PS: << Ci si domanda da quale mondo parallelo escano le sgangherate parole del
partitocrate Maurizio Lupi, oggi ministro, secondo cui l'inutile Tav
Torino-Lione si deve fare>>.
umberto marabese
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Ci si domanda da quale assurdo mondo
parallelo escano le sgangherate parole del partitocrate Maurizio Lupi,
oggi ministro, secondo cui la mostruosa e inutile linea Tav Torino-Lione
si deve fare, punto e basta, in quanto opera di valore strategico.
Trent'anni fa, le onnipotenti élite planetarie in piena globalizzazione
modellavano le prime fantasie ferroviarie in chiave post-sovietica,
manovrando alla bisogna la servile tecnocrazia europea. A quei tempi era
normale ascoltare amenità persino divertenti sul futuro dei trasporti,
puro trionfalismo avveniristico di khrusceviana memoria.
Molti
entusiasti camerieri locali, politici di professione con amici
cementieri, all'epoca finirono dietro le sbarre. Ma i loro successori
non persero il vizio: certe superstizioni fanta-ferroviarie erano dure a
morire. Una in particolare, la Torino-Lione, divenne col passare degli
anni una specie di leggenda: il treno superveloce per passeggeri che
avrebbe sostituito l'aereo. Il mito resistette persino all'avvento -
quello sì rivoluzionario - dei voli low cost: per tenere in vita la
bufala della Torino-Lione bastò convertire il progetto, da passeggeri a
merci...
Anche se tutti sanno che le merci viaggeranno ad alta velocità solo il
giorno in cui anche gli asini potranno finalmente volare, la
Torino-Lione non teme il ridicolo. E oggi sembra ormai diventata un
cancro pericoloso, un tumore maligno nel corpo stremato dell'Italia
agonizzante.
Nessun giuramento di Ippocrate a tutela del malato:
tutti i medici si ostinano a negare l'evidenza clinica. Bresso e Ghigo,
Fassino e Chiamparino, Berlusconi e Bersani, Mario Monti, persino il
leghista Cota. Oggi è il turno di Lupi. Con una differenza, rispetto a
molti predecessori: negli anni '90 il paese era in piena crescita, e nel
decennio del Duemila i segnali di crisi non erano ancora palesi, prima
del crac della Lehman. L'Italia era ancora il paese dei ristoranti
pieni, dei mille telefonini: poteva ben continuare a tollerare lo
scempio degli sperperi, delle caste, delle mafie, delle grandi opere
inutili.
Poi, la choc-therapy firmata Napolitano, Monti e Fornero.
Il trauma del rigore: un terremoto senza precedenti nella storia
repubblicana. Oggi si teme che stia per saltare in aria tutto quello che
finora ha tenuto insieme il sistema-Italia, la sua capacità di coesione
sociale, il welfare, la spesa pubblica. Depressione devastante,
disoccupazione, amputazione del futuro, panico e povertà per un presente
mai così precario.
Però attenzione: può crollare il mondo, ma non
la fede nella Torino-Lione. Strana divinità pagana, settaria e oscura,
che pretende un tributo di prepotenze e intimidazioni per alimentare il
suo culto misterico.
Chi frequenta i blog non può a fare a meno di preoccuparsi nel
constatare l'abisso vertiginoso che continua invariabilmente a separare
le notizie "clandestine" da quelle ufficiali, spacciate dal mainstream.
Per
giornali e televisioni, secondo cui fino a ieri la crisi semplicemente
non esisteva, il dramma nazionale che stiamo vivendo non ha vere cause, è
un fatto squisitamente naturale, una bizzarra e fatale calamità. Verità
negata, uguale pericolo: se non viene più accettata, benché propinata
con l'artificio della manipolazione, la verità ufficiale potrebbe un
giorno essere imposta con la sopraffazione, la revoca dei diritti, la
confisca orwelliana di quel che resta della democrazia reale. L'incubo è
diventato realtà non appena l'oligarca Monti ha preso il posto del
governo regolarmente eletto.
Il tempo di ascoltare la fiaba
dell'austerity, l'impostura dei sacrifici necessari per riconquistare il
diritto alla rassicurante narrazione della crescita, ed ecco che il
paese si è scoperto improvvisamente nudo, povero e spaventato, esposto
alla durezza di una barbarie che si credeva sepolta per sempre nella
spazzatura del passato remoto: la legge del più forte, la spietata lotta
per la sopravvivenza.
Il peggio è che la tragedia sociale si consuma alla cieca, in sordina,
in modo non dichiarato né sincero. E nessuno si azzarda mai neppure per
sbaglio a contestare le verità imbarazzanti delle pagine web che citano
autorevoli fonti internazionali. Così come nessun politico, in
vent'anni, ha mai potuto smentire, conti alla mano, gli eretici No-Tav -
ieri considerati alla stregua di visionari esaltati e un po' folli, ma
oggi drammaticamente "maggioranza", paese reale, definitivamente
riconosciuti come nient'altro che italiani in allarme, saliti prima di
altri sulle barricate per denunciare quella che viene percepita come una
truffa insopportabile perché particolarmente vile, apertamente
sfrontata.
Italia e valle di Susa sono ormai sintonizzate sulla
stessa lunghezza d'onda, mentre ogni giorno va in scena lo stillicidio
inesorabile delle rivelazioni: lentamente, gli italiani scoprono che il
loro governo è come se non esistesse, costretto com'è ad eseguire ordini
imposti dall'alto. Banalità del male: le maggiori lobby planetarie che
dirigono le marionette di Bruxelles stabiliscono il prezzo dei loro
smisurati privilegi a spese dei comuni mortali, in un orizzonte
recessivo in costante peggioramento a causa dell'emergenza universale
economica e climatica, energetica e demografica.
Nell'Italia sequestrata dalla paura e rimpicciolita dalla depressione,
ormai ci si limita a registrare diktat. Ministri e parlamentari sembrano
avere una sola possibilità: obbedire, per conservare il posto.
E
così votano senza fiatare il Fiscal Compact, inseriscono l'aberrazione
del pareggio di bilancio in Costituzione e colpevolizzano i cittadini
per il debito statale, ancora chiamato pubblico ma in realtà
privatizzato dai bancarottieri della finanza mondiale speculativa, gli
stessi che si sono inventati l'Eurozona per azzoppare un'Europa che,
dopo il crollo dell'Unione Sovietica, sarebbe potuta diventare un
temibile competitor, ai confini con l'Est russo e cinese. Il gioco è
immenso, la crisi è globale.
Persino l'élite pre-democratica lancia
segnali di allarme, mentre l'Istat annuncia che - proprio in base al
Fiscal Compact - il paese ha di fronte qualcosa come ottant'anni di
austerità: vale a dire un biglietto di sola andata, ad altissima
velocità, per il Bangladesh. Per fortuna ci resta Maurizio Lupi,
l'umorista travestito da ministro, in visita al cantiere in mezzo ai
monti. Non è facile, di questi tempi, riuscire ancora a far ridere.
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=75921&typeb=0&L-Italia-crolla-per-fortuna-
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