sabato 13 dicembre 2014

Renzi minaccia: “Se falliamo noi, arriva la Troika”.E se gli italiani mandiamo a fare in culo te e tutta l’Europa?


PS: Sua madre è certamente una gentile e onesta donna, ma lui...certamente è una mignotta al maschile!.Siamo arrivati alle minacce...e dopo?.....

umberto marabese

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La strategia per mettere in allarme Forza Italia e dissidenti: in caso di elezioni nel 2015, torna in vigore la vecchia legge.

«Se falliamo noi, arriva la troika. Visto quello che dice Juncker?». La visita della troika, quello che è successo alla Grecia. Dovrebbero bastare queste parole, pronunciate ieri dal premier con alcuni collaboratori, per placare animi renziani e non solo smaniosi di urne. In una giornata complicata per il percorso delle riforme, con il governo mandato sotto sulla legge costituzionale e un emendamento all’Italicum che spunta come pistola puntata a Forza Italia e alla minoranza Pd, l’aria di voto anticipato torna a farsi sentire. Tra i renziani, soprattutto, non solo il solito Giachetti («elezioni subito», twitta), ma anche altri fedelissimi indignati per quello che definiscono «uno sgambetto» della minoranza Pd che fa mancare i voti, un «agguato pensato a tavolino che mette a rischio tutto, altro che ditta»: meglio le urne anticipate col Mattarellum, propongono, con la scelta dei candidati nei collegi saldamente nelle mani del segretario. Già, il Mattarellum, perché la novità di ieri nel sudoku delle riforme è l’emendamento presentato da due renziani e un «giovane turco», vicini al premier: una 

«clausola di salvaguardia» per cui se entro l’entrata in vigore dell’Italicum, il 1° gennaio 

2016, si dovesse tornare a votare, anziché con il Consultellum si dovrebbe farlo con la 

vecchia legge Mattarella. «Scusate ma a che gioco stiamo giocando? Stavamo parlando 

dell’Italicum, e all’improvviso tre autorevoli senatori presentano un emendamento che parla di 

Mattarellum? Che vuol dire?», sbotta il forzista Donato Bruno, in Commissione, quando la 

notizia appare su tutte le agenzie. Capendo al volo che si tratta di un avvertimento per Forza 

Italia, ché se il patto del Nazareno dovesse scricchiolare fino a rompersi, se la fronda 

forzista dovesse minare la tenuta dell’accordo, un’alternativa c’è. E, sia chiaro ai ribelli di tutti 

colori, è l’alternativa che permette alle segreterie dei partiti di scegliere il proprio candidato 

nel collegio uninominale. Spiega il solitamente prudente vicesegretario Guerini a «Porta a 

Porta»: se un «accordo ampio» sulla legge elettorale deve diventare «un calvario», allora 

«abbiamo diritto e dovere di presentare la nostra proposta», e «la nostra preferenza è 

sempre stata per un sistema basato sui collegi».  

Il braccio di ferro  
Ma è un avvertimento pure per la vivace minoranza interna del Pd, che alla novità della clausola-Mattarellum reagisce con sospetto. «Un’idea strumentale, per tenere tutti sul filo», la definisce Civati; «bene, allora si ritiri l’Italicum e si torni al Mattarellum», sfida la Bindi. Con lei, come con altri deputati della Commissione, Cuperlo e Lauricella, il premier è particolarmente arrabbiato per i voti mancati sulla riforma costituzionale: «Avevano preso un impegno e non l’hanno mantenuto», sibila Renzi ai suoi, furibondo anche se predica la calma, «pensano di intimidirci, ma non mi conoscono, si divertono a mandarci sotto per far vedere che ci sono, che esistono, anche a costo di votare con Grillo e Salvini», aggiunge, «noi abbiamo lavorato sull’Ilva, altri preferiscono giochetti parlamentari. Andranno sotto in Aula, andiamo avanti». Avanti, dice lui. Nonostante le pressioni per andare a votare dei renziani. Anche se non tutti gli credono: nella minoranza c’è chi, come Stefano Fassina, è convinto che sia il voto il vero piano A di Renzi: se tre indizi fanno una prova, due li ha già individuati, il fatto che la legge di stabilità «non corrisponde alle aspettative» e «presto si capirà», e un emendamento presentato dal renzianissimo Marcucci proprio alla legge di stabilità per un election day a maggio, tra comunali e regionali. Una finestra possibile per un eventuale voto alle politiche. 

«Vedremo in Aula chi ha i numeri. Il loro punto è solo quello di deragliare le riforme, ma se falliamo noi, arriva la troika. Visto quello che dice Juncker?», ragionava però ieri sera il premier. L’obiettivo sono le riforme. E la pressione del Mattarellum dietro l’angolo potrebbe aiutare.  
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