venerdì 19 gennaio 2018

Capotreno finito a processo«Condannato, ho fatto il mio dovere Non aveva timbrato il biglietto»



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umberto marabese
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«Condannato, ho fatto il mio dovere. Non aveva timbrato il biglietto»

Parla il capotreno finito a processo (pena inflitta 20 giorni) per aver fatto scendere dal treno un passeggero nigeriano. «Gli ho chiesto due volte il biglietto ma lui non mi dava retta... Poi mi ha preso a calci». Il migrante non è più in Italia dal 2016...

«Mi sono beccato calci e sberle per aver fatto rispettare le regole e sono stato pure condannato. È meglio che non ci pensi». Giornata difficile per il capotreno Andrea Favaretto. Perché la notizia che rimbalza da Belluno è di quelle che non aveva proprio messo nel conto: il tribunale gli ha inflitto 20 giorni di pena per tentata violenza privata e ha trasmesso gli atti alla Procura perché lo indaghi per abuso d’ufficio. Il motivo della tegola? Oltre due anni fa Favaretto, veneziano di 51 anni, avrebbe costretto un nigeriano a scendere dal treno alla stazione di Santa Giustina (Belluno) perché non gli faceva vedere il biglietto....
«Non mi dava retta»
«È andata così — racconta oggi il capotreno mentre sta salendo a Venezia in una carrozza diretta a Belluno —. Il collega del regionale precedente mi aveva avvertito che in stazione c’erano dei nigeriani che aveva fatto scendere. Quando l’ho visto a bordo gli ho chiesto il biglietto. Una, due volte, ma lui era sempre al cellulare e non mi dava retta. Ho così pensato di prendere il suo borsone e portarlo a terra, in modo che scendesse anche lui». Strategia azzeccata ma fino a un certo punto. Ne è infatti nato uno scontro fra lui e il nigeriano, un omone di 42 anni. «Mi ha seguito arrabbiato e mi ha preso a calci e sberle facendomi cadere gli occhiali. Io ho chiamato i carabinieri per poi risalire sul treno che doveva ripartire. Oh, io non sono razzista, faccio il mio lavoro e cerco di farlo bene con tutti, italiani o stranieri che siano».
Zaia: sentenza incomprensibile
Fin qui la versione del capotreno, che i colleghi descrivono come persona mite. Ma se davvero le cose sono andate così com’è possibile che i magistrati di Belluno abbiano deciso una simile condanna, bollata ieri come surreale e beffarda da vari politici (Luca Zaia ha parlato di «vicenda incomprensibile alla gente comune»)? 
In attesa delle motivazioni, che arriveranno fra un paio di mesi, una traccia si può trovare nel capo d’imputazione del processo. «Favaretto ha ritenuto di avere a che fare con un viaggiatore sprovvisto di legittimo titolo di viaggio», scrivono i giudici dicendo così che il nigeriano un biglietto ce l’aveva. E questa sarebbe la ragione per cui era furibondo e voleva risalire sul regionale partito da Belluno e diretto a Padova. «Se non sali non ti denuncio», gli aveva risposto Favaretto. Parole che ora gli costano l’abuso d’ufficio. «È stata una reazione istintiva dovuta alla concitazione del momento. Temevo che risalendo potesse aggredirmi un’altra volta. Quanto al biglietto, non era regolare: l’ha timbrato prima che arrivassero i carabinieri. L’ora impressa è infatti successiva a quella dell’arrivo in stazione».
«Ho la coscienza a posto»
Amaechi aveva dunque un biglietto. Il fatto è che non l’aveva mostrato subito al controllore, inducendolo a pensare il contrario. All’origine della vicenda potrebbe dunque esserci un banale malinteso. Costato al capotreno una graticola giudiziaria di due anni, una condanna e una nuova indagine. «Faremo certamente ricorso ma vorrei ricordare che c’è un procedimento per lesioni anche contro il nigeriano, che però risulta irreperibile», dice l’avvocato Jenny Fioraso che con Giorgio Azzalini difende il capotreno. Già: il nigeriano Amaechi Festus non è più in Italia da quasi due anni, come risulta alla polizia di frontiera di Venezia. Cioè, mentre carabinieri e magistrati indagavano e processavano il capotreno, lui stava altrove, espatriato. Tant’è che non si è neppure costituito parte civile. E forse oggi non sa che la giustizia italiana gli ha dato ragione. «A me invece ha dato torto... ma ho la coscienza a posto. Adesso la devo lasciare perché sono in servizio e il treno sta partendo»....

http://www.corriere.it/cronache/18_gennaio_19/condannato-ho-fatto-mio-dovere-capotreno-belluno-nigeriano-e2bde32e-fc94-11e7-80a4-a8d109924739.shtml

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