Riforme, Renzi diserta l’assemblea del Pd.
Da una parte non ci sarà alcun incontro tra Renzi e i senatori del Pd che si oppongono alla riforma del Senato: il premier non si presenterà all’assemblea. Dall’altra il rinvio del tavolo sulla legge elettorale con il M5s rischia di chiudere il confronto: “Il Pd - dice Grillo - preferisce gli incontri con un pregiudicato". Per l'ex comico si va verso “una dittatura dell'ebetino". Un attacco duro che molti, dentro e fuori dal movimento, prendono come una chiusura. Lo stesso Grillo, però, precisa: "Porte restano aperte"....
I democratici annullano il faccia a faccia. L'ex comico: "Confronto impossibile, dittatura di sbruffoni". Poi precisa: "La discussione continua". Il capo del governo: "Qualcuno sa spiegarmi quali sono gli 8 punti su 10 che ai grillini stanno bene?". Ma continuano gli scontri interni al Partito democratico. E il leader diserta l'assemblea dei parlamentari. Da una parte non ci sarà alcun incontro risolutivo tra Matteo Renzi e i senatori del Pd che si mettono di traverso alla riforma del Senato: il presidente del Consiglio non si presenterà all’assemblea....... Dall’altra il rinvio (il secondo) del tavolo sulla legge elettorale con il M5s rischia di far perdere la pazienza a Beppe Grillo: “Si prende atto – dice – che il Pd preferisce gli incontri al chiuso di cui nessun cittadino sa nulla con un pregiudicato con il quale si appresta a fare la ‘riforma’ della giustizia”. Renzi impiega per rispondere giusto il tempo di prendere il telefono e scrivere un tweet: “Io sono un ebetino, dice Beppe, ma almeno voi avete capito quali sono gli 8 punti su cui #M5S è pronto a votare con noi? #pochechiacchiere“. Poco dopo chiarisce, sempre su Twitter: “Non è uno scherzo, sono le regole! Chiediamo un documento scritto per sapere se nel #M5S prevale chi vuole costruire o solo chi urla”. Ma ora il confronto si può dire almeno sospeso: “Quelle di Grillo sono le parole giuste al momento giusto. Noi un tentativo l’abbiamo fatto e la volontà di Renzi si è disvelata per quel che è: mantenere gli accordi non pubblici fatti con Berlusconi e il suo entourage.
E’ giusto, a questo punto, fermare il confronto” conferma il capogruppo M5s al Senato Maurizio Buccarella. Ma pochi minuti Grillo precisa: “Per chi non ha capito, o non ha voluto capire, tra il mio intervento di oggi e la conferenza stampa di Di Maio e Toninelli non vi sono contraddizioni, le porte per una discussione sulla legge elettorale per il M5S sono sempre aperte, né mai le ha chiuse nonostante continue provocazioni”. Il punto politico è che da una parte da ora “non concediamo più un millimetro” e che dall’altra però “nessuno potrà più imputarci di non aver cercato il dialogo”. Secondo il Pd è indice di “confusione”: ”Giusto non fidarci, M5s in stato confusionale – dichiaraLorenzo Guerini, vicesegretario del Pd – Forse avevamo ragione a chiedere risposte precise, puntuali e scritte ai 10 punti proposti dal Partito Democratico”. Non è bastata dunque l’apertura del Movimento arrivata ieri per bocca di Di Maio per confermare l’incontro fissato per oggi. L’intervista al Corriere della Sera con cui il vicepresidente della Camera ha aperto a 8 dei 10 punti fissati dal segretario Pd per proseguire insieme sul cammino delle riforme non è stata considerata sufficiente. Già ieri diversi esponenti democratici avevano avanzato dubbi sul fatto che il vertice avrebbe avuto luogo. Prima Simona Bonafè, poi Dario Ginefra e infine Davide Faraone avevano chiesto al M5S di rispondere con un testo scritto al “memorandum”. “Io credevo che l’obiettivo fosse fare una legge elettorale in 100 giorni – ha ironizzato a un certo punto Luigi Di Maio – e non scriversi in carta bollata per 15 giorni. Se vogliono farla per corrispondenza lo dicano”.
Giachetti: “Risposte scritte, M5s contraddittorio”. Di Maio: “Non ci provare”
La sintesi dell’incomprensione tra democratici e grillini è fotografata in uno scambio di tweet tra due vicepresidenti della Camera, Roberto Giachetti e Luigi Di Maio. Gli scontri interni al Pd e le due assemblee in due giorni
La sintesi dell’incomprensione tra democratici e grillini è fotografata in uno scambio di tweet tra due vicepresidenti della Camera, Roberto Giachetti e Luigi Di Maio. Gli scontri interni al Pd e le due assemblee in due giorni
In realtà la situazione è meno chiara di quanto si pensi. Le motivazioni ufficiali si sovrappongono a quelle meno ufficiali. Tra queste la più evidente è che il Pd continua a vivere scontri interni. L’assemblea congiunta in programma in serata (alle 20) servirà alla presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro a presentare gli emendamenti che dovrebbero riavvicinare almeno alcuni dei parlamentari ai quali non piacciono la riforma del Senato e l’Italicum. L’intenzione però è anche quella di dare un ultimatum ai dissidenti, ma il gioco delle forze è appena cominciato. Domani (8 luglio) si arriverà a un voto che potrebbe provocare anche la fuoriuscita di alcuni parlamentari che non si muoveranno dalle loro posizioni. La cosa certa è che Renzi non ci sarà né oggi né domani, delegando i capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda e il vicesegretario Lorenzo Guerini. Quella di stasera è la settima assemblea del gruppo dedicata alle riforme e ad una di esse, il 29 aprile, era intervenuto Renzi.
Grillo: “Renzi è un ebetone pericolosissimo, sbruffone”
Certo, al netto della precisazione sulla prosecuzione del dialogo, Grillo non risparmia toni duri (cioè quelli a cui ha abituato tutti da tempo): si va, dice, verso “una dittatura fatta da questo ebetino, che è un ebetone pericolosissimo, quindi molto sottovalutato anche da me, e questo mi dispiace, ma andiamo verso veramente una grande criminalità organizzata di stampo democratico. Quindi io esorto veramente le persone, i cittadini, anche i componenti di altri partiti, se hanno ancora un po’ di barlume di democrazia dentro: non si può fare fuori l’opposizione così, fare finta, questa è gente falsa, ipocrita“.
Certo, al netto della precisazione sulla prosecuzione del dialogo, Grillo non risparmia toni duri (cioè quelli a cui ha abituato tutti da tempo): si va, dice, verso “una dittatura fatta da questo ebetino, che è un ebetone pericolosissimo, quindi molto sottovalutato anche da me, e questo mi dispiace, ma andiamo verso veramente una grande criminalità organizzata di stampo democratico. Quindi io esorto veramente le persone, i cittadini, anche i componenti di altri partiti, se hanno ancora un po’ di barlume di democrazia dentro: non si può fare fuori l’opposizione così, fare finta, questa è gente falsa, ipocrita“.
Secondo il leader M5s “si prende atto che Renzi, le cui palle sono sul tavolo di Verdini e Berlusconi, rifiuta con il M5S ogni confronto democratico e che l’Italia dovrà pagarne tutte le conseguenze”. Grillo parla di “tramonto della democrazia”. “Stiamo scivolando lentamente verso una dittatura a norma di legge, il M5S non resterà a guardare e spera che i sinceri democratici che esistono negli altri partiti facciano altrettanto”. D’altra parte il suo Movimento “rappresenta milioni di italiani – continua – che non possono essere trattati come dei paria, come dei cani in chiesa da personaggi mai eletti in libere elezioni, da sbruffoni della democrazia“.
L’incontro rinviato e il documento del M5s
La miccia è stata la notizia che l’incontro sulla legge elettorale tra Pd e Cinque Stelle non ci sarà. “Senza una risposta scritta non si fa nulla” scrive il capogruppo democratico a MontecitorioRoberto Speranza in una lettera spedita alla presidente della Camera Laura Boldrini (accortezza inedita, men che meno nei confronti con Forza Italia). Il messaggio fa scattare la reazione di Luigi Di Maio (M5s): “D’ora in poi parliamo solo con Renzi. Ci dicano cosa vogliono fare: questa confusione non serve a nessuno”. E pubblica su Facebook un documento (che è possibile vedere in fondo alla pagina) che i Cinque Stelle avrebbero presentato se ci fosse stato l’incontro: “Voti di preferenza, Parlamento pulito (quindi mai più condannati in Parlamento), ‘no alle candidature plurime, zero sbarramenti e ‘sì’ a doppio turno di lista (e non di coalizione). Una risposta ai 10 punti di Renzi, con in aggiunta alcune richieste: “Sulle preferenze – si legge – gli italiani dopo otto anni tornano a scegliere i propri candidati”. E ancora: i 5 stelle chiedono che i condannati non vengano più eletti in Parlamento e di cancellare gli sbarramenti per “garantire anche a chi perde di rappresentare i suoi elettori”. Infine, sull’apertura al doppio turno i 5 Stelle chiedono che sia “di lista” e non di coalizione in modo che “chi vince al secondo turno governa (davvero) con il 52%”.
La miccia è stata la notizia che l’incontro sulla legge elettorale tra Pd e Cinque Stelle non ci sarà. “Senza una risposta scritta non si fa nulla” scrive il capogruppo democratico a MontecitorioRoberto Speranza in una lettera spedita alla presidente della Camera Laura Boldrini (accortezza inedita, men che meno nei confronti con Forza Italia). Il messaggio fa scattare la reazione di Luigi Di Maio (M5s): “D’ora in poi parliamo solo con Renzi. Ci dicano cosa vogliono fare: questa confusione non serve a nessuno”. E pubblica su Facebook un documento (che è possibile vedere in fondo alla pagina) che i Cinque Stelle avrebbero presentato se ci fosse stato l’incontro: “Voti di preferenza, Parlamento pulito (quindi mai più condannati in Parlamento), ‘no alle candidature plurime, zero sbarramenti e ‘sì’ a doppio turno di lista (e non di coalizione). Una risposta ai 10 punti di Renzi, con in aggiunta alcune richieste: “Sulle preferenze – si legge – gli italiani dopo otto anni tornano a scegliere i propri candidati”. E ancora: i 5 stelle chiedono che i condannati non vengano più eletti in Parlamento e di cancellare gli sbarramenti per “garantire anche a chi perde di rappresentare i suoi elettori”. Infine, sull’apertura al doppio turno i 5 Stelle chiedono che sia “di lista” e non di coalizione in modo che “chi vince al secondo turno governa (davvero) con il 52%”.
Insomma per l’M5S chi deve chiarirsi le idee sono i democratici: “Ho parlato con Lorenzo Guerini giovedì e avevamo fissato l’incontro per oggi alle 12. Abbiamo saputo che il faccia e faccia sarebbe saltato questa mattina attraverso comunicati stampa. Oggi si è mancato di rispetto a cittadini italiani, che si aspettavano un incontro in streaming, cosa che non abbiamo visto con Berlusconi. D’ora in poi noi parliamo solo con Renzi. Il Pd dica cosa vuole fare: questa confusione non serve a nessuno”. Il Pd chiedeva una risposta scritta ai 5 punti di Renzi:
Il Pd: “Non bastano le interviste”. M5s: “Mostrino cos’hanno firmato al Nazareno”
A quel punto è cominciato lo scambio di accuse. Il Pd punta il dito contro i possibili alleati: “Da parte del Pd non c’è alcuna preclusione al dialogo – dichiara il deputato del Pd Matteo Colaninno - col M5S si è alla ricerca di un punto di incontro sulla legge elettorale, vedremo se saranno disponibili ad una mediazione più ampia. Il peso della responsabilità, questa volta, è sulle loro spalle”. Il suo collega Emanuele Fiano rincara la dose: “Queste cose non si fanno con le interviste”. Per contro l’ex capogruppo dei grillini alla Camera, Federico D’Incà: “Renzi manda avanti gli scagnozzi per avvelenare i pozzi e per far credere agli italiani che siamo noi quelli del no – scrive su Facebook - Oggi Renzi vuole una carta scritta con le nostre risposte. A questo punto allora, credo sia opportuno che prima faccia vedere lui a tutta Italia cosa ha firmato nel famoso patto del Nazareno con Silvio Berlusconi”. Critico sulla scelta del Pd di far saltare il confronto anche Pippo Civati: “Il gioco si fa parecchio pesante, si individuano i nemici del popolo, si chiude a qualsiasi discussione parlamentare, si vantano numeri che forse non ci sono, anche perché tutta questa tensione, se i numeri ci fossero, sarebbe davvero ingiustificata. Ne resterà uno solo”.
A quel punto è cominciato lo scambio di accuse. Il Pd punta il dito contro i possibili alleati: “Da parte del Pd non c’è alcuna preclusione al dialogo – dichiara il deputato del Pd Matteo Colaninno - col M5S si è alla ricerca di un punto di incontro sulla legge elettorale, vedremo se saranno disponibili ad una mediazione più ampia. Il peso della responsabilità, questa volta, è sulle loro spalle”. Il suo collega Emanuele Fiano rincara la dose: “Queste cose non si fanno con le interviste”. Per contro l’ex capogruppo dei grillini alla Camera, Federico D’Incà: “Renzi manda avanti gli scagnozzi per avvelenare i pozzi e per far credere agli italiani che siamo noi quelli del no – scrive su Facebook - Oggi Renzi vuole una carta scritta con le nostre risposte. A questo punto allora, credo sia opportuno che prima faccia vedere lui a tutta Italia cosa ha firmato nel famoso patto del Nazareno con Silvio Berlusconi”. Critico sulla scelta del Pd di far saltare il confronto anche Pippo Civati: “Il gioco si fa parecchio pesante, si individuano i nemici del popolo, si chiude a qualsiasi discussione parlamentare, si vantano numeri che forse non ci sono, anche perché tutta questa tensione, se i numeri ci fossero, sarebbe davvero ingiustificata. Ne resterà uno solo”.
*Il documento pubblicato da Luigi Di Maio su Facebook con le proposte M5S:
Nessun commento:
Posta un commento