giovedì 9 maggio 2013

Mosca festeggia la vittoria in guerra Ma i giovani si chiedono: “Perché i vincitori vivono peggio degli sconfitti?”

PS: Signora Anna Zefesova, la sua domanda,( creda, non Le crediamo che questa frase gliela abbino cantata in coro i giovai di la.....)  “Perché i vincitori vivono peggio degli sconfitti?” diventa facile e quasi la ringrazio. 
Primo punto, noi italiani, vincitori della 2° guerra, stiamo meglio dei nostri ex nemici tedechi?
Secondo punto, oggi non c'è più l'URSS, e diventata Russia , quindi chi sta peggio di chi a perso......?
Terzo punto, noi per essere sepolti paghiamo     parecchie migliaia di €.........!
umberto marabese
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Ogni anno la Russia si ferma per commemorare 30 milioni di caduti
Aumenta la distanza tra le vecchie e le nuove generazioni
anna zafesova

E’ forse l’unica festa russa che non cambia. Come 20-30-40 anni fa, soldati perfettamente allineati marciano a passo d’oca sulla Piazza Rossa, seguiti da carri armati e dai giganteschi missili balistici. Non cambia nulla: l’asfalto immancabilmente sbriciolato dai cingolati dei tank nelle innumerevoli prove, le vecchie Zil decapottabili del ministro della Difesa che compiono evoluzioni complesse sulla piazza, le musiche patriottiche suonate dall’orchestra, i caccia che sfrecciano sopra le cupole del Cremlino. La tv trasmette sempre gli stessi film sovietici (più qualche nuovo prodotto della propaganda moderna), i manifesti che riempiono la città sono uguali a sempre (salvo qualche anno fa, quando tra polemiche aveva fatto capolino Stalin, rimosso però dopo qualche giorno), e il capo di Stato, Putin come Brezhnev come Stalin, brinda al Cremlino alla “grande vittoria” e al “popolo vincitore”.
Non è un caso che Vladimir Putin ieri, rivolgendosi ai veterani della Seconda guerra mondiale ha promesso di “difendere sempre la verità su quella grande tragedia”. Anche perché per i russi resta sempre la “Grande guerra patriottica”, una faccenda tra loro e i tedeschi, cominciata nel 1941 e finita il 9 maggio 1945 (non l’8 maggio come in Europa), dove tutto il resto - l’invasione della Polonia, lo sbarco in Normandia, la resistenza nei Paesi occupati, le battaglie degli alleati – rimane un contorno lontano e semisconosciuto. Il giorno della Vittoria sul nazismo, con il suo sfoggio minaccioso di potenza militare ereditata dall’Urss, è l’unico pezzo del passato sovietico mai messo in discussione, e recuperato dalle leadership post-comuniste praticamente intatto. Non solo perché i 30 milioni di morti rendono difficile qualunque revisione storica, ma anche perché l’immagine di un Paese che ha salvato il mondo dal nazismo conquistando mezza Europa resta consolante per l’orgoglio nazionale ferito dal declino degli ultimi decenni, e Putin non ha mancato di ricordare che è stata “la Russia, l’Unione Sovietica a rovinare i piani” di Hitler, ricucendo la frattura della fine del comunismo e ricordando al resto del mondo “la grandezza di una vittoria che rimarrà nella storia in eterno”.

Le poche voci che chiedono di devolvere gli enormi costi della sfilata – 11 mila militari, più di 100 mezzi di vario calibro e 70 aerei, senza contare le uniformi, le prove, i fuochi d’artificio – a migliorare la vita dei pochissimi veterani rimasti, che per l’anniversario si accontentano di qualche regalino dai servizi sociali (a Murmansk i reduci sono stati omaggiati di un buono per il funerale gratuito offerto dal comune), sono rimaste inascoltate. Ma per le giovani generazioni, trascorsi 68 anni, la “Grande guerra patriottica” ormai non è più un dolore da ricordare, ma la rappresentazione di un mondo finito, e sui manifesti che omaggiano i soldati caduti i ragazzi scrivono con i pennarelli, come fossero i commenti su Facebook, “poverini”, “in nome di cosa sono morti?” e “perché noi vincitori viviamo peggio di chi abbiamo sconfitto?”. 

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