martedì 25 febbraio 2014

Lucia Annunziata. "Cos'era?Un discorso o una provocazione dadaista ai senatori?

Lucia AnnunziataLucia Annunziata
Direttore, L'Huffington Post
Aggiornameno dell ore 23.15. Lezione notturna - che porto qui in aggiornamento del blog precedente. I senatori avevano criticato nel pomeriggio la pessima qualità del discorso con cui il premier Renzi ha chiesto la loro fiducia, dandogli nei fatti dell'incapace. Renzi nella replica finale notturna ha risposto ai senatori umiliandoli. Tirando fuori i suoi preferiti argomenti, del tipo: "voi non capite quel che dico perché siete il vecchio e io sono il nuovo, voi siete inutili, sono io invece a rappresentare gli italiani. Scontro violento pericolosamente avvicinatosi a una rottura non formale: può il Senato fischiare un premier, e può un premier accusare una camera di eletti di non rappresentare i cittadini che li hanno eletti? Ma non preoccupatevi. Nessun dramma. Nessuno strappo, davvero. Alla fine i senatori votano Renzi e Renzi si è preso i loro voti. La lezione notturna è in questa perfetta rappresentazione del perfetto opportunismo che è la colla di questo appena nato governo: la necessità divisa dai principi.
In riunione di redazione poco prima dell'arrivo del Premier al Senato avevamo deciso di rivederci il primo discorso di Tony Blair e il primo di Kennedy, convinti che ci saremmo trovati di fronte a un evento certo non altrettanto formidabile, ma di sicuro ambizioso......

E cosa c'è di più ambizioso di un uomo che ha afferrato per il petto il suo partito, la classe dirigente di un intero paese, per poi abbandonare le sue stesse promesse di rottamare il mondo e con una piroetta assegnare a se stesso il massimo potere, il ruolo di Premier?

Immaginavamo dunque che Renzi avrebbe usato la sua prima apparizione istituzionale per spiegare il suo fin qui complesso percorso; per rassicurare i già convinti senatori cui ha chiesto la maggioranza; per farsi conoscere mostrando magari aspetti finora andati persi nella corsa in cui è impegnato da anni; per sfidare i suoi critici, e, soprattutto, per fornire al paese tutto (e a tutte le opinioni pubbliche di altre nazioni che lo seguono con interesse e curiosità) il suo personale progetto di un nuovo futuro per l'Italia.

Ci aspettavamo insomma qualcosa magari non di storico, ma di sicuro pensato. Su una cosa fino a oggi dubbi non ci sono mai stati: che il nuovo Premier sia maestro di comunicazione. Ma anche questa certezza oggi traballa.

Il primo discorso di Matteo Renzi è stato infatti una deludente prova sia nella forma che nei contenuti. Improvvisato, con nessuna struttura ravvisabile, quel che in volgare si direbbe "un discorso senza capo né coda"; piuttosto un collage di tanti altri suoi interventi, comizi, battute e aneddoti. Per esempio: il pezzo che avrebbe dovuto essere più denso di emozione e visione, quello sulla bellezza italiana, l'avevamo già sentito nel suo addio pochi giorni fa alla carica di sindaco di Firenze. E siamo certi che ricordate anche voi la storia delle due ragazzine che siedono nello stesso banco, sono nate entrambe in Italia ma una di loro non ha la cittadinanza. Nulla da dire - hanno funzionato fin qui queste storie perché non riproporle?
La risposta è: perché Matteo Renzi non è uno che conduce uno spettacolo e dunque fa e rifà il suo numero più riuscito. Devo dire che non riesco neppure a ricordare quante volte ho già sentito quell'unica frase sull'Europa: "Il punto è che mettere a posto le cose di casa nostra non deriva da un obbligo europeo: non è la signora Merkel o il governatore Draghi a chiedere di essere seri con il nostro debito pubblico: è il rispetto che dobbiamo ai nostri figli, alle generazioni che verranno". Una curiosità invece mi rimane: "Quell'uomo che in un'isoletta immaginava gli Stati Uniti d'Europa in pieno conflitto", è evidentemente Spinelli. Perché non abbia colto l'occasione di regalarci il nome e qualche suo pensiero su questo padre della patria non mi e' chiaro.

Forse perché in questa logica del discorso a braccio, i contenuti entrano casualmente, insieme a tutto il resto , e non trovano un loro spazio di articolazione.

Le promesse per il nostro domani, pur enunciate con forza, sono rimaste dunque molto generiche. Abbiamo cosi' impegnativi obiettivi, ma slegati da ogni percorso. Quello definito prioritario, lo 'sblocco totale dei debiti della Pa", e' affidato a "un diverso utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti". Sulle tasse ha promesso un taglio di ben dieci punti delle tasse sul lavoro. Come? "Attraverso misure serie e irreversibili, non solo attraverso il taglio della spesa, per avere nel primo semestre del 2014 risultati immediati e completi". Il sussidio universale per i disoccupati, è tornato sotto queste striminzite spoglie: "Uno strumento universale a sostegno di chi perde il posto del lavoro e con regole normative anche profondamente innovative".
Fumosissimo invece - e forse non a caso - la parte sulla giustizia. Abbiamo capito che per Renzi si deve cominciare dalla giustizia amministrativa, proseguire con quella civile ("oggi la lunghezza del procedimento civile è tale per cui non solo se ne vanno gli investimenti ma anche la certezza che le situazioni siano redimibili") e poi con quella penale. Ma sul nodo politica-giustizia che ha lacerato il paese un solo passaggio: "dopo 20 anni le posizioni sono calcificate e intangibili". Seguito da un altro accenno che arriva come un inciso: "Questa è la vita reale che vorremmo informasse di più la discussione sulla giustizia: non, semplicemente, i nostri derby ideologici, ma la necessità di fare della giustizia un asset reale per lo sviluppo del Paese". Un po' poco, devo dire, per venti anni vissuti pericolosamente.
D'altra parte dobbiamo dire che sarebbe stato difficile forse fare meglio essendo Renzi arrivato al Senato senza un rigo scritto. Cos'è poi questa scelta? Una provocazione alla Renzi, un segno dadaista di diminutio di quel Senato che vuole abolire? O una scommessa alla James Dean su chi salta per ultimo dalla macchina che corre verso il bordo dell'aula senatoriale?
Ma Renzi non ha un gruppo di persone che lo aiuta? Se proprio non aveva tempo lui, non poteva esserci qualcuno che questo discorso lo scrivesse?

La verità, dicono però subito i renziani, è che questo intervento è perfetto così perché proprio così concepito e voluto. Quella che a molti è apparsa come improvvisazione - dicono - è solo l'ennesima prova della diversità del leader; che quello che "agli intellettuali", ai giornalisti e a "quelli che si ergono a maestri" (oddio, riecco la intellighentia che rema contro!) sembra mancanza di contenuti è solo un linguaggio che "parla al cuore"; che Renzi rimane un maestro del ribaltamento e della rottura perché parla alla gente.

Va bene così. Il potere di guidare questo paese passa fra oggi e domani, con il voto di Camera e Senato, saldamente nelle mani di un giovane (che non smette di vantarsi di essere tale) leader. Con il potere, la responsabilità. I prossimi mesi saranno dirimenti, come lui stesso dice.

Ma forse val la pena che qualcuno (come lo schiavo sul carro del trionfo nell'orecchio dell'Imperatore) gli ricordi che immaginare che ci sia un paese lì fuori e uno qui dentro, uno fuori della mura e un altro dentro, è un altro di quei miti antropologico-politici su cui si è scornata tanta sinistra in questi ultimi anni. Per dirlo più semplicemente: siamo per nostra fortuna una repubblica molto più accorta, molto più colta e molto più discernente di quel che si pensa e si ama ammettere. I contenuti in questo paese trionfano sempre. A volte anche quelli che non ci piacciono. E anche in quelli che non ci piacciono c'è sempre un pezzo di verità.

Il Premier-Sindaco Renzi troverà presto sulla sua strada la verifica che cerca.
 
 

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