Bene la quantità non la qualità
di Riccardo Sorrentino3 ottobre 2014
Mai fidarsi di un solo dato, e neanche di due. Le statistiche sul mercato del lavoro Usa a settembre ricordano quanto può essere complicato fare la diagnosi di un'economia complessa. Cosa si potrebbe sperare di più, infatti, di un tasso di disoccupazione al 5,9%, il minimo da luglio 2008, in calo dal 6,1% di agosto? Non è forse il segnale che il peggio è passato? La Fed non punta per sua stessa ammissione a raggiungere un tasso del 5,2-5,5%?
Numeri superiori alle attese
È innegabile che a prima vista questi dati appaiano molto positivi, sicuramente migliori di quanto gli analisti avessero previsto. Le assunzioni di settembre sono state 248mila, contro gli attesi 215mila, mentre a luglio e ad agosto sono stati creati 69mila posti di lavoro in più di quanto si fosse finora stimato. La reazione vivace dei mercati mostra quanto questi dati abbiano un po’ cambiato le prospettive degli investitori.....
È innegabile che a prima vista questi dati appaiano molto positivi, sicuramente migliori di quanto gli analisti avessero previsto. Le assunzioni di settembre sono state 248mila, contro gli attesi 215mila, mentre a luglio e ad agosto sono stati creati 69mila posti di lavoro in più di quanto si fosse finora stimato. La reazione vivace dei mercati mostra quanto questi dati abbiano un po’ cambiato le prospettive degli investitori.....
Si riduce la forza lavoro
Non tutto torna, però. È sicuramente una situazione invidiabile, se vista con occhi europei. La riduzione della disoccupazione è stata però realizzata grazie a una riduzione di offerta di lavoro: sempre più persone sono scoraggiate e non cercano posto o preferiscono restare a casa per curare la famiglia o per studiare. Il tasso di partecipazione – il numero di persone che hanno o cercano un posto rispetto alla popolazione potenzialmente attiva – è così calato al 62,7%: era al 62,8% ad agosto e al 62,9% di luglio, ed è molto basso, il minimo da febbraio 1978, molto lontano dal massimo di 67,3% di marzo 2000. Il miglioramento del tasso di disoccupazione è tutto legato a questa flessione della forza lavoro.
Non tutto torna, però. È sicuramente una situazione invidiabile, se vista con occhi europei. La riduzione della disoccupazione è stata però realizzata grazie a una riduzione di offerta di lavoro: sempre più persone sono scoraggiate e non cercano posto o preferiscono restare a casa per curare la famiglia o per studiare. Il tasso di partecipazione – il numero di persone che hanno o cercano un posto rispetto alla popolazione potenzialmente attiva – è così calato al 62,7%: era al 62,8% ad agosto e al 62,9% di luglio, ed è molto basso, il minimo da febbraio 1978, molto lontano dal massimo di 67,3% di marzo 2000. Il miglioramento del tasso di disoccupazione è tutto legato a questa flessione della forza lavoro.
In cerca di un tempo pieno
Non basta. Il tasso di disoccupazione U-6, che comprende anche coloro che cercano un posto di lavoro a tempo pieno ma hanno dovuto accontentarsi di un part time, resta piuttosto alto: è calato, ma all'11,8% dal 12% di agosto. Negli Stati Uniti queste persone non sono considerate choosy, incapaci di accontentarsi: per la Federal Reserve l'incapacità del sistema di far incrociare la domanda e l'offerta di lavoro part time è considerato un problema importante, tale da giustificare una politica monetaria ancora molto espansiva.
Non basta. Il tasso di disoccupazione U-6, che comprende anche coloro che cercano un posto di lavoro a tempo pieno ma hanno dovuto accontentarsi di un part time, resta piuttosto alto: è calato, ma all'11,8% dal 12% di agosto. Negli Stati Uniti queste persone non sono considerate choosy, incapaci di accontentarsi: per la Federal Reserve l'incapacità del sistema di far incrociare la domanda e l'offerta di lavoro part time è considerato un problema importante, tale da giustificare una politica monetaria ancora molto espansiva.
Salari in calo
Mancano anche, oltretutto, tensioni inflazionistiche. I salari orari sono leggermente calati a 24,53 dollari da 24,54 e questa flessione non crea pressioni alla Federal Reserve perché inizi la stretta in anticipo. Non può essere considerata un cattivo segnale, perché visto da una prospettiva più ampia i redditi da lavoro continuano ad aumentare anche in termini reali (+2% la variazione da settembre 2013, più dell'inflazione quindi). Una singola flessione mensile non è un evento molto frequente, ma neanche rarissimo, soprattutto in questa ultima fase: «L'assenza di una crescita nei salari ricorda che la qualità del lavoro che stiamo vedendo non è la stessa dell'ultima ripresa», ha spiegato Christopher Low capo economista di Ftn Financial.
Mancano anche, oltretutto, tensioni inflazionistiche. I salari orari sono leggermente calati a 24,53 dollari da 24,54 e questa flessione non crea pressioni alla Federal Reserve perché inizi la stretta in anticipo. Non può essere considerata un cattivo segnale, perché visto da una prospettiva più ampia i redditi da lavoro continuano ad aumentare anche in termini reali (+2% la variazione da settembre 2013, più dell'inflazione quindi). Una singola flessione mensile non è un evento molto frequente, ma neanche rarissimo, soprattutto in questa ultima fase: «L'assenza di una crescita nei salari ricorda che la qualità del lavoro che stiamo vedendo non è la stessa dell'ultima ripresa», ha spiegato Christopher Low capo economista di Ftn Financial.
Nessun commento:
Posta un commento