Per gli imputati che hanno ottenuto il patteggiamento secondo il giudice non c'è "’ipotesi della volontaria assunzione di rischio assurdo quale quello di portarsi vicino alla costa” e comunque la titolarità della nave era del comandante. Escluso il dolo eventuale. Imputati parteciparono ai soccorsi. I legali delle parti civili: "Condanne vergognose"
Non ci fu dolo e le decisioni, quelle importanti come navigare sotto costa, furono del comandante. Per questo il giudice per l’udienza preliminare di Grosseto ha ratificato il patteggiamento degli imputati per il disastro della Costa Concordia che lo avevano chiesto. Ma i legali dei parenti delle vittime criticano duramente la decisione: ”Se uno chiude una veranda rischia una pena simile. La Procura di Grosseto ha sottodimensionato le colpe” ha ripetuto Massimiliano Gabrielli del pool ‘Giustizia per la Concordia’. “Si tratta di una delusione grandissima. Sono state condanne vergognose. Credo che impugneremo questi patteggiamenti di fronte alla Procura generale di Firenze” ha aggiunto l’avvocato Michelina Suriano, legale di sette naufraghi della provincia di Bologna.......Per il giudice si deve considerare il fatto che “la scelta di navigare in estrema vicinanza alla linea di costa” dell’Isola del Giglio “è individuata nelle indagini come conseguenza di una decisione assunta da altro soggetto (oggetto di separato processo ovvero Schettino) che aveva in quel dato momento la titolarità formale ed effettiva del comando della nave”.“Gli atti evidenziano – osserva il giudice per l’udienza di Grosseto Pietro Molino – nell’avvicinamento al Giglio, plurimi deficit colposi – rispettivamente contestati agli imputati Ambrosio (1 anno e 11 mesi), Coronica (1 anno e 6 mesi) e Rusli Bin (1 anno e 8 mesi) ma non invece l’ipotesi della volontaria assunzione di rischio assurdo quale quello di portarsi vicino alla costa”.
Quanto invece agli imputati Giampedroni (2 anni e 6 mesi) e Ferrarini ( 2 anni e 10 mesi), il gup Molino esclude il dolo eventuale “l’ipotesi di una deliberata accettazione dell’evento – ossia le morti e le lesioni delle persone a bordo – nella misura in cui palesano quantomeno il dubbio se non la conclamata certezza che in particolare l’imputato Ferrarini non si sia rappresentato il concreto esito offensivo della propria condotta, per effetto di una gravemente colposa, mancata o comunque incompleta conoscenza dell’effettiva situazione di fatto che si andava sviluppando nei tragici momenti successivi all’urto”. Per Giampedroni, scrive il gup, “è sufficiente porre attenzione al ‘controindicatore’ della sua condotta successiva al reato, tesa a cooperare nel soccorso ai passeggeri”, circostanze che fanno “qualificare i fatti a lui ascritti come comportamento colposo, e non invece come caratterizzati da dolo, sia pure nella forma eventuale”.
”In una organizzazione complessa quale è la navigazione e il governo di una nave da crociera come la Costa Concordia, le singole possibilità di intervento” dei 5 imputati che hanno patteggiato “nell’ambito delle rispettive posizioni di responsabilità e garanzia cedono il passo a fronte di scelte decisionali di segno differente ed opposto adottate dal titolare del comando”, cioè Schettino (che ha chiesto nuovamente di patteggiare). Il gup Molino ha evidenziato anche che “tale complessa organizzazione si distingue rispetto ad altre per una struttura di comando pressoché totalmente verticistica” dove la “previsione normativa gerarchizza il rapporto tra i soggetti operanti”. Pertanto, ragiona il giudice, “le soglie” delle pene “concordate appaiono logiche e coerenti“, “anche nello specifico delle singole posizioni” degli imputati “e del rapporto fra le medesime: la gradazione delle pene concordate evidenzia infatti come più alte” quelle “per gli imputati Ferrarini e Giampedroni, ossia gli imputati a cui viene mosso un rimprovero per così dire più autonomo in quanto ricollegato a posizioni di responsabilità che non si inserivano nel rapporto gerarchico tra l’equipaggio di bordo e la catena sottoposta al comando supremo del comandante della nave” Francesco Schettino. “A loro volta – prosegue sempre il gup Molino – le pene concordate per Ambrosio, Rusli Bin e Coronica sono perfettamente aderenti alle concrete omissioni e agli apporti causali di ciascuno di essi in funzione della rispettiva posizione gerarchica ricoperta”.
Il codice penale per i reati causati da imperizia negligenza o imprudenza prevede da sei mesi a 5 anni per omicidio colposo mentre per lesioni colpose la pena prevista è fino a 3 mesi. Con il patteggiamento, che è in pratica un accordo tra le parti in cui la pena è diminuita di un terzo, e la concessione delle attenuanti (che nel caso degli incensurati è quasi sempre automatica) il risultato finale può essere quello definito dall’avvocato Massimiliano Gabrielli del pool Giustizia per la Concordia ovvero “Pene da abuso edilizio”.
Il patteggiamento, che per la Corte Costituzionale non è un’ammissione di colpevolezza per chi lo chiede e lo ottiene in quanto il giudice di fatto non valuta prove e fatti ma solo la congruità, di fatto estromette dal processo i danneggiati che potranno far valere le loro ragioni solo in sede civile. Nel caso del disastro della Costa Concordia la Procura di Livorno ha concordato con i difensori la pena per gli imputati che lo hanno chiesto e il giudice avrebbe potuto rigettare, con la difesa che avrebbe potuto comunque riproporla ad altro giudice.
La Procura invece ha negato il parere favorevole per Francesco Schettino, l’ex comandante, che oltre all’omicidio colposo plurimo e alle lesioni risponde di omesse comunicazioni alle autorità, abbandono di incapaci, naufragio colposo. Era stata infatti respinta l’istanza delle parti civili di aggravare l’accusa da omicidio colposo a omicidio volontario per dolo eventuale, cioè per aver accettato il rischio di compiere un disastro. Il giudice però non ci ha creduto: ci furono più ”deficit colposi” di Schettino, ”ma non dolo”. Ebbene la rabbia legittima dei familiari delle vittime può essere soltanto convogliata in ricorso magari in Cassazione.
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