giovedì 12 ottobre 2017

9 Luglio 1923...don Sturzo risponde all'"invito" del papa Pio XI..."obbedisco"...ma mi dimetto!

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PS: Siamo avanti di 94 anni dalle dimissioni di Don Sturzo per ordine di Pio XI...<<"per non opporsi alla legge Acerbo di Mussolini e mettersi contro il fascismo">>...Io chiedo:" Considerando che tale legge è stata copiata-incolla  + peggioramento da partiti politici  dal Governo odierno....nessuno si sente un...Don Sturzo...?
umberto marabese
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Il 5 luglio, in una lettera a padre Pietro Tacchi Venturi (un gesuita responsabile dei rapporti tra il Vaticano e i politici italiani), il cardinale Gasparri riferiva che le dimissioni di Sturzo erano un'esplicita richiesta di papa Pio XI, poiché "ora il Santo Padre ritiene che, nelle attuali circostanze, in Italia un sacerdote non può restare alla direzione di un partito, anzi dell'opposizione di tutti i partiti avversi al governo, auspice la massoneria."[3]
A tale richiesta, il 9 luglio 1923 Sturzo rispose con una lettera nella quale, pur ribadendo la sua obbedienza al pontefice, esprimeva le sue perplessità sulle conseguenze politiche delle stesse in quanto, così facendo, sarebbe stato palese l'intervento diretto della Santa Sede "negli affari politici d'Italia", "verrebbe minorata la libertà politica dei cattolici", e il Partito Popolare Italiano ne sarebbe rimasto "scompaginato o ridotto ad un puro organismo elettorale alla mercé di qualsiasi governo"....
Testo della lettera scritta da 
don Sturzo a Pio XI...
Di seguito il testo della missiva; in grassetto sono riportate le note apposte dal Papa.
Beatissimo Padre, (...) ho ricevuto comunicazione del desiderio di V[ostra] B[eatitudine] che io lasci       
senza indugio la segreteria politica del partito popolare italiano; e nella forma come mi è stato 
espresso il desiderio
 e per la testimonianza della pia e veneranda persona che me l'ha comunicato, debbo ritenere che si 
tratti d
i un comando [desiderio motivato].
Ed al comando di V.B. io non posso che rispondere: obbedisco, con la serenità di chi compie
 semplicemente il proprio dovere. (...) Anzitutto tanto gli avversari di ogni colore quanto gli amici del
 partito popolare  italiano, attribuiranno il mio ritiro ad un intervento della S. Sede; e ciò alla vigilia 
della discussione alla Camera dei deputati del disegno di legge sulla riforma elettorale e politica. 
Come smentire ciò? Con quali mezzi?  Forse  con delle menzogne? [No certo; ma con i riflessi
 suggeriti: il bene del Ppi e della Chiesa Cattolica.] Non potrei. 
Del resto (...) nessuno vi presterebbe fede e sarebbe vana e pericolosa qualsiasi smentita. Le 
conseguenze, secondo il modo di vedere, sarebbero tre: a) che verrebbe accreditata l'opinione che la
 S. Sede  interviene negli  affari politici d'Italia (...); b) che verrebbe minorata la posizione e la libertà 
politica dei cattolici a formarsi un  partito politico autonomo (...); c) che il partito popolare italiano verrebbe ad essere scompaginato
 o ridotto ad 
un puro organismo elettorale alla mercé di qualsiasi governo. Non posso né debbo attribuire alla mia
 persona il merito di tenere stretta la compagine popolare in momenti difficili; però non posso
 dissimulare che  in un  periodo nel quale ogni ausilio umano e ogni aiuto economico sono mancati[4]
quando sono state sciolte a  centinaia e centinaia di amministrazioni pubbliche popolari; quando le 
leghe sindacali o sciolte o  rese impotenti o costrette a passare al fascismo e circoli e cooperative 
devastate, e persone innumerevoli o messe al bando o bastonate, martoriate e persino uccise, la 
possibilità di una difesa politica della libertà e delle leggi  umane e civili ha tenuto i nostri uomini e
 il nostro organismo ancora in piedi e il mio povero nome è servito a creare fiducia e forza al partito, 
anche presso le popolazioni che vivono nel regime del terrore. Ecco perché io credo che il mio
 repentino ritiro oggi può danneggiare quel partito che si ispira veramente ai principi  cristiani del
 vivere civile, e che nella mancanza di qualsiasi carattere di virilità oggi serve a limitare nella mia
 coscienza  pubblica, l'arbitrio della dittatura.
Don Sturzo
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Nella lettera con la quale mi è stato espresso il desiderio della B.V. è detto che nell'opposizione al 
governo, da me diretta, ne sia stata auspice la massoneria [A Pisa la massoneria deliberava testé 
di sostenere don Sturzo nella opposizione al G.]. (...) Debbo aggiungere che mai, né direttamente 
né indirettamente, la massoneria ha avuto un solo momento di tolleranza verso il partito popolare
 italiano. (...) Nella stessa lettera succitata è detto che questo atto (l'ordine che io mi ritiri da segretario
 politico) non debba ritenersi  come poco  benevolo verso il partito popolare, ma solo ispirato agli 
nteressi superiori della Chiesa.
Ringrazio la B.V. di questa assicurazione ma non saprei come poter fare a che gli altri amici 
ed avversari  riconoscano e si convincano che sia veramente così [Veramente è così]. Purtroppo, 
il ritiro sarà  fatto passare come una implicita sconfessione del partito popolare italiano (...). Tenderà a
 far credere che la Chiesa appoggi  il governo fascista e il fascismo, i cui metodi non solo nel campo
 politico ma anche in quello etico sono per tante ragioni a riprovarsi.
La lettera proviene dall'Archivio di Pio XI aperto alla consultazione il 18 novembre 2006. Le 
dimissioni di Sturzo crearono non poco scalpore all'epoca in particolar modo perché arrivarono alla 
vigilia della discussione  parlamentare sulla legge elettorale Acerbo, fortemente voluta dal governo 
e osteggiata dall'opposizione. Le dimissioni di Sturzo indebolirono grandemente il partito popolare, 
minandone la legittimazione verso la base cattolica, e vennero interpretate come la sconfessione da
 parte della chiesa cattolica dell'opposizione politica al fascismo.----

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