martedì 14 ottobre 2014

Cic, potere e misteri del fondo cinese che compra il mondo


LA MAPPA DEGLI INTRECCI FINANZIARI DI PECHINO


Cic, potere e misteri del fondo cinese che compra il mondo.


Base in Lussemburgo e holding sconosciute. Dal Waldorf Astoria alle partecipate del Tesoro

di Mario Gerevini


Pechino, New Poly Plaza 1 Dongcheng District. È la porta d’accesso a quella selva oscura che è il capitalismo di Stato cinese. Il viaggio di Marco Polo, al confronto, è una scampagnata. Il grande fondo sovrano, China Investment Corporation (Cic), e i suoi sudditi hanno sede qui. Una macchina gigantesca, controllata dallo Stato, che muove le sue leve nel mondo, sposta centinaia di miliardi di euro e compra, compra, compra. Spesso senza farsi notare.
Mai sentito parlare della finanziaria Land Breeze, con asset per 7,3 miliardi e sede in Lussemburgo? Flourish e Best Investment Corporation, presenze fisse in Piazza Affari, dicono nulla? E la misteriosa sigla australiana «Ssbt Od05 Omnibus Account» che risulta nel libro soci di 170 aziende della Borsa di Tokyo?
La ragnatela.....
Proviamo a «mappare» il polmone finanziario della Repubblica Popolare che, tra molto altro, controlla anche le principali banche del Paese che poi sono tra le più grandi del mondo. Da Pechino si dipana una ragnatela che abbraccia il pianeta. Ma non esiste un organigramma dettagliato delle partecipazioni. Il bilancio del fondo sovrano Cic è un bel volume ricco di foto di sorridenti dirigenti e con un sacco di tabelle riassuntive: praticamente una brochure. Non è facile rintracciare i «figli » del Cic, ovvero quel sistema di holding e hub societari che sono direttamente sul business. Il fondo è l’ingranaggio centrale ma ovviamente non l’unico del paese asiatico. L’olio italiano Sagra e Berio è stato appena venduto al gigante alimentare Bright Food; il big dell’energia State Grid ha speso oltre 2 miliardi per il 35% di Cdp Reti (30% di Snam e Terna); il 40% di Ansaldo Energia è finito a Shangai Electric. E all’estero, per citare l’ultima, il Waldorf Astoria di New York è stato pagato la cifra record di 1,95 miliardi di dollari dalla Anbang Insurance. Una piccola compagnia (per gli standard cinesi). E questo dà l’idea delle potenzialità. Quanto al Cic, il fondo sovrano controlla buona parte del sistema bancario e finanziario cinese. Nacque nel 2007 per diversificare l’impiego delle immense riserve valutarie e oggi gestisce asset per 653 miliardi dollari, numero 4 tra i grandi fondi sovrani. Ma anche il numero 5, Safe, è cinese. Cic si muove con due subholding: Cic International per l’estero, Central Huijin per l’interno.


Braccio armato
Nel 2007, appena costituito e con in cassa 200 miliardi di dollari, il fondo parte con grande entusiasmo: sborsa subito 5,6 miliardi per il 9,9% di Morgan Stanley e 3 miliardi per il 9,4% di Blackstone. Tempismo paragonabile a chi avesse deciso di farsi una nuotatina a Pearl Harbor alle 7,50 del 7 dicembre 1941. Poi si fa più accorto e comincia a realizzare ottimi rendimenti. Energia, infrastrutture, immobiliare, trasporti, dal 10% dell’Aeroporto di Heathrow al 7% della francese Eutelsat (satelliti), dal 17% del colosso minerario canadese Teck Resources al 12,5% di Uralkali, il big russo del potassio. A Pechino finisce anche una piccola quota (3% pagata 300 milioni) di Btg Pactual di André Esteves. E presto Pechino potrebbe entrare con 300 milioni nel secondo fondo della «nostra» F2i.
Mistero Ssbt
Sui listini di Borsa i manager del Cic mandano avanti società satelliti, quelle semisconosciute. Ecco allora che in Piazza Affari spuntano Best Investment Corporation e Flourish. Comprano Eni, Enel, Generali, Unicredit e altro ancora. Su altre Borse sono attive la Terrific e la Stable Investment o la Beijing Wonderful Investment. Nessuna di loro è nel bilancio del Cic. Non manca una certa fantasia nei nomi. Da nessun parte, invece, se non in un conto custodia registrato alla State Street Bank di Sidney, c’è traccia della «Ssbt Od05 Omnibus Account». Tre anni fa è arrivato a essere socio, anche rilevante, di 170 aziende quotate giapponesi. Misteriosi gli investitori. Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal dietro Ssbt vi sarebbero proprio i cinesi di Cic e Safe, l’altro grande fondo sovrano. In Europa la piattaforma da cui si diramano gli affari è in Lussemburgo. Qui è registrata Land Breeze, holding da 7,3 miliardi di dollari di asset, tra cui il 30% del polo di esplorazione di Gdf Suez: 3,2 miliardi di valore.
I giganti del credito
Poi c’è il fronte interno, con le banche. E tanto per dare un’idea: Industrial andCommercial Bank of China (Icbc)è la prima del mondo per patrimonio che è quasi il doppio di quello della più grande banca giapponese (Mitsubishi) mentre la numero 2 è China Construction Bank che ha appena scalzato Jp Morgan. Prima di Alibaba il record per un’Ipo furono i 22 miliardi incassati nel 2010 da Agricultural Bank of China. Alcuni istituti sono quotati ma hanno due categorie di azioni e il controllo è sempre saldamente in mano alla coppia Cic-ministero delle Finanze.

Di recente è finita sotto inchiesta per un’ipotesi di concorso in riciclaggio nell’ambito dell’operazione Cian Liu-Money to Money (4,5 miliardi). Quando i cinesi della Shandon hanno acquistato (e salvato) gli yacht Ferretti avevano le spalle coperte dalla Icbc (400 mila dipendenti) che ha messo a disposizione 200 milioni e oggi ha in pegno tutto il gruppo. E sono della China Development Bank i 78 milioni che
la Winsun ha utilizzato in Sardegna per l’immenso parco fotovoltaico Enervitabio: 1.614 serre di 200 metri quadrati ciascuna con 107 mila pannelli fotovoltaici. Il progetto quest’estate è stato bloccato dal Tar.Jp Morgan e Blackrock hanno piccole partecipazioni in Icbc e Agricultural Bank, quest’ultima partecipata anche dalla Qatar Investment Authority mentre in Bank of China la svizzera Ubs ha un consistente pacchetto di bond convertibili. La Bank of China in Italia ha aperto una filiale a Milano 16 anni fa e tra le carte consegnate al notaio c’era lo statuto della casa madre datato 1980 che diceva così: «La Bank of China partecipa alle attività finanziarie internazionali al servizio della modernizzazione della costruzione socialista».
Due parrocchie
Ma una cosa è il Cic, con le sue banche commerciali, altra cosa la People’s Bank of China, la banca centrale, il soggetto finanziario con maggiori risorse al mondo, che qui in Italia conosciamo bene. Tra primavera ed estate ha varcato la soglia del 2% in grandi gruppi come Eni, Enel, Generali, Telecom, Fiat. Probabilmente la banca centrale si è mossa anche attraverso la sua controllata Safe. Cioè l’altro grande fondo sovrano cinese. Due parrocchie diverse, dunque, Cic e People’s Bank. Ma la potentissima diocesi è sempre la stessa.
14 ottobre 2014 | 11:35


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