giovedì 31 maggio 2012

Governo D'Alema: l’introduzione di ulteriori forme di precarizzazione e di flessibilità

Questa mattina, in una "faccia a faccia" via webb con il mio amico consigliere comunale e segretario del Pd di Grugliasco, parlavamo di come i due partiti, Pd e Pdl, che hanno governato l'Italia negli ultimi 15 anni, non avessero(la mia visione) nessuno dei due messo in campo "leggi" o qualsivoglia procedimento a favore dei "lavoratori-tutti", ossia quelli che producono il famigerato PIL, non cero quello che lo guardano sui diagrammi dei giornali e, quando diminuisce è colpa dei lavoratori e , nella remotissima possibilità aumenti, è merito loro.
Un esempio: i un piccolissimo spicchio di tempo di "governo", ecco cosa è riuscito a fare l'On. Massimo D'Alema......continua...
Il governo "D'Alema"
Al governo Prodi subentrò il governo D'Alema, formato il 21 ottobre 1998 grazie ai voti dell'UDEUR
di Francesco Cossiga e del Partito dei comunisti italiani di Armando Cossutta , separatosi da Rifondazione
comunista proprio perché in dissenso sul voto contrario con cui il partito aveva fatto cadere il governo di
Romano Prodi.
Sulla caduta del Governo Prodi si è detto molto: spesso la colpa è stata addebitata a Rifondazione, ma c’è
stato anche chi ha individuato una manovra più complessa collegata alla decisione, presa da lungo tempo,
di normalizzare comunque i Balcani. La macchina bellica della NATO doveva essere messa in moto, ma
per farlo era indispensabile l’adesione incondizionata dell’Italia. Che fare? Per l’alleato americano c’era
l’esigenza di provocare in Italia un mutamento di governo e ottenere una maggioranza più adatta alle
urgenti esigenze belliche della NATO, mentre il ricorso alle elezioni presentava troppe incognite, ed era
quindi rischioso.
"A questo punto è stato attivato il più autorevole dei terminali CIA nel sistema politico italiano, l’ex
Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, l’uomo di Gladio"
( Domenico Gallo ).
In quattro e quattr’otto Cossiga ha staccato un gruppetto di parlamentari dal Polo e creato l’UDEUR, con
cui ha potuto sostituire Rifondazione. D’Alema si è candidato a premier del nuovo governo atlantico
dichiarando, in relazione all’Activaction order, che la disponibilità delle basi italiane era un "atto dovuto".
Abbiamo avuto così D’Alema presidente del Consiglio e Scognamiglio ministro della Difesa.
"…in Italia avevamo dovuto cambiare governo proprio per fronteggiare gli impegni politico-militari che si
delineavano in Kossovo…la presenza di Rifondazione…non avrebbe consentito di impegnarsi in azioni
militari. Per questo il senatore Cossiga ed io ritenemmo che occorreva un accordo chiaro con
l’on.D’Alema". ( Scognamiglio sul Foglio del 4 ottobre 2000).
L'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, non nuovo ad esternazioni che aprono barlumi di
luce sui veri retroscena della vita politica del nostro paese, si lascia andare, sul settimanale "Sette" del
"Corriere della Sera", in edicola la settimana intorno al 25.1.01, alla seguente confidenza:
"- Ho dato vita all'operazione più' ardita contribuendo a portare a Palazzo Chigi il primo postcomunista.
- Si e' pentito?
- Assolutamente no. Indegnamente ho fatto quello che aveva in mente Aldo Moro. E poi c'erano esigenze
pratiche. Non saremmo stati in grado di affrontare la crisi del Kosovo, se avessimo avuto un governo
Prodi. D'Alema, come tutti quelli educati alla scuola comunista, non e' un pacifista.
- D'Alema guerrafondaio?
- Il pacifismo comunista non esiste. Mentre esiste il pacifismo cattolico e certamente ne era parzialmente
intriso Prodi."
La storia raccontata da Cossiga e' un'ulteriore conferma di quanto certe decisioni siano imposte ancora
oggi all'Italia da "centri di potere" e interessi che nulla hanno a che fare con quelli esplicitamente
riconosciuti dall'apparente democrazia formale che vige nel nostro paese. In sostanza chi, per la sua
posizione, conosce in anticipo come si svolgeranno certi avvenimenti, è in grado sempre di intervenire per
piegare gli avvenimenti secondo gli interessi della propria lobby, con qualsiasi mezzo più o meno lecito, e
con pratiche di chi si reputa al di sopra della legge. Il governo D'Alema, infatti, diede l'appoggio italiano
alla missione della Nato in Kosovo, nella primavera del 1999, sempre con l'avallo dell'opposizione
guidata …costruttivamente dall'on. Berlusconi.
Questa è stata una lurida e tristissima pagina di storia scritta in Italia da una sedicente "sinistra",
che ha consumato uno storico tradimento della nostra Costituzione, alleandosi ai generali della
NATO, al servizio delle cosiddette democrazie liberali e… socialdemocratiche.
Massimo D'Alema il 19 aprile 2000, dopo aver superato una prima crisi il 18 dicembre del 1999 per la
defezione dei socialisti, e avere formato, il 22 dicembre dello stesso anno, un nuovo governo, si dimise per
la secca sconfitta del centrosinistra alle elezioni regionali della primavera 2000.
La tela del ragno, tessuta da, e per, i poteri forti, si era tanto consolidata ed estesa da inglobare
anche tutta l'area politica del centro e della cosiddetta sinistra…"moderata".
Infatti, con D'Alema a capo dell'esecutivo, si sono rafforzati i poteri del premier, che, ad esempio, potrà
nominare uno staff di persone di sua fiducia da affiancare al personale di ruolo della presidenza, che a sua
volta sarà profondamente riorganizzato.
E' evidente che tali misure anticipano il premierato e si inquadrano perfettamente nell'ordinamento
presidenzialista e federalista dello Stato, che è già stato tracciato in linea di principio dalla Bicamerale
"golpista", e che è al centro della ripresa della discussione tra i gruppi parlamentari sulla controriforma
neofascista della Costituzione.
Oltre al presidenzialismo e al federalismo, è il liberismo l'altro principio ispiratore della controriforma di
D'Alema e Bassanini: la riduzione e la riorganizzazione dei ministeri, con la creazione delle agenzie, va
incontro al principio del ritiro dello Stato da tutta una serie di competenze e doveri sociali, in favore del
mercato capitalistico, che diventa il soggetto principale al posto dell'interesse pubblico. Emblematica in
questo senso è la cancellazione dei dicasteri dell'Agricoltura e della Sanità, che presuppone il ritiro dello
Stato, cioè del controllo pubblico, da questi due settori strategici per il paese e per la vita delle masse, e
quindi la loro totale subordinazione agli interessi privati e alla speculazione.
In politica economica, D'Alema ha proseguito la linea di Prodi di attacco al welfare state, di riduzione dei
diritti dei lavoratori, anche mediante norme limitative dello sciopero (2000), e di privatizzazione
dell'economia.
Sottoscrisse perfino il documento di Tony Blair per il vertice di Lisbona, nel quale veniva sostenuta la
necessità dei licenziamenti, ma poi ritirò la sua firma (2000).
Del resto, fin dall’inizio, nella sua ansia di legittimazione, il governo D’Alema ha svelato il suo carattere
di continuità con le precedenti politiche di attacco alle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, con
l’introduzione di ulteriori forme di precarizzazione e di flessibilità, che vanno da varie forme di
contratti atipici fino ai patti d’area e l’apertura di agenzie di nuovo caporalato diffuso.
Ma il capolavoro del governo D’Alema sulla strada dello smantellamento delle conquiste sociali dei
lavoratori in tanti anni di lotte e di sacrifici non finisce qui. Lungo è l’elenco:
· finanziamento pubblico dell’impresa privata e della scuola confessionale e confindustriale,
· la legge sulla sussidiarietà del servizio pubblico con istituti privatistici,
· la privatizzazioni a tutto vantaggio delle imprese,
· la costruzione dell’esercito professionale, e la riforma dell’esercito italiano con la determinazione
dell’autonomia del corpo dei Carabinieri in prospettiva della repressione dei movimenti,
· taglio delle spese sanitarie e finanziamento di spese di carattere militare, (progetto di costruzione di
un nuovo aereo da guerra),
· tagli di finanziamento a enti locali, alla scuola pubblica, al sistema dei trasporti pubblici, al
personale nel pubblico impiego,
· la legge aberrante che riguarda l’allargamento dei termini di carcerazione preventiva da 18 mesi a 2
anni.
E che cosa possiamo dire del caso Ocalan?
Quando Abdullah Ocalan si rifugiò in Italia, il governo D'Alema, assecondando le pressioni che venivano
dal segretario di stato Usa Madeleine K. Albright, si affrettò ad attribuire al leader kurdo la qualifica di
"terrorista" (novembre 1998) per non riconoscergli lo status di rifugiato - "è apparso con chiarezza che non
vi erano le condizioni [...] per concedere l'asilo politico" ("Corriere della sera", 20 febbraio 1999). Una
decisione giudiziaria, arrivata dopo che l'esule era stato costretto a lasciare l'Italia, riconobbe, invece, che
quelle condizioni esistevano. Una pagina vergognosa di tradimento, non solo di un combattente contro
l'oppressione, ma di un popolo intero, in cambio della legittimazione del governo da parte degli Usa. Un
atto spregevole e un atto servile.
E che dire del sostegno attivo alla guerra in Yugoslavia?
Il coinvolgimento nel conflitto si caratterizzò, sin dall'inizio, come ampio e senza riserve: "Quando la Nato
deciderà di intervenire, noi saremo coi nostri alleati", e quanto alle basi, D'Alema affermò che "non c'è
bisogno di concederle, dal momento che facciamo parte dell'alleanza" ( dai quotidiani italiani del 19
gennaio 1999). L'approvazione da parte del Presidente del consiglio persino del bombardamento della
televisione di Belgrado fece scrivere a Luigi Pintor che "il governo D'Alema, le sue politiche e il suo
messaggio, hanno avuto un effetto demolitore", avendo preso "la guerra, anzi il suo elogio, come
occasione di prestigio internazionale" ("il Manifesto", 24 agosto 1999).
Delle devastazioni, delle morti, della "pulizia etnica" praticata dall’UCK nel Kosovo "liberato", delle
terrificanti contaminazioni chimiche e radioattive, del'Uranio impoverito, di cui si scopre la nocività anche
su chi vi è stato a contatto per poco tempo, provocate dalla "ingerenza umanitaria" in Yugoslavia,
D’Alema porta una responsabilità primaria.
Dunque, la sinistra storica ex comunista, che era condannata dai benpensanti a farsi perdonare ogni
giorno di essere "cattiva", è cambiata, finalmente!.
Inseguendo il mito della governabilità, che fu già di Craxi, questa "sinistra" è stata con D’Alema abilitata
al governo, e allora ha dimostrato inequivocabilmente di essere morfologicamente mutata e di avere
introiettato in modo irreversibile la cultura del neoliberismo, di essere più affidabile per tutti quei poteri
economici, più o meno leciti, più o meno occulti, di essere facilmente condizionabile dalla ricerca
dell'assenso politico da parte degli Stati Uniti, degli Alleati Atlantici, e di soggetti politici interni, campioni
di conservatorismo come Francesco Cossiga.
La grande ragnatela ha avvolto la sinistra di governo!
In compenso la destra è rimasta sempre uguale a se stessa, forse un po’ più arrogante e tracotante di
fronte al cambiamento antropologico di un buon numero di Italiani; questo cambiamento ha origine negli
anni ‘80, ha provocato la nascita di un "pensiero debole", consolidato dalla grancassa mass-mediatica
piduista, e non.
La politica italiana, inoltre, con i suoi intrighi, sotterfugi, continue alleanze variabili opportunisticamente,
rimpasti, scandali, mantiene una tale continuità di modalità nel tempo, da sembrare immutabile.
In tanto deserto di valori, di passioni civili e politiche, molti si sentono disorientati.
Molti non possono accettare la deriva di una ex sinistra...normalizzata, che si piega all’Impero
americano, che ne sostiene le guerre colonialiste, che ha accettato il primato del mercato, per cui la
cittadinanza si esaurisce nel circuito del consumo mercificato, per cui il diritto è salvaguardato solo per la
proprietà, la rendita e la speculazione. Molti percepiscono l’insufficienza strutturale della sinistra italiana
nel rappresentare le loro istanze ideali e culturali. Si è determinato così un vuoto, uno scollamento che non
ha sbocco, se non nel ritorno al privato e alla passività. E’ una perdita enorme per la vita politica, sociale
e civile. Con la perdita dei valori etici e sociali si è aperta una crepa, in cui, senza trovare resistenza, si
sono insinuati i nuovi miti del consumismo. Il pensiero, impigrito, si adegua facilmente alle mode.
http://www.arcipelago.org/storie%20italiane/ragnatela6.htm

Nessun commento:

Posta un commento