domenica 31 luglio 2016

Maurizio Blondet - Sull’unica religione che si deve professare. Pubblicamente. Specie da Papi.

Sull'unica religione che si deve professare. Pubblicamente. Specie da Papi.

L’Occidente laico, come noto,  intima che  ogni religione venga confinata nel privato. “Religione e politica devono restare separati”  ordina:  nel senso che  il politico lasci la sua fede (se ne ha una) in guardaroba prima di entrare in parlamento; nessuna  ‘autorità’ osi  criticare legislazioni che legalizzano vizi  ( sodomia e droghe), delitti  (aborto)  e peccati, con l’argomento   che  esiste una distinzione tra Bene e Male, che la legge  deve salvaguardare; o peggio,  eccepisca che violano i dieci comandamenti: altrimenti  sarà accusata di “intollerabile ingerenza”  e di voler imporre “dogmi” alla libertà dell’uomo finalmente liberato  da ogni tabù, e  sarà escluso dallo spazio pubblico.
La laicità assoluta però comporta un’eccezione. Molto vistosa.    Esiste una religione che deve essere professata pubblicamente e obbligatoriamente – come fu un tempo la religione di Stato romana che imponeva  di bruciare un grano d’incenso al Cesare  regnante, riconoscendone la divinità.   Anzi, è la sola religione rimasta ad essere   obbligatoria per legge.  La  “religione dell’olocausto”  deve essere professata  in modo pubblico, davanti a telecamere e giornalisti,  da tutte  le personalità pubbliche; governanti che  vogliono avere una legittimità internazionale,   politici  che vogliono essere rispettabili,  ma soprattutto papi, devono ritualmente recarsi ad Auschwitz  e compiere il rito prescritto. Un rito di pentimento pubblico: col quale  l’importante penitente   riconosce la sua parte  nella colpa ineliminabile di avere  – come membro del genere umano –    partecipato al Genocidio del Popolo Eletto.   Una macchia che  oscura  qualunque uomo, per il solo fatto di essere nato – come il peccato originale di Adamo.....

In qualunque altra religione, uno è libero di dichiararsi agnostico  e  non-credente;  anzi  può bestemmiare  il Dio degli altri, o il loro Profeta, e  sarà esaltato come un eroe della libertà di espressione, o un   suo martire (vedi redazione di Charlie Hebdo).  Nell’Unica Religione Rimasta, non è permesso essere agnostici – esimersi dal culto dicendo   di non esser sicuri come siano andate le cose.  Lo  scetticismo è già sospetto, qualcosa che è prudente tenersi   per sé.   Contro i miscredenti – che negano il Numero Dogmatico di 6 milioni,  ad esempio  –    in tutta  Europa sono state varate apposite leggi penali che puniscono col carcere  l’espressione pubblica dell’incredulità.
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Siccome è già il terzo pontefice   che si sottopone al rito pubblico,  la liturgia  è ormai sufficientemente consolidata.  Entrato solo, a piedi, a capo chino oltre il lugubre cancello,   egli abbraccia i “sopravvissuti della Shoah”   che lo attendono oltre il cancello,  in silenzio arcigno,    a controllare che non sgarri. Infatti non ha sgarrato,  Francesco El Papa. Ha scritto nel libro d’onore: “Signore, perdono per tanta crudeltà”,  come appunto (è prescritto) se tanta crudeltà fosse colpa della Chiesa cattolica passata presente e  futura.  Oggi, la Chiesa vieta di evocare la “colpa collettiva” degli ebrei nella esecuzione di Cristo;   ma   gli ebrei  ci possono accusare della  “colpa collettiva”  di   averli voluti sterminare, anche se non siamo SS e nemmeno tedeschi, anzi nemmeno europei. E’ la colpa collettiva che pesa su di noi in quanto esseri umani,   ossia non-ebrei.
Ovviamente nel varcare il cancello di Auschwitz e camminare verso “i sopravvissuti”,   il Papa deve stare in silenzio: non è consentito  profanarecon una   orazione  cristiana   il  luogo dove l’Innocente Collettivo è  stato sterminato.  Non certo a caso infatti, negli anni ’90,   gli ebrei fecero sloggiare  un convento di carmelitane,  contemplative,  che  Chiesa polacca aveva insediato all’interno del campo.
“Un’offesa ai milioni di vittime”,  s’indignarono le comunità.  Il punto  non è solo che non si deve pregare alle loro vittime con  parole di Cristo. E’ chenon si deve pregare Dio, che s’è reso colpevole di non aver salvato il suo popolo eletto.   Difatti, il penitente ecclesiale deve ripetere ritualmente: “Dov’è Dio?”.
Vorrei si capisse  la profondità liturgica di questa formula. Non è la domanda “dov’era Dio?”, in fondo un  grido di umana disperazione nella sciagura . È la radicale protesta ebraica: “Dov’è Dio, se dopo tante promesse non ha tenuto fede al Patto?”. Dov’è,  se  invece di darci i potere sul mondo, ci ha abbandonato ai nostri nemici?  Quindi:   o Dio non c’è, oppure  non ha tenuto fede  all’Alleanza,  e quindi il suo popolo l’ha licenziato  e s’è fatto dio di sé stesso. L’Innocente Assoluto, infatti, è Risorto e vive  trionfante  nella Casa di Israele, che s’è preso da sé.
Infatti  anche ‘Francesco’, il capo della Chiesa cattolica, ha voluto  ripetere: “Dov’è  Dio?”. Non al passato, ma al presente.
D’accordo, dopo, nel pomeriggio,    durante la Via Crucis coi giovani, ha dato le risposte cristiane: “Dov’è Dio quando tanti innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa di gravi patologie? (…)  “Dio è in chi soffre” – ha persino evocato la via della Croce “che non è un’abitudine sadomasochista” (sic).  Ma, appunto, l’ha detto dopo, ossiafuori dal cancello. Ad Auschwitz non ha voluto rompere il silenzio verso Dio, reso obbligatorio dalla sola religione  pubblica rimasta obbligatoria.   Ha  chiesto “Dov’è Dio?”  laddove padre  Kolbe francescano aveva “dimostrato” la presenza di Cristo nella sua carne, imitandolo e incarnandolo,   offrendo la sua vita per salvare  un altro, morendo al suo posto, e di che morte!
Ma dentro Auschwitz, bisogna adeguarsi al rituale: negare Dio, è la liturgia a cui deve attenersi anche un Papa, in quella   che appunto è l’unica religione rimasta pubblica e obbligatoria,   che va’ professata da qualunque potente. Spero si vedrà qui l’analogia col culto che si doveva rendere al nume di Augusto, obbligatoriamente e  in modo pubblico.  Con l’aggravante che Augusto non pretendeva certo di essere l’Agnello sacrificato per noi e risorto. La nuova e sola religione pubblica rimasta obbligatoria ha infatti il carattere di parodia del sacrificio cristiano:   vi si celebra l’Agnello  collettivo, l’Eletto, l’innocente martoriato dal genere umano collettivamente colpevole del suo genocidio immeritato, oggi  risorto, che ha riscattato “la sua eredità” che JHVH non gli  dava…
Migliaia di cristiani si  lasciarono  suppliziare pur di non bruciare quel grano d’incenso. Posso immaginare persino   la costernazione di qualche buon funzionario romano che, di fronte al  rifiuto ostinato di un senatore e di un nobile, non volendo mandarlo  ad beluas, l’avrà chiamato da parte sussurrandogli: “E che ti costa?  Fallo! Forse che io ci credo, che Augusto è dio? Ma non ci crede nemmeno lui, Caesar! E’  solo una convenzione! Un atto formale, che non implica adesione   intima”.
Anche oggi, i padroni non pretendono che tu ci creda con intima fede. A loro basta che professi la religione   pubblicamente, e obbligatoriamente; e se   hai dei dubbi, che te li tieni per te.  Allora,   migliaia di cristiani si rifiutarono a quel gesto formale e pubblico; e la Chiesa lo  esigeva a scampo della dannazione. Oggi già tre papi hanno bruciato il loro incenso su quell’altare del falso agnello;  l’ultimo poi, chiamerebbe quei martiri di allora dei dottrinari farisaici, attaccati alle forme.
Se  qualcuno pensasse che si esageri,   il 27 luglio scorso Lisa Billig-Palmieri, rappresentante  dell’Ajc (American Jewish Committee) presso la Santa Sede , ha lanciato un altoltà alla Chiesa contro la riammissione delle Fraternità San Pio X:    vanno tenuti fuori, perché non credono al dogma olocaustico, e non devono rientrare fino a  quando non accettano l’Unica Religione Rimasta.


Già il ‘rav Di Segni’  (non si dica più rabbino, ma rav – è più augusto)  si  scagliò contro Benedetto XVI per lo stesso motivo (gennaio 2010): “Se la pace con i lefebvriani significa rinunciare alle aperture del Concilio, la Chiesa dovrà decidere: o loro o noi!”.  Linguaggio di rozzezza  ineguagliata e  insulto inaudito, ma “loro”  pretendono di ingerirsi negli affari della Chiesa,  e sanno di essere obbediti. Naturalmmente, guai a chi prova a criticare loro: si macchia del peccato di Antisemitismo, e  cade tra i sospetti di Negazionismo.   E poi mi   venite a parlare di laicità? Tutte le religioni vanno subordinate all’Unica Rimasta Obbligatoria.
Anni fa una  Femen saltò sull’altare della chiesa della Madeleine, e denudatasi il seno vi urinò.  Provasse a farlo ad Auschwitz.

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