martedì 30 gennaio 2018

Cinquant’anni fa la foto da Saigon e la guerra del Vietnam degli USA.



PS: Per ricordare e non dimenticare come le "guerre di invasioni" degli Stati Uniti d'America portavano e continuano a portare, la democrazia nel mondo. 

umberto marabese   

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Quell’immagine di ferocia da parte degli alleati USA, convinse moltissimi americani che quella guerra così lontana da casa era un’assurdità. Ci vollero anni prima del disimpegno, ma «Saigon Execution» di Eddie Adams fu una scintilla. È entrata nella storia del giornalismo di guerra con il nome di «Saigon Execution». Sono passati cinquant’anni da quella mattina dell’1 febbraio 1968. I sudvietnamiti e gli alleati americani erano stati presi di sorpresa dall’Offensiva del Tet, lanciata il 30 gennaio, all’inizio delle feste per il Capodanno lunare. I Viet Cong si erano materializzati come fantasmi dietro le linee, prendendo d’assalto anche l’ambasciata degli Stati Uniti a Saigon, combattendo casa per casa nell’antica capitale imperiale di Hue. Ma all’improvviso, la ferocia dell’incursione nordvietnamita fu rovesciata nella percezione dei cittadini americani che guardavano dalle loro case lontane i telegiornali di guerra. E fu a causa di quella foto: «Saigon Execution» (qui l’approfondimento «30 aprile 1975: a Saigon la sconfitta dell’Occidente» sul blog Poche Storie di Corriere)...

Un colpo solo



L’immagine successiva all’esecuzione (Ap)

L’immagine successiva all’esecuzione (Ap)
Saigon, 1 febbraio 1968: un Viet Cong era stato catturato sul luogo di una strage di civili, una trentina di corpi gettati in una fossa dai guerriglieri nordvietnamiti. Eddie Adams, fotoreporter della Associated Press, era sul posto e cominciò a scattare mentre il prigioniero in camicia a scacchi, calzoncini corti, scalzo, veniva circondato da soldati dell’Esercito del Sud Vietnam. Lo portarono fino alla jeep del comandante sudvietnamita, il generale Nguyen Ngoc Loan. L’ufficiale scese dal veicolo, tirò fuori la pistola, la puntò alla tempia del ragazzo Viet Cong. E sparò. Una frazione di secondo, la macchina fotografica di Adams colse l’orrore del volto che si contraeva, poi il corpo a terra, rattrappito negli spasimi della morte.
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La sequenza prima dell’esecuzione (foto Ap/Briscoe Center for American History)La sequenza prima dell’esecuzione (foto Ap/Briscoe Center for American History)
La scintilla
Quell’immagine di ferocia da parte degli alleati, unita all’impressione per la scoperta che il potente esercito degli Stati Uniti non era invincibile, come dimostrò l’Offensiva del Tet durata più di un mese, convinse moltissimi americani che quella guerra così lontana da casa era un’assurdità. Ci vollero anni prima del disimpegno, ma «Saigon Execution» fu una scintilla.
«Le foto non dicono tutto»
Però «le foto non raccontano l’intera storia, non dicono il perché», disse poi Adams, nonostante quel servizio gli avesse dato la fama mondiale e il Premio Pulitzer. Lavorando, il giornalista della Associated Press seppe che il Viet Cong ucciso sommariamente, brutalmente, si chiamava Nguyen Van Lem. Era capo squadra e secondo i sudvietnamiti aveva assassinato la moglie e i sei figli di uno degli ufficiali del generale Loan. Quei sette corpi erano nella fossa comune lì vicino. Questo, mentre scattava la serie di foto, Adams non lo sapeva. «Pensai che il generale volesse solo minacciare il nemico, terrorizzarlo per fargli rivelare dove si nascondevano gli altri; per questo mentre lui levava il braccio con la pistola io alzai il mio con la macchina fotografica». Invece il colpo, uno solo, che si propagò per il mondo.



Pubblicare o no?
Quando la foto in bianco e nero arrivò all’ufficio della Associated Press a New York, ci fu una riunione prima di decidere di distribuirla. Ricorda il direttore del servizio fotografico della Ap del tempo, Hal Buell: «Sapevamo che avrebbe suscitato due reazioni opposte: le colombe avrebbero detto: “Visto che alleati abbiamo in Sud Vietnam?”; i falchi avrebbero risposto: “Non l’avrebbero dovuta pubblicare”».
«Un prodotto del Vietnam sconvolto»
Il generale sudvietnamita Nguyen Ngoc Loan era considerato un eroe a Saigon, sempre in prima linea a galvanizzare i suoi soldati in quei giorni di panico, circondati da nemici invisibili, non in uniforme ma confusi tra la gente. «Se esiti, se non fai il tuo dovere, gli uomini non ti seguono», spiegò poi. Adams non si fece


Eddie Adams, Premio Pulitzer (1933-2004)
Eddie Adams, Premio Pulitzer (1933-2004)

convincere da quella motivazione: «Per me era un killer a sangue freddo». Ma poi, seguendolo per giorni e settimane, cambiò giudizio. Non solo perché venne a conoscenza della strage di civili compiuta dal Viet Cong. «Il generale è un prodotto del Vietnam in questi tempi», scrisse in un articolo.
La fuga a Washington
La guerra finì con il ritiro degli americani, con la bandiera a stelle e strisce portata via in elicottero dall’ambasciatore nel 1975. Tra le migliaia di sudvietnamiti che fuggirono negli Stati Uniti c’era anche il generale assassino. Quando sbarcò in America l’Ufficio Immigrazione e Naturalizzazione lo riconobbe subito e chiese di espellerlo. A Eddie Adams fu chiesto di testimoniare contro di lui. Ma il giornalista fece il contrario, lo difese raccontando le circostanze della «Saigon Execution». Disse in pubblico: «Ho vinto il Pulitzer per quella foto, mi hanno pagato per aver mostrato un uomo mentre uccideva un altro uomo. Due vite distrutte e io sono trattato da eroe».
Il ristorante del generale
Alla fine il Congresso americano rovesciò l’ordine di espulsione, l’ex generale si stabilì a Washington e aprì un ristorante che serviva pizza, hamburger e piatti vietnamiti. Restò in contatto con Adams, i due divennero amici. Loan morì di cancro nel 1998.
Le foto più belle
Eddie Adams, morto nel 2004, si sentiva più fiero per le foto del 1977 che raccontavano la storia dei boat people in fuga dal Vietnam riunificato. Quelle immagini contribuirono a convincere il governo degli Stati Uniti ad accogliere oltre 200 mila rifugiati.
La portaerei
A marzo la portaerei americana Carl Vinson visiterà il Vietnam. Segno dei nuovi equilibri geopolitici, con il governo di Hanoi preoccupato dalla forza della Cina. Per la prima volta dopo il 1975 un grosso contingente di marinai e aviatori statunitensi rimetterà piede nel Paese dove l’America ha perso la sua innocenza e il mito dell’invincibilità.

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