Alla centa con la "cupola", Poletti festeggiava una strana anomalia nel pagamento delle sue Coop. Ora si dispera ma dovrebbe dimettersi.
Giuliano Poletti, ministro in carica del Lavoro ed ex grande capo delle coop rosse non si dà pace per essere tirato in mezzo nello scandalo della cupola romana. «Sono indignato, sto male», ha dichiarato ieri. Lo rispettiamo, ma sapesse come stiamo male noi a vederlo immortalato in una foto che lo ritrae a festeggiare a tavola con ex killer, ex e attuali banditi oltre che a faccendieri oggi in prigione......
La cosa peggiore è che il motivo del festeggiamento è ancor più grave del contesto. Il grande capo dell'impero economico del Pd stava infatti brindando con soci e amministratori della giunta Alemanno a una sorta di truffa: il Comune aveva infatti deciso di farsi garante con le banche per anticipare alle coop di Poletti i trenta milioni dovuti per i servizi forniti. Mi spiego meglio. Se una azienda aveva dei crediti con il Comune di Roma non vedeva un euro perché nelle casse pubbliche non c'era il becco di un quattrino. E molte sono fallite proprio per questo. Ma per le coop rosse Poletti e soci si erano inventati la formula detta «pro soluto»: il Comune garantiva le banche, che pagavano subito i compagni. Un bell'affare insomma, in deroga a qualsiasi prassi esistente e - secondo Umberto Croppi, all'epoca assessore - di fatto illegale oltre che onerosa per via degli interessi che dovevano essere riconosciuti alle banche.....
L'attuale ministro del Lavoro ha quindi uno strano concetto della legalità e del mercato uguale per tutti. Si chiama «sistema coop», un impero economico costruito proprio grazie a un intreccio tra amministratori locali, partito e manager. Ne sa qualche cosa Caprotti, padrone dell'Esselunga, che sul tema ci ha scritto addirittura un libro («Falce e carrello») in cui si dimostrava come le regole che valevano per tutti non valessero per le Coop, che non sei tu - come si narra nella pubblicità - ma sono loro, ben seduti su una montagna di denaro accumulato alterando politicamente il mercato. Operazioni condotte sempre sul filo della legge. Ma si sa, ogni tanto il filo si spezza e allora sono guai, come è accaduto a Roma.
Piagnucola oggi, il signor ministro. Ma non ci commuove. Anzi ci sorprende che Renzi sia stato tanto veloce a commissariare il Pd di Roma ma non dia segni di voler licenziare il ministro del Lavoro. Forse, anche per lui come per i magistrati, tirarsi contro il colosso delle coop è davvero troppo. Rottamare Bersani è un conto, toccare la cassaforte della sinistra non è cosa da ragazzi. Peccato.
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