martedì 21 gennaio 2014

Bufera sul Pd, Cuperlo si dimette da presidente. "Allarmato dalla tua concezione del partito". Così l'ex capo della Fgci

Cuperlo, no a Renzi: si dimette da presidente Pd "Allarmato da tua concezione partito" -   lettera
"Allarmato dalla tua concezione del partito". Così l'ex capo della Fgci motiva la scelta di lasciare la presidenza del partito. I cuperliani guidati da Alfredo D'Attorre e i Cinque Stelle annunciano battaglia per rilanciare il fronte della scelta dei parlamentari da parte degli eletto.
ROMA -  Gianni Cuperlo si dimette da presidente del Pd. Lo annuncia lui stesso durante la riunione della minoranza alla Camera, leggendo la lettera inviata a Matteo Renzi e pubblicata anche sulla sua pagina Facebook, che motiva la sua decisione. Nel testo della missiva, Cuperlo ammette di essersi dimesso perché "allarmato" dalla concenzione che il segretario ha del partito. E di averlo fatto non per "rancore, ma per essere libero"......


Cuperlo ieri durante la direzione dem ha duramente criticato il sistema proposto dal segretario, al punto da lasciare l'assemblea per dissenso con le parole "sopra le righe" di Renzi. Sembrava che in un primo momento dovesse prevalere la linea morbida della richiesta di chiarimento con il segretario. E invece ha vinto la contrapposizione netta, che ha portato il presidente alle dimissioni.

La partita legata al pacchetto delle riforme, dunque, si complica. Perchè se è vero che il segretario ha vinto il primo round sulla via che dovrebbe portare a una legge elettorale in grado di favorire governabilità e alternanza (listini corti in un territorio suddiviso in molti collegi, doppio turno se nessuna coalizione raggiunge la soglia minima del 35% per ottenere il premio di maggioranza), è pur vero che queste dimissioni sono la conferma della profonda frattura interna con la minoranza del partito. Minoranza che però rappresenta, in Parlamento, la maggioranza dei deputati e senatori democratici. Una circostanza che non renderà facile il percorso del segretario. La battaglia su cui si sono schierati infatti sia alcuni esponenti della minoranza Pd (come il cuperliano Alfredo D'Attorre) che il Movimento Cinque Stelle è quella sulle preferenze.

Le reazioni. Il primo commento al gesto di Cuperlo è del 'ministro-sentinella' di Renzi, Graziano Delrio che si dichiara sorpreso: "Non riesco a capire, non vedo le ragioni di un gesto del genere, anche perché il Paese attraversa un momento davvero importante. Abbiamo messo in piedi un quadro di portata storica che può far nascere la terza Repubblica e tutti, sia i partiti di maggioranza che di opposizione, sono impegnati perchè questa riforma venga approvata".

Il deputato Dario Nardella, fedelissimo del segretario, aggiunge: "Cuperlo sarebbe stato un ottimo presidente ma capisco che il ruolo di garanzia mal si concilia con la volontà di guidare la minoranza. Non condivido invece le critiche fatte all'idea di partito di Renzi":

Meno delicato Il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia alla Camera: "Cuperlo si dimette, dunque esiste - si legge nel comunicato dei deputati forzisti- Pare che il citato Cuperlo si sia ritirato in una stanza offeso poichè Renzi gli ha ricordato che lui ora invoca le preferenze, ma in passato si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultra garantiti da Bersani. Ehi, che ignorante che è Renzi: è il materialismo dialettico, compagni".
No al diktat di Renzi. Oltre al tema delle preferenze, l'altro bersaglio delle critiche interne al partito democratico è il diktat imposto dal segretario, che ieri in direzione ha precisato: "Il pacchetto di riforme non è à la carte. O si vota in blocco così com'è o salta tutto". E questa mattina Rosy Bindi, pur apprezzando l'impianto del doppio turno di coalizione e lodando la spinta impressa dal segretario alle riforme costituzionali, critica: "E' anche vero che le cose importanti si fanno insieme e si fanno sempre rispettando le regole. E' però impensabile - ha aggiunto - che un accordo così importante sulla legge elettorale arrivi in Parlamento blindato, senza nessuna possibilità di modifica".

Anche il deputato Pd Davide Zoggia ha criticato, ad Agorà, su Rai3, la chiusura di Matteo Renzi a qualsiasi modifica alla legge elettorale. "Io non ho mai visto una direzione del nostro partito in cui il segretario si presenta e dice: questo è il nostro pacchetto, prendere o lasciare. Si può anche fare a meno di fare la direzione se questo è il punto di approdo".
 

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