domenica 14 febbraio 2016

I ribelli abbandonati dagli alleati: «Ci accusano di essere dell’Isis»...invece sono solo dei traditori della patria!

PS: Il Colonello" traditore della patria Siria" ha detto finalmente che..."«Siamo stati abbandonati dai nostri alleati. Gli aiuti forniti dagli Stati Uniti, la Nato e in generale il fronte anti-Assad, sono irrisori...>> ...ergo, i mandanti e quindi responsabili delle migliaia e migliaia di inermi civili, uomini, donne e bambini che sono stati trucidati e/o costretti a fare gli immigrati. A proposito, nella NATO c'è pure l'Italia governata dal Pd...complimenti !

umberto marabese

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La disperazione dell’ex colonnello di Assad Abdul Jabbar Akidi che ha guidato per due anni il nuovo Esercito Siriano Libero: «La dittatura vince sulla democrazia»

di Lorenzo Cremonesi, nostro inviato a Gaziantep (Turchia)

Dalla rivoluzione popolare per rovesciare la dittatura di Bashar Assad alla lotta partigiana contro l’occupazione della Siria da parte dei russi assieme all’Iran e alle milizie sciite. Differiscono per enfasi e dettagli le reazioni dell’opposizione siriana all’intensificarsi delle operazioni militari russe delle ultime settimane, ma nella sostanza concordano su di un punto: la superiorità bellica degli avversari è divenuta tale che occorre passare dalla guerra aperta alla guerriglia; non più pretendere di controllare il territorio, bensì organizzarsi in cellule pronte a colpire e sparire tra una popolazione che in larga maggioranza resta ostile al regime di Damasco.
Speranze negate
«Siamo stati abbandonati dai nostri alleati. Gli aiuti forniti dagli Stati Uniti, la Nato e in generale il fronte anti-Assad, sono irrisori rispetto al sostegno che Mosca, Teheran e le milizie sciite regionali garantiscono alla dittatura criminale che domina a Damasco. È una situazione ben triste....
Noi, che incarnavamo le speranze per una Siria democratica, siamo stati accusati di simpatizzare per Isis e il terrorismo jihadista. Vince la dittatura contro la democrazia e voi occidentali ne siete complici. A parole l’Occidente e il mondo libero ci hanno incoraggiato. Salvo alla prova dei fatti lasciarci soli. Oggi le poche armi e munizioni che arrivano ai nostri gruppi sono nulla rispetto a ciò che invia Mosca», sostiene il 50enne ex alto ufficiale dell’esercito siriano Abdul Jabbar Akidi incontrato sabato sera nel suo ufficio a Gaziantep. Una figura nota. Akidi era colonnello nelle prime fasi delle rivolte cinque anni fa, quando decise di disertare per unirsi a coloro che «volevano portare la libertà nel nostro Paese». Per due anni ha comandato con il grado di generale il nuovo Esercito Siriano Libero, sino al novembre 2013, quando si è dimesso «per protesta contro le troppe divisioni interne». Da allora resta però uno dei militanti più attivi e molto consultato degli esperti militari. «Ovvio che i nostri uomini non hanno la capacità di fronteggiare sul campo i jet russi e neppure le addestrate e ben equipaggiate formazioni di Guardie della Rivoluzione iraniana o di Hezbollah libanesi e sciiti iracheni. Però possono darsi alla macchia, colpire e dileguarsi. La stragrande maggioranza dei siriani è con noi. I russi e gli iraniani non potranno restare nel Paese per sempre. Dalla rivoluzione alla lotta di liberazione: faremo in modo di rendere la loro permanenza difficile. E alla fine Assad si rivelerà per quello che è: un burattino a capo di una struttura dissanguata, minoritaria».
Cessate il fuoco
Quanto agli accordi sul cessate il fuoco appena faticosamente raggiunti a Monaco tra Stati Uniti e Russia, il giudizio di Akidi fa eco alle decine che abbiamo raccolto tra dirigenti e militanti dell’opposizione siriana rifugiati in Turchia: «Non hanno alcun valore, sono morti sul nascere». «Vale lo stesso principio che ha caratterizzato il recente fallimento dei colloqui di Ginevra e quelli di Vienna: non è possibile negoziare mentre i nostri nemici ne approfittano per attaccare ancora più duri. Ad Aleppo oltre 400 mila civili sono sotto assedio, a Homs più di 300 mila, oltre a decine di villaggi ridotti alla fame», risponde Mohammad Abu Mazen, 37enne avvocato che dirige i 1.250 combattenti di una brigata operante a Homs. E aggiunge un’osservazione preoccupata: «Noi siamo convinti che, dopo aver battuto nel sangue le nostre milizie del fronte moderato, i russi cominceranno ad attaccare Isis. E ciò gli farà guadagnare consensi tra le opinioni pubbliche occidentali. Ma toglierà ben poco al fatto che la maggioranza dei siriani non vuole più Assad. Noi continueremo a batterci». Le ultime cronache dal terreno confermano il proseguimento dell’offensiva a guida russa. La stretta attorno ad Aleppo si è fatta più aggressiva, con l’irruzione delle forze pro-iraniane in almeno tre villaggi nei settori settentrionali. L’esercito turco intanto ha fatto fuoco contro le milizie curde siriane, che avevano approfittato del caos per catturare i villaggi di Malkiyeh e Mannagh..................

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