Si stringe il cerchio intorno a Enrico Letta e Giorgio
Napolitano. Dopo le staffilate di Silvio Berlusconi, con la decadenza e
l’uscita dalla maggioranza di Forza Italia, dopo le bordate di Matteo
Renzi su Repubblica che incalzano l’esecutivo, la settimana si chiude
con i fuochi d’artificio di Beppe Grillo durante il Vaffa Day di
Genova. A meno di ventiquattr'ore
dall’incontro tra il presidente del Consiglio e il presidente della
Repubblica, previsto per lunedì, si allarga il fronte anti governo di
larghe intese. Di certo non un buon biglietto da visita per Letta che ha
chiesto di spostare il voto di fiducia dopo le primarie del Partito
Democratico, cioè dopo l’8 dicembre. Il fronte di protesta si allarga e
si gonfia in vista del voto parlamentare. Gli argomenti sono spesso gli
stessi. Dalle critiche a un governo che non sta facendo nulla, fino
all’Europa, nuovo terreno di scontro in vista delle prossime elezioni
europee che dovranno eleggere il nuovo europarlamento.
Letta, quindi, oltre a ritrovarsi bersagliato da un fronte
di opposizione sempre più largo, si ritrova in casa pure il problema
del rimpasto. I sottosegretari e i presidenti delle commissioni di Forza
Italia sono ancora al loro posto. Ma è il Pd
renziano che sembra recriminare posizioni e nuovi assetti. Gli affondi
di Renzi contro il vicepremier Angelino Alfano («Con lui non ci parliamo
ha solo 30 parlamentari») sembrano solo l’inizio di una guerra
fratricida all’interno delle larghe intese. Grillo, in tutto questo,
sembra muoversi con grande disinvoltura.......
A Genova, nella location di piazza della
Vittoria, quarantamila attivisti applaudono il leader, che però infila
una serie di slogan arcinoti. E intanto Berlusconi alle prese con la
buriana dentro il cortile di casa, cioè il Milan, tace dopo gli affondi
del leader M5s contro Napolitano («L'impeachment è pronto»), mentre nel
Pd chi difende il Capo dello Stato è Luigi Zanda: «Invece di continuare a
insultare Giorgio Napolitano, che si è sempre mosso nell'ambito delle
sue prerogative costituzionali a difesa della democrazia e della
legalità, Grillo e i suoi parlamentari dovrebbero assumere un
atteggiamento costruttivo per aiutare il nostro Paese ad uscire dalla
crisi».
Da Letta «nipote di suo zio» al Capo dello Stato che «si
comporta da presidente del Consiglio», c’è spazio anche per il
referendum sull'euro, l’attacco al mondo dell'informazione («Il Giornale e La Repubblica aprono in prima pagina col deragliamento di un treno nel Bronx, ecco mi dispiace, ma vanno chiusi»)
e l’affondo sulla svendita del made in Italy per cui, sostiene Grillo,
ci vogliono i dazi. Non manca la citazione di Sandro Pertini «che se
fosse in vita sarebbe qui in piazza a Genova». Nel mezzo abbondano battute, frecciatine e spunta pure un “Vaffa”.
Urlato e sferzante, il discorso
del leader era atteso come trampolino di lancio per le Europee, ma si
riduce ad una miscellanea di concetti e dichiarazioni ampiamente
distillate nei mesi scorsi. Più che fact checking urge un news checking
perché dall’arringa di Genova non emergono notizie, non si scorgono quei
colpi di coda attesi dalla Woodstock a Cinque Stelle, da sempre snodo
cruciale per utopia e sfide del cammino grillino. «Ma quello di oggi è stato il discorso meno di pancia che abbia fatto Beppe Grillo», ribatte Andrea Scanzi del Fatto Quotidiano, anche
lui in piazza della Vittoria. A spezzare la tradizionale catena di
montaggio dei comizi dell’ex comico ci pensano le slide economiche con
grafici e dati a supporto dei «sette modesti punti per l’Europa»
elaborati in casa pentastellata.
Da notare che al V-Day i parlamentari sono defilati.
Girano in piazza, fanno assemblee con gli attivisti e illustrano
l’attività delle Commissioni in Parlamento, però non salgono sul palco.
Resta in disparte pure Gianroberto Casaleggio, che avanza scortato dai
suoi e trova rifugio nel backstage, salvo prendere il microfono per
quattro minuti professando la necessità della democrazia diretta nel
cambiamento della forma di Stato. Inframezzato
da ospiti internazionali e band artigianali, Grillo ha buon gioco nel
monopolizzare la road map della strategia per le Europee. L’ex
comico stende il programma del Movimento ma non esita a parlare in prima
persona singolare: «Voglio, vorrei». Poi si ricorda della campagna
elettorale: «Vinceremo le elezioni perché siamo il primo Movimento in
Europa». Parte la musica dei Blues Brothers, la sfida è lanciata alle
Stelle (e a Enrico Letta).
http://www.linkiesta.it/grillo-letta
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