domenica 16 agosto 2015

The Saker - La Russia si muove per proteggere i suoi interessi nell’Artico

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La Russia ha intrapreso uno sforzo massiccio e ben pubblicizzato per mettere in sicurezza i 6.200 km del suo confine settentrionale e per essere pronta a difendere i suoi interessi nella Piattaforma Artica fino a 500 km dalla linea di confine. Questo vuol dire che bisogna tenere sotto controllo 3.100.000 chilometri quadrati di territorio estremamente difficile ed inospitale. Perché uno sforzo così grande?
Innanzitutto perché bisogna proteggere le enormi risorse della Siberia e delle zone marine della Piattaforma Artica, stimate al 15% delle riserve di petrolio e al 30% di quelle di gas. In secondo luogo, la Russia vuole espandere la cosiddetta “rotta marittima del nord” che, grazie al fenomeno del riscaldamento globale, sta diventando sempre più sicura per la navigazione. Attualmente, solo 4 milioni di tonnellate di merci transitano attraverso questa scorciatoia (la rotta a nord fra Europa e Asia richiede 35 giorni, contro i 48 del Canale di Suez), ma i russi pensano che in futuro questa cifra si possa incrementare di un fattore 20, portando il totale a 80 milioni di tonnellate. I mezzi impiegati per proteggere questa rotta sono enormi e comprendono droni, satelliti in orbita, stazioni subacquee di monitoraggio e una rete di radar. La Russia sta anche costruendo 14 nuove navi rompighiaccio, comprese alcune a propulsione atomica. Lo sforzo maggiore sarà comunque quello militare.......

La Russia ha deciso di creare un “Comando Strategico Unificato Nord” (JSCN) che si appoggerà alla Flotta del Nord (che era precedentemente sotto il comando del Distretto Militare Occidentale). Il JSCN non avrà lo status ufficiale di distretto militare o di direzione strategica ma, in pratica, sarà un singolo, indipendente, comando strategico-operativo con una forte componente navale (la Flotta del Nord è sempre stata la più poderosa delle 4 flotte della Russia) e aerea, che comprenderà i mezzi per le operazioni di soccorso, quelli per la lotta anti-sommergibile, aerei ed elicotteri di allerta precoce e, naturalmente, intercettori a lungo raggio, compreso il formidabile MiG-31BM. Verranno anche dispiegati per la difesa costiera i missili della classe “Rubezh”.
La parte riguardante la difesa aerea verrà all’inizio affidata al sistema Pantsir-S1, ma in futuro la Russia ha in progetto di dispiegare sui propri confini settentrionali i suoi ultimi S-400 Triumf. Le unità dei diversi distretti militari sono state attualmente poste sotto il comando del JSCN ed è stato creato un Gruppo Tattico Unificato (JTG). E’ troppo presto per poter valutare le dimensioni di questo JTG, ma le manovre tenute dalla Russia questa estate nell’Artico comprendevano 80.000 uomini, 220 aerei, 41 navi e 15 sottomarini, e questo ci può forse dare una indicazione approssimativa di quello che è stato pianificato per il futuro.
Infine, sia il Servizio di Sicurezza Federale (FSB) che il Comitato Anti-Terrorismo (ATK) hanno annunciato che, a causa dell’enorme, fragile e costosa infrastruttura della Russia, i servizi di sicurezza russi faranno uno sforzo particolare per prevenire ogni attacco terroristico in questo settore così delicato. Considerando la fragilità dell’ecosistema artico, sembra un proponimento molto sensato.
Guardate questa mappa che illustra la situazione corrente:
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(per la mappa completa ad alta risoluzione, cliccate per favore qui: e un grosso “grazie!” a SouthFront che ha creato la mappa per questa analisi).
Prevedibilmente, l’Occidente è abbastanza sconvolto da questi sforzi della Russia. Le reazioni vanno tipicamente dalla preoccupazione allo sconcerto, fino al vero e proprio panico. L’assoluta ipocrisia di tutte queste lamentele toglie il respiro.
In realtà, naturalmente, l’Occidente ha studiato per anni come assumere il controllo delle risorse dell’Artico. Gli attori di questa opera di pianificazione sono stati il Consiglio per le Relazioni con l’Estero, il Pentagono e la Marina Americana. Infatti, a Washington c’è chiaramente un consenso: lo Zio Sam vuole accaparrarsi quanto più è possibile dell’Artico. Il problema è che, a differenza della Russia, lo Zio Sam non ha ne le conoscenze ne le risorse finanziarie, ne i mezzi per farlo. Prendete come esempio la Marina degli Stati Uniti.
La Marina degli Stati Uniti è sempre stata principalmente una Marina da “acque calde”. Con qualcosa come 10 o 14 navi portaerei, lo scopo principale della Marina Americana è sempre stato quello di piazzare qualche pista di atterraggio al largo delle coste di ogni nazione che osasse sfidare l’autonominatosi Egemone Mondiale. La Marina Americana è perciò quella più poderosa del pianeta per quello che riguarda l’alto mare (blue water). Per contro la Marina Sovietica/Russa, è una Marina da acque costiere (green water) e ha sempre avuto delle finalità completamente diverse: primo e sopratutto proteggere i sottomarini nucleari russi (SSBNs) dotati di missili intercontinentali (SLBM), e poi proteggere le coste russe vere e proprie. Le due maggiori flotte sovietiche/russe sono per tradizione la Flotta del Nord e la Flotta del Pacifico ed hanno sempre operato a latitudini elevate, sopratutto nell’Artico e nel Mare di Okhotsk, dove si trovano le basi dei sottomarini russi. Le due flotte più piccole, la Flotta del Baltico e la Flotta del Mar Nero, hanno un ruolo molto più modesto. Possiamo perciò dire che la parte maggiore e più efficiente della Marina Sovietica/Russa è sempre stata ad alte latitudini, quelle dell’Artico. Anche l’unica portaerei russa era stata progettata principalmente per la difesa antiaerea e all’inizio non aveva a bordo nessun aereo da attacco.
Tutto questo vale anche per il resto delle Forze Armate statunitensi e russe: le prime erano concepite per operare a basse latitudini (sotto i 50°) mentre le seconde sono molto più addestrate ai climi freddi. Questa specializzazione si riflette anche nel fatto che il sistema GPS americano è molto più preciso alle latitudini basse, mentre il GLONASS russo lo è a quelle alte.
Questa specializzazione è diventata adesso l’ossessione dei pianificatori delle Forze Armate americane che devono mettere in piedi praticamente da zero una forza capace di operare in zone artiche, cercando di colmare il divario con i russi, che hanno un vantaggio di 80 e più anni. Non c’è dubbio che gli Stati Uniti, il Canada, la Norvegia ed altri riusciranno a richiudere il gap, almeno fino ad un certo punto e col tempo, ma la grossa differenza è proprio questa: la capacità militari russe sono già una realtà adesso, non un obbiettivo da raggiungere entro un decennio o più.
I politici occidentali hanno naturalmente cercato di presentare questi sviluppi come un altro segno dell’”arroganza” o anche dell’”aggressività” russa, ma la realtà è che questa politica russa è in totale accordo con il suo nuovo corso strategico che mette ora in primo piano il nord e l’est: la Siberia, l’Artico e, naturalmente, la Cina. Inoltre non sembra che la Russia stia cercando di escludere qualcuno dal collaborare allo sviluppo dell’Artico. Le compagnie petrolifere occidentali hanno partecipato attivamente alle attività russe di prospezione e la Russia ha tratto grandi vantaggi dalle competenze occidentali acquisite in questi progetti congiunti. La Russia continuerà volentieri a collaborare con l’Occidente nell’Artico, ma metterà anche in chiaro di avere i mezzi per proteggere e difendere i suoi interessi in una regione strategicamente vitale.
Le prospettive per l’Artico sono in realtà abbastanza buone. Appena i leaders occidentali arriveranno a capire che l’Artico è “territorio russki” e che per risolvere i problemi, qui occorrono negoziati, non azioni unilaterali e ostili, allora negoziati  ne seguiranno e saranno profittevoli per tutte le parti in causa.
The Saker
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Pubblicato su Thesaker.is il 14/08/2015
Traduzione in italiano a cura di Mario per Sakeritalia.it

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