanei eccezionalmente egoisti o portati a ripiegarsi in sé stessi.  E’ un fatto di struttura  che mette l’attore individuale,  coi suoi diritti ma anche i suoi interessi, in primo piano, con l’esclusione  del resto – il politico specialmente, che non ha più altro ruolo se non al servizio dei diritti e degli interessi individuali.  Ne risulta un programma che si può riassumere così:  la  libertà totale di ciascuno e l’impotenza completa di tutti”.
La citazione, forse un po’ difficile, è di Marcel Gauchet. Storico e filosofo della storia, una  delle poche grandi menti rimaste in un’Europa dove il pensiero non serve più, 70 anni,  Gauchet mi pare colga bene il  “capolinea” in cui si  è ficcata la civiltà europea, e che angoscia e paralizza nel profondo – il senso di aver perso la strada. “ La dinamica  dei diritti individuali –  dice –  diventa la macchina per dissolvere la capacità collettiva di governarsi,  detto altrimenti, della democrazia”.
Il trionfo dei “diritti individuali”  è vissuto ovviamente dai più come  una grande liberazione, invece che una crisi – e crisi terminale; soprattutto, ci sembra un fenomeno di liberazione  spontaneo. Invece, spiega Gauchet, esso è indotto;  è il risultato di una “ipertrofia”  della dimensione del diritto; in concreto, dei diritto degli individui a spese delle altre dimensioni della vita collettiva....

E   questa ipertrofia ha degli autori: le oligarchie che  hanno  formato “la costruzione europea: essa è animata da una volontà post-politica, quella di ridurre la democrazia all’esercizio più largo possibile delle libertà individuali; che sono sì un elemento; ma la democrazia consiste essenzialmente e  prima di tutto nella capacità di fare scelte collettive. La filosofia delle istituzioni europee, ossessionate dal  superamento delle nazioni, consiste a suggerire ai cittadini: sfuggite all’autorità dei vostri stati. Il loro messaggio subliminale è che esse non hanno a che fare se non con individui, sui quali nessuno stato deve esercitare un’autorità indebita”.
E non è un caso che questa ipertrofia dei diritti individuali coincida con la globalizzazione: “La quale dà a chi se lo può permettere di giocare il ‘fuori’ contro il ‘dentro’.  Per esempio di trarre il massimo profitto dall’organizzazione di origini – per esempio un’alta istruzione gratuita – riducendo al minimo le obbligazioni  –  per esempio le imposte pagate”.
Ben  sappiamo, abbiamo degli esempi grandiosi di multinazionali specialiste  in questo gioco.  “Ciò non accresce il sentimento di un destino comune da  cui accettare le costrizioni in vista di un meglio collettivo”.
 Dunque la politica è divenuta impotente, incapace di rispondere alle aspirazioni  delle popolazioni?
“Si tratta di un’impotenza fabbricata, e in un certo senso desiderata da certi attori della costruzione europea; la loro filosofia soggiacente è  svuotare gli apparati politici nazionali di  ogni sostanza. Instaurare uno spazio post-statuale,  dove la ‘governance’, mescola di diritti e di regolamentazioni economiche,  sostituisce il governare: ossia l’azione di governi eletti, sempre accusato di inefficacia e di arbitrio.  A perseverare in questa ‘unione politica’ senza politica   si affonda in un buco nero catastrofico”.
Particolarmente catastrofico proprio di fronte alla globalizzazione: in essa si affermano identità collettive fortissime (la Cina, gli Stati Uniti), mentre “l’Unione Europea è incapace di pensare politicamente la mondializzazione: la sua logica spontanea è di dissolvercisi dentro. Essa dà una lettura della globalizzazione in cui si tratta di aprirsi sempre più, senza mai vedere il mondo globalizzato come quello in cui si tratta di situarsi strategicamente con scelte collettive forti. L’Europa, zona più aperta del mondo,è anche quella dove l’individualismo (dei “diritti individuali”) è più potente”.
In questo ‘individualismo’  malato e paralizzante, abbiamo superato – dice Gauchet –anche gli americani. “Gli americani continuano a pensare che sono membri della nazione americana; gli europei penserebbero piuttosto di essere membri di nulla (de rien du tout).  Negli Stati Uniti la religione resta una armatura vivente, laddove gli europei sono quelli che sono andati più avanti nella liquidazione del loro passato”.
Specie nei paesi latini, Gauchet vede che “gli inquadramenti collettivi, religiosi, sociali, comunitari sono i più radicalmente distrutti”. E  la cancellazione non è limitata alle classi alte mondializzate. “quando si studia un villaggio della Francia profonda, si constata che non c’è più nulla della vita comunitaria che resisteva ancora trent’anni fa”.
Cosa dobbiamo dire noi in Italia?  Solo pochi mesi fa il Garante dell’Infanzia (esiste anche questo) ha pubblicato dati agghiaccianti Su “L’incesto in Campania” – tanto da   farlo ritenere “normale”  in ambienti  provinciali di scarso livello culturale, dove una volta  la tradizione cristiana formava e la sua morale era tutto  quel cui si riduceva la loro “cultura”.   Ora non ci sono più questi ‘umili’, ma solo  praticanti del più devastante libertarismo e trasgressionismo consigliato dalle elites mediatiche – e  ci sono esposti  senza difesa, come schiavi sessuali, i bimbi. La liquidazione di ogni traccia di religiosità porta ad effetti mostruosi.
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Gauchet sottolinea una differenza fondamentale fra l’individualismo americano e quello, nuovo, europeo, a cui  non si pensa mai: “L’individualismo americano è quello del pioniere. Il pioniere si assume i rischi e si prende i duri colpi che gli si abbattono sopra – da cui anche il capitalismo americano, così feroce, “è vissuto come un fattore della potenza americana, la sua dinamica proiezione del mondo”:
L’individualismo europeo, ohimé, “è in larga misura il prodotto dello Stato-provvidenza, che assicura a  ciascuno di dispiegare la Propria libertà individuale nella sicurezza. E’ una differenza fondamentale”.
Si può ben dire. La mentalità corrente, il libertarismo di massa, congiurano dunque  con l’ideologia delle oligarchie euopeiste a rendere impossibile la svolta. Svolta politica, che s’impone perché “La fase neoliberale si sta  esaurendo”, e lo stato sociale (su cui si appoggiano tante “libertà”   trasgressive e irresponsabili ) viene smantellato sottoi nostri occhi.  Occorrono invece scelte politiche forti, da parte di politici capaci di vincere questa “libertà totale di ciascuno e impotenza completa di tutti”.
Si chiama forse questo “Populismo”?  Additato dai media e dalle oligarchie privilegiate come  un ritorno del  “nazionalismo”  e anzi del ‘fascismo’ in Europa? “un risorgere dei totalitarismi” per Gauchet è un fantasma senza senso agitato dai propagandisti dello status quo :
“Per molti aspetti, siamo agli antipodi del momento totalitario. Il partito unico, lo stato onnipotente, il culto del capo, tutto ciò è morto e sepolto.  Ciò che ci minaccia non è il ‘tutto-politico’, ma è la dissoluzione della coerenza politica delle nostre società”. Ma attenzione, conclude il filosofo della politica: “Dopo lo schiacciamento dell’individuo da parte della società” di cui si accusano i totalitarismi, “siamo nel sogno dell’individuo  SENZA società:  che non è più vivibile di quello”.-----------



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