sabato 8 giugno 2013

Inceneritore, inutile lo studio sulla salute. di Carlo Proietti, specialista in medicina del lavoro.




Il piano di sorveglianza sanitaria sulle popolazioni residenti nei pressi dell'impianto del Gerbido non offre alcuna garanzia. Non sarà in grado di rilevare aumenti significativi (del 10-15%) di eventuali sostanze inquinanti. E costa 2 milioni.
Tra le “garanzie” che le amministrazioni locali hanno proposto in relazione alla costruzione dell’inceneritore del Gerbido, alle porte di Torino, è sempre stato enfatizzato il Progetto di sorveglianza sanitaria sulla popolazione residente nelle vicinanze dell’inceneritore del Gerbido che sarà condotto dall’Asl TO3, dall’Asl TO1 e dall’Arpa. Un piano che dovrebbe rappresentare una garanzia per la salute dei cittadini, al punto che alcuni sindaci in riunioni del Comitato locale di controllo hanno protestato perché non erano stati coinvolti gli abitanti delle loro comunità.

In realtà, tale studio – pur condotto, a quanto sembra, con criteri scientificamente ineccepibili - non offre alcuna sicurezza, proprio per la natura stessa della rilevazione in grado di accertare eventuali sostanze tossiche (diossine e PCB in particolare), solo se si presentano in quantità molto elevata. Lo sostiene Carlo Proietti che, prima di essere un politico (è capogruppo della lista civica di Grugliasco Democratica), è un autorevole specialista in medicina del lavoro. «Un ipotetico aumento dei livelli di assorbimento di diossine e PCB dell’ordine del 10-15% in soli tre anni, è un fatto di assoluto rilievo. Soprattutto in una zona dove negli ultimi 60 anni l’inquinamento ambientale (e conseguentemente l’assorbimento di sostanze tossiche da parte degli esseri umani) è stato estremamente rilevante. Il problema è che il Progetto di sorveglianza sanitaria non è in grado di accertare aumenti di questo livello», spiega.....


Ma in cosa consiste tale programma? «Nel prossimo periodo saranno sottoposte ad accertamenti sanitari 196 persone residenti nella zona in cui è prevista una maggiore ricaduta delle emissioni dell’inceneritore e altrettante persone residenti in un’area che sarà poco interessata da questo inquinamento. Il primo gruppo sarà la “popolazione esposta” ed il secondo sarà il “gruppo di controllo”. Al di là di un accurato controllo della salute di carattere generale, saranno determinati i livelli di assorbimento di una serie di metalli pesanti con analisi di diverse matrici biologiche (sangue o urine). Per due sottogruppi di 50 persone saranno determinati anche i livelli delle diossine e dei PCB. E dopo 3 anni saranno efffettuati i medesimi controlli per rilevare e valutare i cambiamenti intervenuti. I risultati saranno disponibili tra circa quattro anni».

Sulla carta un piano ineccepibile, non fosse che alla domanda posta nella seduta del Comitato locale di controllo del 29 maggio scorso dall’assessore all’Ambiente di Rivalta, Gianna De Masi, circa la quantità minima degli aumenti che l’analisi sarà in grado di rilevare, la risposta dei medici è stata perentoria: “Lo studio sarà in grado di dare risultati statisticamente significativi per aumenti dell’assorbimento superiori al 20%”. In altri termini, aumenti prevedibili dell’assorbimento delle sostanze tossiche dell’ordine del 10-20% non risulteranno statisticamente significativi, in quanto compatibili con la variabilità casuale.

«Per quanto ci è dato di capire – continua il dottor Proietti - lo studio ha basi scientifiche robustissime ed è stato progettato da  professionisti altamente qualificati. Occorre anche dire che la qualità scientifica dello studio è stata sottoposta al vaglio di tre professionisti di fama internazionale, tra cui il professor Benedetto Terracini, “padre” dell’epidemiologia dei tumori in Italia. Ma per stessa ammissione di coloro che condurranno le rilevazioni un aumento dei livelli di assorbimento di diossine e PCB dell’ordine del 10-15% non potrà essere registrato. Allora, se il Progetto di sorveglianza sanitaria non è in grado di accertare aumenti di questo livello, possiamo solo asserire che questa sorveglianza sanitaria non s’ha da fare». A voler essere maliziosi verrebbe da pensare che uno studio di questo tipo abbia come obiettivo dimostrare – a priori - che “non è stato documentato un aumento”, tralasciando il fatto che le caratteristiche consentono, appunto, di accertare solamente aumenti estremamente rilevanti. «Oserei dire, aumenti di entità tale da non essere prevedibili».

C’è, infine, il tema dei costi, tutt’altro che marginali. Gli amministratori locali, di Comuni e Provincia, hanno deciso di stanziare per questo studio circa 2 milioni di euro. Soldi derivano in parte da compensazioni “ambientali” non attuate ed in parte saranno messi da Trm, la società che gestisce l’impianto. In altri termini saranno pagati dai cittadini con la tariffa rifiuti. «Raramente studi scientifici di carattere epidemiologico hanno a disposizione simili risorse – nota Proietti -. C’è da chiedersi se il tipo di risultati che lo studio potrà fornire giustificano una spesa di questa entità. A posteriori l’affermazione ripetuta nei mesi passati in almeno un paio di occasioni da parte di uno dei responsabili del Progetto “Badate bene che questo tipo di studi deve fare i conti con i limiti della scienza e della conoscenza” sembra assumere un significato più preciso. E allora mi viene il dubbio che, sul piano politico, qualcuno abbia scelto di portare avanti un’iniziativa scientifica molto avanzata, che aveva il solo “limite” di poter accertare aumenti dell’assorbimento di sostanze tossiche, diossine e PCB in particolare, solo di entità molto elevata». Più utile sarebbe controllare accuratamente ciò che entra nell’inceneritore. «Spendere i soldi per fare questo, forse, può proteggere da qualche ulteriore esposizione indebita ed evitare qualche danno alla salute. Fare lo studio di sorveglianza sanitaria servirà solo ad una politica parolaia che intende scansare le proprie responsabilità».

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