martedì 28 febbraio 2017

Rosanna Spadini - Stadio della Roma: Hunger Games Distretto 13


E' ridicolo affermare che lo stadio non può essere costruito in un'altra parte della città. Il problema è che non si tratta di uno stadio...

di Rosanna Spadini
Roma hunger games distretto 13... nella lotta per la sopravvivenza alla fine le tre torri sono state eliminate, le cubature dimezzate, il 60% in meno per la parte relativa al Business Park, la messa in sicurezza del quartiere di Decima soggetto ad allagamenti, il potenziamento della ferrovia Roma-Lido.
Peccato... potevate immaginare di arrivare a Roma e cercare con lo sguardo il cupolone di San Pietro, forgiato dal genio di Michelangelo Buonarroti, che suole emergere dalla città come fosse il luogo dell'infinito... e invece vedersi avanzare minacciose quelle tre torri appuntite che svettano verso il cielo come lame un po' sghembe, saette instabili sull'orizzontale della città... non-luoghi postmoderni, privi di anima, identità e storia, simulacri del mondo globalizzato....

Poteva essere... se il progetto fosse andato in porto, così come era stato concepito da un immobiliarista, come Luca Parnasi, insieme con un dirigente sportivo, James Pallotta, coproprietario dell'AS-Roma, responsabili anche della scelta della zona di Tor di Valle (di proprietà dello stesso Parnasi). Ma in una capitale europea qual è Roma, non dovrebbe essere il Comune a scegliere, con un dovuto Piano Regolatore? Invece lo hanno fatto altri soggetti, non propriamente coinvolti nell'interesse pubblico, se mai in quello privato.
Il Comune regala cubature a un privato, in cambio di infrastrutture. Differente comportamento si è tenuto a Monaco di Baviera, dove l'elegante ed efficiente stadio Allianz Arena, progettato dagli architetti svizzeri Herzog & de Meuron, è stato partorito da un progetto condiviso dai cittadini attraverso un referendum.
In una prima fase il Consiglio comunale locale fissò i criteri per la scelta delle aree, quella di Frottmaning garantiva una migliore accessibilità allo stadio, poi fu promosso un concorso di progettazione vinto appunto da Herzog & de Meuron.
A Roma, invece, nel nome dell'investimento privato (in realtà anche pubblico per gli oneri di urbanizzazione previsti dalla legge), diventa normale che si intervenga sulla città senza il dovuto confronto con i cittadini e senza uno strumento democratico e partecipativo offerto da un concorso di progettazione.
Scriveva Paolo Berdini sul FQ, al tempo della giunta Marino, che «la scelta del sito di Tor di Valle è frutto esclusivo e ostinato del promotore: la società calcio Roma. La legge sugli stadi approvata dal Parlamento consente di costruire i propri stadi e come tale deve essere rispettata. Ma non obbliga le amministrazioni pubbliche ad essere supine rispetto ai voleri della proprietà fondiaria. Nessuna legge vietava che il sindaco Marino imponesse di costruire lo stadio in un altro quadrante della città, dove gli oneri di urbanizzazione dovuti per legge e i maggiori oneri dovuti alla contrattazione urbanistica, avrebbero prodotto un beneficio più ampio per l'intera popolazione romana.
Né vale a titolo giustificativo la motivazione che non è previsto che sia il Comune a scegliere il luogo ma può solo esprimersi sul pubblico interesse della proposta del privato. In questo modo si spiana la strada al disegno di legge del ministro Maurizio Lupi che si basa proprio sulla subordinazione delle amministrazioni pubbliche rispetto alla proprietà fondiaria. E non è certo questo il mandato ricevuto da Marino dai suoi elettori».
«Del resto si continua a sostenere "che l'amministrazione comunale non farà alcun investimento economico". Credono ancora di prendere in giro i romani: le opere giudicate di interesse pubblico saranno realizzate attraverso l'esborso di denaro pubblico noto (gli oneri di urbanizzazione previsti dalla legge) e da altro denaro di proprietà pubblica derivante dai maggiori introiti dovuti agli aumenti di volumetria concessi. Si spenderanno dunque per opere utili solo e soltanto alla Roma calcio preziosi soldi pubblici».
A Roma infatti il coproprietario dell'AS-Roma J.Pallotta ha imposto il luogo, e l'architetto Dan Meis, ha pensato bene di progettare il nuovo stadio secondo certe linee architettoniche: «All'esterno sarà circondato da un anello sospeso che ricorderà in chiave moderna gli archi e le pietre del Colosseo». Gusto architettonico più consono a Las Vegas che alla storia di Roma, con il suo materiale combinato di acciaio e vetro, teflon e pannelli fotovoltaici, insieme a citazionismo kitsch, come le grandi targhe in travertino con numeri romani che contrassegnano le tribune. (sic)
Le tre torri sbilenche poi, ideate dall'architetto Daniel Libeskind (attualmente impegnato per Citylife, la peggiore speculazione immobiliare italiana realizzata all'ex Fiera di Milano), rappresentavano invece quell'ormai archiviato decostruttivismo schizofrenico, che si preoccupava di disfare, scomporre, desedimentare le strutture, e avrebbero devastato per sempre il paesaggio della città eterna.
A differenza della giunta Marino che aveva sostenuto il progetto, la giunta Raggi ha riscontrato molte criticità, troppo cemento, problemi di traffico, falle nella sicurezza e nell'approvvigionamento idrico ed elettrico, tanto che cinque dipartimenti su cinque, dall'Urbanistica all'Ambiente, avevano firmato un parere tecnico decisamente negativo.
Il progetto dei giallorossi era stato bocciato anche dall'ex assessore all'Urbanistica Paolo Berdini, grande oppositore dell'opera, che nel lungo documento di 76 pagine aveva denunciato «quel milione di cubature di costruzione»... «una sproporzione evidente tra i cantieri previsti e lo stadio, che vale appena il 14% del totale».
Ma i retroscena sono curiosi e denotano condotte civili del Bel Paese congiunte a dinamiche affaristiche interessate. Infatti il gruppo guidato da Luca Parnasi aveva deciso di spalleggiare (sempre di palloni si parla) la formazione del consiglio comunale di Roma capitale della giunta Marino, che avrebbe potuto risolvere i propri guai finanziari. Il costruttore romano aveva deciso di finanziare molte campagne elettorali di consiglieri comunali del Pd e del Pdl nella quasi certezza che insieme avrebbero fatto la maggioranza della futura assemblea che avrebbe visto sindaco Ignazio Marino.
Maggiore finanziatore della politica romana di quel momento, anche con piccoli contributi, comunque sempre ben graditi dai politici che partecipavano a quel turno elettorale, mentre restarono fuori i 5 stelle, che per altro non raccolgono quasi mai finanziamenti che non siano interni al movimento. Nel centro destra sovvenzionò ad esempio Giordano Tredicine con 30 mila euro divisi fra 6 società (ogni contributo appunto da 5 mila euro), Gianni Alemanno (35 mila euro divisi fra più società), l'esponente di Fratelli di Italia, Dario Rossin (10 mila euro), e tanti altri (la lista compare in un articolo di Franco Bechis su http://limbeccata.it).
Ovviamente il consiglio comunale di Roma arrivò ben disposto alla votazione del 22 dicembre 2014, che definitiva di pubblica utilità il progetto, alla fine la delibera Parnasi ottenne 29 voti favorevoli, 8 contrari e tre astensioni.
La vicenda ricorda la matrice degli scandali affaristici romani, come quello dell'aeroporto di Fiumicino nella neonata Repubblica italiana. Costruito con materiali scadenti e su un terreno paludoso, senza nemmeno un'opera di drenaggio, dopo solo sei mesi fu dichiarato inagibile. Doveva sorgere a Casal Palocco sorse invece a Fiumicino, doveva essere pronto nel 1950, lo fu nel '61, doveva costare 15 miliardi alla fine gravò sulle casse dell'erario per quasi 80 miliardi di lire.
Nel 1947, durante il secondo governo DC De Gasperi, si decide la costruzione di un nuovo aeroporto internazionale. Dopo le elezioni del 18 aprile 1948 (la Democrazia Cristiana conquista la maggioranza assoluta dei seggi), il repubblicano Randolfo Pacciardi è nominato ministro della difesa e comincia ad occuparsi di Fiumicino.
Si elaborano numerosi progetti e viene fissato il termine improrogabile della conclusione dei lavori: entro l'anno santo, il giubileo del 1950. Nel 1949 il Parlamento stanzia le prime risorse per Fiumicino, un bilancio preventivo di 4 miliardi e mezzo. Nel frattempo, Pacciardi affida alla ditta edile Manfredi il compito di avviare i lavori, della quale acquista un appartamento per la moglie che diventa anche azionista di un'altra società della famiglia Manfredi.
Nel febbraio 1959 il presidente della commissione tecnica per Fiumicino, il generale Fernando Silvestri, si suicida misteriosamente, sparandosi un colpo di pistola alla tempia. Andreotti è serafico: "Caso ereditario, suo padre si uccise alla stessa età". Si annuncia che l'aeroporto sarà pronto per le Olimpiadi del 1960, ma i lavori vanno a rilento.
Per trovare l'area adatta alla sua costruzione ci fu una ricerca spasmodica sui terreni, con fondati sospetti di brogli, mazzette e arricchimenti vari. Tra le tante ipotesi si fa strada l'area di bonifica di porto, a Fiumicino, di proprietà della duchessa Anna Maria Torlonia, vedova Cesarini Sforza. I beni della duchessa Torlonia sono amministrati dall'ex gerarca Nannini, in ottimi rapporti con l'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giulio Andreotti. Nell'aprile del 1948, la scelta stranamente cade sui terreni Torlonia. Nel giro di una sola mattinata, i tecnici dell'Ires eseguono i sondaggi stratigrafici dei 94146 ettari del fondo Torlonia a Fiumicino. Una zona acquitrinosa e paludosa.
Il fondo misura 94 mila ettari, ne verranno acquisisti 91146. Il comitato Matricardi ne valuta il prezzo, fissato inizialmente in 405 mila lire per ettaro, ma già nel '48 il prezzo del fondo Torlonia sale a sale a 840 mila lire. Lo stato infine lo acquista ad un prezzo fissato di 754 mila ad ettaro. Una valutazione molto vicina alla massima delle stime.
Nel 1951 il colonnello Amici, diventa il deus-ex-machina dell'ufficio progetti per Fiumicino. Amici, già condannato per collaborazionismo con i tedeschi, (pena condonata dall'amnistia), consulente di imprese edili, molto amico di personaggi di azione cattolica, intestò le sue società a moglie, figli, amici e parenti, e con il metodo della licitazione privata, quindi senza aste pubbliche, assegnava gli appalti direttamente a tutti.
La sua attività è a dir poco frenetica: in sette anni riesce a spendere qualcosa come ventiquattro miliardi di lire senza che un solo pilastro, un muretto, un argine, venga costruito in quel desolato suolo di Fiumicino. Nel frattempo il colonnello, su incarico di monsignor Angelini, realizza la Chiesa di San Leone Magno e il centro Pio XII "Per un mondo migliore". Tra gli amici del colonnello figurano l'ex gerarca fascista Nannini, amministratore dei terreni Torlonia a Fiumicino, l'impresario edile Manfredi, il presidente dell'azione cattolica Saltarello. Per le polemiche ci pensa Andreotti: "Chi fa osservazioni gravi contro Amici non è tra le persone oneste".
Alla fine Fiumicino non sarà pronto per le Olimpiadi: il costo iniziale stimato in 15 miliardi, sale prima a 24, poi a 36, ad opera compiuta toccherà la stratosferica cifra di quasi 80 miliardi di lire. L'aeroporto diventerà operativo solo il 15 gennaio 1961. Il primo aereo che atterrò a gennaio per un normale servizio di linea, un «Constellation» della Twa da New York, fu accolto da applausi. Tre mesi dopo, l'inevitabile. Il 27 aprile 1961 la Camera approva l'Istituzione di una commissione d'inchiesta sulla costruzione dell'aeroporto di Fiumicino, che avrebbe dovuto semplicemente constatare che il sotto pista composto di semplice cemento e sabbia, si sgretolava appena un aereo toccava terra. Alla fine la commissione conclude i lavori insabbiando il caso e valutando solo i risvolti politici, «rivelando disordine, poco rispetto della legge, e spreco di denaro».
Nell'ottobre '63, la procura di Roma, il porto delle nebbie, non riscontrando nulla di scorretto nell'operato e annuncia l'archiviazione del caso, mettendo definitivamente la parola fine alla scandalosa vicenda. Fiumicino ha richiesto 14 anni di lavori e 31 miliardi di spese (più altri 30 preventivati) per 6500 metri di pista. A Milano, in quattro anni si sono costruiti (tra Malpensa e Linate) 8600 metri di pista con 27 miliardi.
Questo è Fiumicino. Ed è «molto peggio di un furto, di una rapina a mano armata, di una incursione di briganti... chissà quanti altri Fiumicini ci aspettano» profetizzò Indro Montanelli sul Corriere. Fiumicino rappresenta l'inizio del malcostume italiano, tangenti, malaffare, mazzette, imprenditori insaziabili, faccendieri senza scrupoli e politici corrotti. A distanza di 70 anni non molto sembra essere cambiato.


Ora, per fare chiarezza sulla questione Stadio, interviene Oreste Rutigliano, consigliere nazionale dell'associazione "Italia Nostra", che da tempo lotta contro la costruzione dell'impianto a Tor d Valle:
«L'ansa di Tor di Valle è protetta dalle esondazioni del Tevere da argini in terra di 6 metri. Nonostante gli argini c'è comunque un rischio idrogeologico causato non dal Tevere ma da un suo affluente, il Fosso di Vallerano, che durante le piene ha difficoltà ad immettersi e crea un rischio di allegamento a Decima, una zona urbanizzata a monte».
«Per fare lo stadio i costruttori sarebbero obbligati dall'autorità di bacino a 16 milioni di opere per ridurre il rischio idrogeologico. Bisognerebbe poi costruire una idrovora da 3 milioni di euro la cui gestione spetterebbe al comune... È il classico tentativo di costruire su un terreno vergine, ingiustificato e non previsto dal piano regolatore... È ridicolo affermare che lo stadio non può essere costruito in un'altra parte della città. Il problema è che non si tratta di uno stadio ma di un centro direzionale con annesso stadio che rappresenta solo il 14% della cubatura complessiva».
«Ormai è noto a tutti che i terreni appartengono al costruttore Parnasi, da sempre vicino al Pd e indebitato per 400 milioni di euro con Unicredit. Parnasi aspetta questa operazione per cercare una sorta di risanamento... Tor di Valle è una delle 3 anse del Tevere dentro il raccordo anulare che non sono state ancora costruite. Si tratta di una area preziosa per l'equilibrio ecologico e ambientale della città. Durante le fasi di piena la ricchezza di fauna è tale da sembrare in Africa».
Tor di Valle assomiglia all'Africa? Dunque che Africa sia!!... non solo per la straordinaria ricchezza della fauna della valle, che verrà in gran parte distrutta dalla cementificazione, ma anche per la conduzione incivile, antidemocratica e legalmente illegittima delle vicende accadute.

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