venerdì 20 giugno 2014

«La scienza ha sbagliato: Massimo è il figlio di mio marito...non sono mai stata con Guerinoni».

Ester: «Se avessi avuto dubbi lo avrei denunciato. Guerinoni era un amico ma non abbiamo mai avuto una relazione». 

Domani suo figlio confessa e dice: sì, ho ucciso io Yara. Lei che cosa fa? 
«Non ci credo. Dovrei guardarlo in faccia per capire se dice la verità. Ma non può accadere, perché non è vero». 

Due test del Dna indicano che non è figlio di suo marito ma di Giuseppe Guerinoni, ed è Ignoto 1, il presunto killer. Le sue parole dicono l’esatto contrario. «Per gli investigatori è così. Per me no, al cento per cento. Non sono mai stata con Guerinoni». 

Ester Arzuffi, 67 anni, vuole raccontare la sua verità. È la mamma di Massimo Giuseppe Bossetti, in carcere con l’accusa di aver ucciso la bambina di Brembate Sopra. Ester guarda dritto negli occhi quando parla: «Mi chieda pure, io rispondo perché non ho niente da nascondere». Capelli neri con la frangia, unghie perfette laccate di rosso, maglia azzurra con le rose, pantaloni a sigaretta beige e ai piedi sandali chiari con le zeppette adornati di piccole borchie. Parla nello studio degli avvocati Benedetto Maria Bonomo, Jacopo Bonomo e Sara Scarpellini, a Bergamo. «La madre ci ha chiesto di interessarci della difesa del figlio, ma visto l’impegno su casi come Mercadante e Cantamessa, nell’immediato non saremmo in grado di dedicare il tempo necessario anche a questo. Per ora ci occupiamo della tutela dell’immagine della signora, che rompe il silenzio per dare dimensione alla sua dignità»..... 

Lunedì è arrivata la svolta sull’omicidio di Yara. E la sua famiglia è stata sconvolta. «Ero in clinica da mio marito. Non sta bene. Alle 19.15 mi hanno chiamato e hanno detto che io, mia figlia e suo marito dovevamo correre in questura. Mentre stavamo andando, mio genero ha ricevuto una telefonata. Gli hanno detto: “Hai visto che tuo cognato è stato arrestato per Yara?”. Uno shock. Siamo rimasti in questura fino alle 5 del mattino». 

Sulla bilancia, da un lato ci sono due test del Dna dall’altro le sue parole. È una situazione incredibile... «Lo so, lo so. Che cosa vuole che le dica, che menta? A meno che il mio cervello non abbia resettato tutto, questa è la verità». 

Sta dicendo che la scienza ha sbagliato? «Sì. Ne sono la prova. So che vado alla gogna, che mi criticheranno, ma è così». 

Però lei ha conosciuto Guerinoni. «Sì, vivevo a Ponte Selva come lui. Non lo nascondo. Ma era solo una conoscenza. Mio marito aveva chiesto a lui e a Vincenzo Bigoni di portarmi al lavoro, in auto, alla Festi Rasini, perché già andavano in zona. Poi la sera tornavo in autobus. Ma tra conoscere una persona e avere intimità con lei ce ne passa». 

Poi è andata via dalla Valle Seriana e vi siete trasferiti a Brembate Sopra, dove abita la famiglia di Yara. «Guardi che non sono scappata per fuggire da qualche scandalo, come qualcuno scrive. Vuol sapere davvero come è andata? Mio marito voleva cambiare lavoro, quindi ci siamo messi in macchina e siamo andati alla ricerca di un altro posto. L’abbiamo trovato alla Filco di Brembate Sopra. Nel giro di una settimana abbiamo cambiato casa». 

Era incinta dei due gemelli? «Ma no. Ci siamo trasferiti nel 1969, sarà stato marzo o aprile, e loro sono nati a ottobre del 1970, per altro con un mese di anticipo. Mi dice come possono essere figli di Guerinoni? Vede che le date e altre cose non tornano?». 

Potrebbe aver mantenuto contatti con le persone della Valle. «No, invece li ho interrotti». 

Poi è arrivata la notizia che l’assassino della bambina è il figlio di quel Guerinoni che lei aveva conosciuto. «L’ho sentito in tv. Seguivo il caso della bambina, sono un’appassionata di “Chi l’ha visto?”. L’ho riconosciuto dalla foto». 

Quindi in famiglia parlavate di Yara? «Sì, se ne parlava, perché abitava a Brembate Sopra». 

E suo figlio che reazioni aveva? «Non ho mai captato nulla». 

Cambiamenti nel periodo della scomparsa? «Nulla di nulla». 

Una mamma potrebbe voler difendere a tutti i costi il figlio. «Si può anche pensare. Ma Massimo non ha fatto niente, davvero». 

E se avesse notato qualcosa e dubitato di lui, che cosa avrebbe fatto? «Con il carattere che ho, se lo avessi visto lì fisso a guardare i servizi sulla bambina e avessi dubitato di lui, gli avrei detto: “Vai dai carabinieri”. Lo avrei trascinato». 

Che cosa dice sua figlia? «Quella sera in questura le ho detto che non è vera la questione del padre. Lei mi ha risposto: “Ma mamma, ti credo”». 

Però, a parte la questione «figlio di Guerinoni», un test esclude che i gemelli siano di suo marito. «Allora che cosa facciamo? La risposta è quella di prima. Sono consapevole di che cosa indica il Dna, ma dico che non è vero». 

Sua nuora, però, crede alla scienza. «Lo so e questo mi ha ferito. Faceva così - alza le mani ai lati del volto -: “Ester, dovevi dirmelo, dovevi diiiirmelo”. Le ho risposto la stessa cosa: “La verità è un’altra”». 

Poi c’è la storia del nome. Massimo Giuseppe come Giuseppe Guerinoni? E Laura Letizia, come Laura, moglie di Guerinoni? «Macché. È stato mio padre a dirmi: “Chiamalo come me”. Volevo chiamare la gemella Nadia, invece mi è uscito di getto Laura e Letizia come mia zia». 

Si sente additata? «No, non ne ho la percezione. Una persona mi ha anche detto che i genitori di Yara sono andati dal parroco e gli hanno detto che sono vicini alla nostra famiglia. Sono brave persone. Prima o poi andrò a trovarli e un abbraccio glielo devo dare». 

E lei a mamma Maura e papà Fulvio che cosa vuole dire? «Che mi spiace per la perdita di loro figlia. Li capisco perché sono mamma e sto soffrendo anche io». 

A suo figlio? «Gli mando un abbraccio. Voglio guardarlo negli occhi e dirglielo: “Non sei figlio di quell’altro”». 

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