PS: <<Come mai, per prendere come
esempio un importante settore del nostro welfare, il primo serio
attacco ai termini pensionistici fu affidato a una persona, Lamberto
Dini, pensionato da 1.333 euro al giorno (lordi, per carità)?
Come mai l'ultimo attacco lo ha eseguito un ministro con un reddito
lordo dichiarato di 1.102 euro al giorno, su commissione di un
premier che ne ha dichiarato uno di 4.210 (sempre di euro al
giorno si parla)?
La
risposta è veramente banale: si tratta di lotta di classe. Né
più né meno che della vecchia lotta di classe. Ma non di quella in
cui speravamo noi, vecchi inguaribili marxisti. Si tratta della
mai assopita lotta di classe dall'alto.>>
umberto marabese
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Dalle indignazioni facili fino al caso Dieudonné, da Bersani ai silenzi su Sharon, i media sanno incanalare i sentimenti popolari a difesa del potere. Ecco come. [Piotr]
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=95136&typeb=0&Obblighi-di-piangere-e-divieti-di-ridereumberto marabese
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Dalle indignazioni facili fino al caso Dieudonné, da Bersani ai silenzi su Sharon, i media sanno incanalare i sentimenti popolari a difesa del potere. Ecco come. [Piotr]
di
Piotr.
Obbligo
di piangere
Quel
che sta succedendo attorno alla patologia di Bersani, all'incidente
della Merkel o anche più semplicemente a quella sconsiderata che ha
difeso la vivisezione, mi conferma nella mia decisione di non avere
FB, né Twitter e nemmeno un blog.
Lasciamo
da parte la signora vivisezionista. Il fatto di non avere a
disposizione strumenti tecnici per dire cretinate non appena mi
vengono in mente può essermi stato di aiuto a tenere a freno la
lingua sui due politici e ad essere non solo più riflessivo, ma
anche più riflessivamente umano.
Ad
ogni modo non mi sono nemmeno passate per la testa le esplosioni di
contentezza o gli auguri di aggravamento rivolti ai due politici come
quelli che, sembra, hanno inondato la rete.
Tuttavia
ogni volta che succedono fenomeni come questi non si può non essere
colpiti da come il mainstream cerchi con ogni espediente di
incanalare i sentimenti della popolazione in un verso o in un altro.
E il verso è sempre quello del sostegno al potere e ai suoi
interessi.
Riprendo
quindi alcune considerazioni contenute in un recente
post del
professor Alberto Bagnai riguardo il corteo ipocrita che ha
accompagnato le denunce di quelle espressioni di giubilo, senz'altro
incivili.
Come
si sa il professor Bagnai è un esperto di Econometria e in questo
caso ha giustamente richiamato l'attenzione sulla disparità delle
quantità di lacrime che il mainstream ci sollecita a spargere
e che, in primo luogo, spargono le élite stesse e i loro lacchè.
Nessuno
di loro ha mai pianto una lacrima sui morti indotti dalla crisi
che quei due politici hanno assecondato ed aggravato. Già, perché
non basta l'economia per fare una crisi sistemica come quella che
stiamo vivendo, ci vuole anche la politica.....
Se
avete voglia e tempo leggetevi qualcuno di questi report suggeriti
del prof. Bagnai (uno,
due
e tre).
Sono interessanti:
A
quanto pare, in Italia si possono individuare ben 500 suicidi e
tentati suicidi dovuti alla crisi solo tra il 2008 e il 2010. Non
bisogna essere menti matematiche per capire che dal 2008 ad oggi in
Europa i suicidi dovuti alla crisi si contano a migliaia. Ed è
impressionante anche l'aumento del 38%, coincidente con la
crisi, dei bimbi nati morti in Grecia.
Fin
qui i dati ricordati dal professore.
A
questo punto mi è venuto subito in mente l'inqualificabile Giuliano
Ferrara che ha invitato le persone a suicidarsi
per dimostrargli che c'è una crisi che a lui non risulta.
Le
lacrime pietose dei nostri media per i dominanti e il silenzio per le
tragedie dei dominati sono una logica conseguenza del fatto che per
l'Euro "vale la pena di morire",
come
scriveva nero su bianco Enrico Letta.
Insomma, quei morti e quei nati morti "li vuole l'Europa".
Alleluia! Per lo meno la loro ragione è rivendicata senza peli sulla
lingua, anzi con orgoglio, dalle élite che ci comandano. Non
occorrono supposizioni.
Queste
lacrime sono il risvolto mediatico di quelle da coccodrillo nevrotico
spese dalla Fornero quando si apprestò a iniziare il suo massacro
sociale. Poveretta, capiva la tragedia, ma gli ordini erano quelli.
Lo voleva l'Europa. Si parva licet componere magnis,
dicevano cose simili anche gli imputati di Norimberga.
Infine
è impressionante che a decidere questi sfracelli siano persone
milionarie. Ci si può ingenuamente chiedere come mai. Mi voglio
sbizzarrire anch'io con le misure. Come mai, per prendere come
esempio un importante settore del nostro welfare, il primo serio
attacco ai termini pensionistici fu affidato a una persona, Lamberto
Dini, pensionato da 1.333 euro al giorno (lordi, per carità)?
Come mai l'ultimo attacco lo ha eseguito un ministro con un reddito
lordo dichiarato di 1.102 euro al giorno, su commissione di un
premier che ne ha dichiarato uno di 4.210 (sempre di euro al
giorno si parla)?
La
risposta è veramente banale: si tratta di lotta di classe. Né
più né meno che della vecchia lotta di classe. Ma non di quella in
cui speravamo noi, vecchi inguaribili marxisti. Si tratta della
mai assopita lotta di classe dall'alto.
Divieto
di ridere
Il
francese Dieudonné M'Bala
M'Bala non è
semplicemente un "comico". Dalla Francia alcune lobby hanno
decretato che per l'intero "mondo civile" (cioè quello che è
tale perché ha massacrato più esseri umani di tutto il resto del
mondo preso assieme, quello il cui faro è un Nobel
per la Pace che ogni settimana aggiorna una lista di persone da
assassinare), insomma in
quel particolare pezzetto di mondo, il nostro, che il mondo ha la
capacità di distruggerlo tutto quanto, in un colpo o un po' alla
volta, per questi campioni della democrazia e dei diritti umani
Dieudonné ha da qualificarsi d'ufficio come "comico antisemita,
razzista e vicino agli ambienti dell'estrema destra" (qui
un solo esempio tra molti).
Eppure,
i bersagli dei suoi strali e delle sue prese in giro sono,
ecumenicamente, tutti i gruppi etnici rappresentati in Francia, a
partire dal suo.
La
prima accusa è invece addirittura surreale. Nemmeno il Minculpop
storico sarebbe arrivato ad un simile stravolgimento della realtà.
Il nostro comico è diventato famoso ed amato per un gesto fatto col
braccio, detto "quenelle",
che significa "ficcatevelo nel culo".
Sarà volgare, ma il
significato del gesto lo capirebbe anche un ragazzino. Anche perché
Dieudonné, per essere preciso, porta una maglia con tarati sulla
manica sinistra i livelli fino ai quali le vittime della sua satira
se lo devono prendere in quel posto (la potete vedere qui).
Ma per
il Minculpop transnazionale del "mondo civile" è diventato un
"saluto nazista alla rovescia". E nessuno dei media "civili"
si è messo a ridere dicendo che è una sonora stronzata. Al
contrario. Perché? Perché le sue critiche non risparmiano Israele.
Ecco il perché. D'altra parte ancora sull'ultimo numero del
Venerdì di Repubblica, persino Moni Ovadia si lamentava di
essere tacciato di "antisemitismo" perché critica Netanyahu
(cioè, siamo chiari, un capo di governo estremista di destra,
razzista e guerrafondaio).
Di
nuovo obbligo di piangere
Insomma,
ci si ingegna a indurre riflessi condizionati. Un po' come quelli
che dovrebbero scattare per la morte di Ariel Sharon.
Essendo
stato un personaggio che è ben difficile non mettere in discussione,
è bene che l'ultimo concetto di tale discussione, quello che alla
fine uno deve rammentasi e associare indelebilmente al personaggio in
oggetto, è che comunque avrebbe "aperto alla via della pace".
Intanto
questa famosa "via della pace" sarebbe il ritiro unilaterale
dalla Striscia di Gaza per farla diventare il più grande carcere a
cielo aperto del mondo oggetto di ripetuti tentativi di genocidio.
Una situazione che nemmeno i più visionari film americani come "Fuga
da New York" hanno saputo immaginarsi.
Posso
provare pietà cristiana per la morte di un uomo. Ma non chiedetemi
di più: io il nome di Ariel Sharon lo assocerò per sempre ai
2000 civili palestinesi massacrati a Sabra e Shatila.
Riflessi
condizionati richiesti anche alla pronuncia del nome di Alma
Shalabayeva. In questo caso, invece che "delinquentina" bisogna
per forza aggiungere "moglie del dissidente kazako Mukhtar
Ablyazov". E' fatto divieto di chiedersi come mai il "dissidente"
sia stato messo in galera in Inghilterra, liberato per interferenza
del Foreign Office ma subito dopo rimesso in galera dalla
Francia che ha persino accolto la domanda di estradizione della
Russia per reati finanziari di varia natura. Quindi non
chiediamocelo. Non chiediamoci perché secondo l'avvocatura generale
dello Stato francese Ablyazov è "un criminale su larga
scala". Per definizione la Shalabayeva è moglie di un
dissidente kazako.
E'
entrata in Italia con passaporto diplomatico falso? Perdonabile. A
lei. Non è certo il caso di farla stare nuda a Lampedusa per essere
spidocchiata. C'è clandestino e clandestino. Lei può sbandierare
la figlia per la sua questua, ma la zingara sul marciapiede no,
perché questo sì che ci fa orrore, non è vero? Per la signora
kazaka l'obbligo dettato dal regime è di nuovo "Piangere!".
Gli altri, o ai pesci, o distrutti dalla miseria da noi prodotta,
oppure in mano ai tagliagole da noi scatenati.
Purtroppo
certi dubbi non passano per la testa nemmeno ai 5 Stelle, bravi
ragazzi ma talvolta delle frane in politica estera.
A
questo punto è interessante notare che durante il cosiddetto "regime
democristiano" del dopoguerra c'era ovviamente propaganda ma era
tollerata anche un'ampia contropropaganda - fatta usualmente
dall'allora Partito Comunista. Questa maggiore libertà era dovuta
al fatto che la dialettica democratica, per quanto imperfetta potesse
essere, congiunta allo sviluppo economico, per quanto di classe
potesse essere, non mettevano in discussione radicale l'egemonia
delle élite. Oggi la crisi fa trasparire sempre più ferocemente
il dominio sottostante all'egemonia così che i margini di
libertà e di liberalità si restringono progressivamente. Quindi la
propaganda la si fa a media unificati.
Clitemnestra,
assassina del marito Agamennone, è più pericolosa quando ha paura,
ci dice lo splendido libretto scritto da Hugo von Hofmannsthal per la
possente musica di Richard Strauss («wenn sie zittert, ist sie am
schrecklichsten»).
Similmente,
le élite oggi hanno paura e quindi sono pericolosissime.
«Nur
diese Stunde geh' aus ihrem Weg!»
«No, non adesso, non ingombrarle il passo!», Crisotemide
implora la sorella Elettra.
La
Storia si sta ripetendo in tragedia. Non in farsa, purtroppo.
Il
Medioriente, la sinistra normale e quella ab-qualcosa
Ma
piano piano qualcuno inizia ad aprire gli occhi. Ad esempio sul
Medioriente. Anche tra i media mainstream c'è chi di fronte
agli sfracelli indotti dal caos imperiale e al dilagare di Al Qa'ida
e di fondamentalisti affini, inizia qua e là a chiedersi: "Ma
Gheddafi era poi proprio così male? Ma non è che sotto Saddam
Hussein l'Iraq stava meglio? Perché mai dovremmo buttar giù - e
ovviamente assassinare come abbiamo fatto con gli altri - anche
Assad?".
Intanto
bisognerebbe domandarsi cosa vuol dire il fatto che Al Qa'ida sia
considerata dall'intelligence statunitense l'unico reparto
operativo dell'Esercito saudita e che i Sauditi siano i più
stretti alleati degli Usa nella regione, assieme ad Israele. Con
tutte le cautele, ma un pizzico di proprietà transitiva potrebbe
aiutare a capire molte cose. No, eh?
Poi
bisognerebbe riflettere sul fatto che un farabutto come il
socialista Hollande che ha meno del 15% del consenso popolare si
permetta di dire che Assad è un dittatore, quando ha il consenso
del 75% della popolazione siriana (stima, sgomenta, del
Pentagono!). Stiamo parlando di un Presidente francese che ha deciso
che lui le guerre (neocoloniali) le fa e le farà senza chiedere il
permesso al suo Parlamento. Cosa per altro che da noi è già
successa, prima col sarcastico ex comunista D'Alema in Serbia e
dopo col coniglio mannaro Berlusconi in Libia, però sotto ricatto
della sinistra e specialmente dell'ex comunista Napolitano.
Questa
è la sinistra "normale", italiana ed europea
(ricordiamoci anche del delinquente bombardatore di sinistra inglese
Tony Blair, che ora pretende
milioni di dollari per le sue conferenze,
come il delinquente bombardatore di sinistra americano Bill Clinton e
la di lui consorte Hillary,
sponsor di golpe fascisti
in Sudamerica).
Ma
la sinistra cosiddetta "radicale" ha la colpa di una
collateralità deforme.
Almeno quelli sopra
citati fanno gli interessi propri e dei loro sodali. Ma a partire
dall'abnormità storica
e politica dell'appoggio
della Rossanda ai tagliagole di Bengasi, la sinistra radicale, tranne
rarissime eccezioni, si è distinta per l'idiozia
di appoggiare gratuitamente tutta la feccia di mercenari, bucanieri,
fondamentalisti, macellai, stupratori e scuoiatori lanciati dal
"mondo civile" contro ogni singolo stato laico e
multiconfessionale della regione,
nel disegno imperiale (per
nulla segreto)
di creare la lotta di tutti contro tutti. Per questo la tolleranza e
la convivenza etnica e religiosa, che da noi sono sacre, sono viste
come fumo negli occhi se le praticano in Medioriente. La tragedia del
caos mediorientale non è una conseguenza inintenzionale di una
politica improvvida e inconseguente, come ci viene raccontato, è
proprio un obiettivo strategico, anche se il caos è pur sempre caos
anche per i führer
imperiali e i gauleiter
regionali. Così come la guerra è comunque guerra anche per chi la
inizia pensando di vincerla.
Dopo
di che questa sinistra si agita per le unioni omosessuali (te le
voglio vedere nell'Emirato islamico dell'Iraq e del Levante). O
per le Femen e le Pussy Riots. Le donne mediorientali, evidentemente,
sono di razza inferiore, possono essere stuprate e sgozzate dai
"combattenti per la libertà" senza che da noi si sollevino
troppe proteste. Come non si sono sollevate per le donne libiche
nere, integrate da Gheddafi con pieni diritti e finite nell'inferno
sadico e razzista dei "liberatori".
Ma
soprattutto è scandaloso che da noi nessuno trovi questo doppio
peso un'indecenza, bensì parte del paesaggio naturale e
culturale.
Di
questo la sinistra radicale, parodia di se stessa, non riesce proprio
a prendere coscienza. È battuta persino dai giornalisti del
mainstream.
Sul
già citato ultimo numero del Venerdì di Repubblica, il
giornalista Pietro Veronese ci comunica quale è il suo buon
proposito di inizio anno: non credere più alle palle ufficiali.
Spiega che lui dovette seguire la guerra nel Ciad tra gli insorti
spalleggiati da Gheddafi e il presidente Hissène Habré, sostenuto
dalla Francia che intervenne militarmente. Già questo, secondo me,
avrebbe dovuto far capire da che parte stare, ma lasciamo perdere.
Quando Habré vinse, Veronese racconta che se ne rallegrò, come
tutta la stampa mondiale. Dopo trent'anni Habré è stato accusato
di crimini di guerra contro l'umanità e di essere implicato
direttamente in migliaia di omicidi politici e infiniti casi di
tortura. «Ecco l'uomo della cui vittoria ci felicitammo:
vedevamo in lui un legittimo capo di Stato ed era un criminale, poi
definito il Pinochet africano. ... Propositi per il 2014. Accrescere
la diffidenza verso le verità ufficiali ... . E prima di agire,
prima di scrivere alcunché, chiedersi se siamo sicuri che non ci sia
qualcosa di cui, magari trent'anni dopo, dovremo vergognarci».
Ripeto:
stiamo parlando di un giornalista che scrive su Repubblica.
Che quelli del "manifesto-giornale-comunista" prendano esempio.
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