di Giulietto Chiesa | 5 maggio 2013
L’iniziativa è partita da Architect & Engineers for 9/11 Truth è ha trovato l’appoggio di altri 11 raggruppamenti. Eccoli:
1. 9/11 Truth and Justice Canada
2. NYC CAN
3. Occupy 9/11
4. The Greater Boston Alliance for 9/11 Truth and Justice
5. Citizens for an Informed Community
6. The 9/11 Consensus Panel
7. Citizens Aware and Asking
8. 9/11 Blogger
9. 9/11 Journey for Truth
10. Over a hundred local 9/11 truth groups
11. The Thrive Movement
Chi scrive è parte di questa azione in qualità di membro – come sanno i lettori di questo blog – del 9/11 Consensus Panel.
L’azione, denominata Operation Tip the Planet (OTP) si concretizzerà nella produzione di un unico messaggio, che apparirà simultaneamente in centinaia di città, in tutte le lingue più diffuse, riprodotta in manifesti, volantini, insegne pubblicitarie, adesivi, t-shirt e, ovviamente, in decine di migliaia di siti internet, di blog, di conferenze pubbliche, di proiezioni cinematografiche.
Questa informazione è un primo invito a aderire e a cominciare a pensare come far diventare questo un evento tale da scuotere l’opinione pubblica internazionale su una questione che resta ancora sconosciuta alla grande massa dei pubblici di tutto il pianeta. Chi vuole saperne di più e seguire i lavori preparatori (in particolare è in corso una larga discussione che dovrà giungere alla definizione del testo finale del messaggio) potrà farlo attraverso il sito AE911Truth.org. Colgo l’occasione per informare che gli architetti e ingegneri di tutto il mondo, che sono giunti alla conclusione che la versione ufficiale sull’11/9 è un falso, sono ormai diventati 1908 al momento in cui scrivo
.
Questa campagna ha trovato alimento in decine di nuove circostanze e scoperte, di cui parlerò dettagliatamente tra qualche giorno, esponendo i risultati delle ultime sessioni del 9/11 Consensus Panel. Ma la prima di esse è stata la pubblicazione del cruciale rapporto di una commissione parlamentare americana di 11 membri, denominata “Constitution Project” che, attraverso 16 mesi di lavoro e 557 pagine, è giunta alla conclusione che, negli anni che sono trascorsi dall’11 settembre 2001, “è fuori discussione il fatto che gli Stati Uniti sono stati impegnati in pratiche di tortura” e che i più alti funzionari della nazione portano la responsabilità di questi fatti”. Le virgolette sono opera dell’autore di un articolo del New York Times, Scott Shane. L’articolo è stato pubblicato nella prima pagina del giorno 16 aprile, immediatamente precedente l’attentato terroristico di Boston. E, anche per questa ragione, è rimasto largamente soverchiato dalle drammatiche notizie che si sono succedute nelle settimane successive.
Che c’entra questa notizia con l’11 settembre 2001? C’entra, e molto, perché – come ben scrive Shane – il Constitution Project fu istituito come risposta alla decisione del Presidente Obama, nel 2009, di non sostenere la richiesta del senatore Patrick Leahy, democratico del Vermont, di investigare sul contenuto dei programmi antiterrorismo delle varie agenzie americane. Rifiuto che faceva il paio con il mantenimento della segretezza più assoluta attorno a un altro rapporto senatoriale sui sistemi d’interrogatorio che furono usati per far parlare i prigionieri catturati come terroristi. E’ ormai largamente noto, e perfino ufficialmente riconosciuto, che alcune delle “confessioni” dei presunti organizzatori dell’attentato alle Twin Towers e al Pentagono, vennero estorte con la selvaggia applicazione del waterboarding, in specie nei confronti di Khaled Sheikh Mohammed. Quelle confessioni, il cui valore legale è nullo anche negli Stati Uniti, furono alla base delle conclusioni (dunque invalide ab ovo) del famigerato rapporto della “9/11 Commission Report.”
La motivazione del rifiuto di Barack Obama fu – continua Shane – che egli voleva “guardare avanti e non indietro”. Detto in altri termini, Obama coprì il suo predecessore in tutti i modi possibili. Un vero continuatore e seguace del “torturatore in capo”. Dunque nulla di ciò che è stato ufficialmente rivelato ha alcuna base legale e la tortura è servita solo a truccare le carte ancora più clamorosamente.
E a certificare tutto ciò c’è ora il lavoro ufficiale di una commissione americana, non di qualche gruppo isolato di presunti “complottisti”. Commissione del tutto bipartisan essendo co-presieduta da due ex membri del Congresso con ampia esperienza in partecipazione a cariche amministrative nel governo, come Asa Hutchinson (Repubblicano) e James R. Jones (Democratico), che hanno prodotto “il più ambizioso tentativo indipendente di valutare i programmi di detenzione e interrogazione americani”. E, si tenga conto, questo lavoro non ha potuto esaminare un rapporto di oltre 6000 pagine del Comitato senatoriale per l’intelligence, basato sui documenti originali della CIA. Non ha potuto perché Obama lo ha coperto con il segreto di Stato.
Dunque il “caso torture” e il “caso 11 settembre” sono interdipendenti e restano aperti più che mai. Anche perché i terroristi con passaporto americano e i torturatori sono, se non parenti stretti, sicuramente amici gli uni degli altri. E i primi sono ancora al potere negli Stati Uniti d’America, ovvero abbastanza forti da poterne condizionare gli atti.
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