umberto marabese
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All'improvviso ritiro politico del Qatar dalla scena segue il rovesciamento di Morsi in Egitto. Solo una coincidenza, ma cambia il futuro del mondo arabo. [Thierry Meyssan]
«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°41.
di
Thierry Meyssan.
L'improvviso
ritiro politico del Qatar dalla scena internazionale è stato
seguito, una settimana più tardi, dal rovesciamento di Mohamed Morsi
in Egitto. Anche se c'è solo una coincidenza tra i due eventi, senza
legami di causa ed effetto, il loro verificarsi ha cambiato
radicalmente il futuro del mondo arabo.
Non
pare che nello spingere l'emiro Hamad verso l'uscita, Washington
prevedesse un altro cambio di regime in Egitto. Gli Stati Uniti, che
non hanno sostenuto i suoi imbrogli politici e finanziari, hanno
rimesso il Qatar al suo posto di micro-Stato. Washington non ha mai
messo in discussione l'assistenza fornita dall'emiro ai Fratelli
Musulmani, né il loro ruolo al Cairo, ma solo lo spropositato
dilatarsi dell'emirato.
Il
ruolo dei Fratelli
In
ogni caso, l'inaspettato accesso per vie legali della Fratellanza al
potere nel giugno 2012, in Egitto, ha lasciato intendere il vero
scopo della "primavera araba": una nuova era di
colonizzazione fondata sull'accordo segreto dei Fratelli, degli Stati
Uniti e d'Israele. Per la Fratellanza, l'islamizzazione forzata delle
società del Nord Africa e del Levante; per Washington, la
globalizzazione economica, che includeva massicce privatizzazioni; e
per Tel Aviv, la continuazione della pace separata di Camp David .
È
importante capire bene che - così facendo - «La
Fratellanza è diventata la punta di diamante del sionismo arabo»,
secondo le parole del pensatore libanese Hassan Hamade. Il che
conferma, a modo suo, le idee del "consigliere spirituale"
dell'emittente qatariota Al-Jazeera, lo sceicco Yusuf al-Qaradawi,
quando predica che se se Maometto fosse vivo oggi, vivrebbe in pace
con gli israeliani e sosterrebbe la NATO.
L'ideologia
della Fratellanza
Questa
posizione è stata favorita dalla struttura dei Fratelli Musulmani.
Sebbene disponga di un coordinamento internazionale, la Fratellanza
non è costituita da una singola organizzazione, ma da una
moltitudine di gruppi distinti. Inoltre, esistono diversi livelli di
adesione, ognuno con la propria ideologia. Tuttavia, tutti si
ritrovano intorno allo stesso motto: «Allah
è il nostro obiettivo, il Corano è la nostra legge, il Profeta il
nostro capo, il Jihad la nostra via, e il martirio la nostra più
alta speranza.»
Inoltre, si rifanno tutti all'insegnamento di Hassan al-Banna
(1906-1949) e di Said Qutb (1906-1966).
Di
fatto, la Fratellanza è la matrice di tutti i movimenti salafiti
(ossia: in cerca di vivere come i compagni del Profeta) e takfiristi
(cioè: in lotta contro gli apostati) che lavorano con la CIA. Così,
Ayman al-Zawahiri, attuale capo di Al-Qa'ida, proviene dai loro
ranghi. Fedele agente degli Stati Uniti, fu il sobillatore che diede
avvio alla presidenza di Hosni Mubarak, nell'organizzare l'assassinio
di Anwar el-Sadat. Ora è diventato il leader spirituale dei Contras
siriani.
La
Fratellanza è sempre stata una minoranza in tutti i paesi in cui si
è sviluppata, anche in Egitto, dove deve la sua vittoria solo al
boicottaggio delle urne da parte di due terzi della popolazione. Ha
dunque suscitato, contro le dittature, ogni sorta di gruppi armati
che hanno cercato di prendere il potere con la forza o la
dissimulazione. Ciò che caratterizza il suo comportamento è che,
per essa, «il
fine giustifica i mezzi».
Pertanto risulta difficile distinguere, nella sua evoluzione
ideologica, quanto sia autentico e quanto invece scaturisca dalla
seduzione politica. In particolare, il caso egiziano ha dimostrato
che la sua evoluzione democratica era di pura facciata, giusto il
tempo di un'elezione.
Soprattutto,
benché sia stato inizialmente un movimento destinato a lottare
contro l'imperialismo britannico, è subito entrato in conflitto con
il nazionalismo arabo, il principale avversario dell'imperialismo
nella regione. Comprendendo l'uso che potevano fare dei Fratelli, i
britannici, esperti nella gestione di sette, ben lungi
dall'eliminarli, penetrarono al loro interno e li sostennero per
lottare contro i nazionalisti. Ancora oggi, il coordinamento
internazionale dei Fratelli è installato a Londra.
La
"primavera araba" (dal dicembre 2010) è sostanzialmente un
remake della vecchia strategia franco-britannica della "rivolta
araba" contro gli Ottomani (1916-1918). Solo che, stavolta,
l'obiettivo non era quello di piazzare dei burattini
pseudo-indipendenti al posto della vecchia amministrazione ottomana,
ma dei fantocci nuovi di zecca adattati alla globalizzazione invece
di alleati usati.
La
ritirata strategica del Qatar
A
seguito del cambio di squadra in Qatar, il denaro ha smesso di
scorrere copioso verso i Fratelli, si trattasse di Siria, di
Palestina, di Egitto, di Libia o altri luoghi ancora. L'emirato si
sta concentrando sulle sue ambizioni interne e prevede di spendere
200 miliardi di dollari per preparare i mondiali di calcio, fra
cinque anni.
Questa
improvvisa scomparsa dalla scena internazionale ha lasciato il campo
libero ai sauditi e agli Emirati, entrambi i quali si sono
precipitati a sostenere il nuovo regime egiziano.
Al
contrario, la rivalità tra il Qatar e l'Arabia Saudita ha portato
l'Iran a sostenere Mohamed Morsi Egitto, pur sostenendo Bashar
al-Assad in Siria. Di colpo, Teheran trovava più affinità con il
progetto dei Fratelli egiziani volto a «islamizzare
la società»,
che con quello dei nasseriani volto
a liberare la Palestina dall'occupazione coloniale.
In
ultima analisi, il ritiro del Qatar corrisponde a un riequilibrio
delle forze nel mondo anglosassone. Successivamente, le commissioni
di controllo dei servizi segreti presso il Congresso degli Stati
Uniti e presso la Camera dei Comuni britannica si sono opposte
all'invio di armi ai "ribelli" in Siria.
La
caduta dei Fratelli Musulmani non è solo il fallimento di una
Fratellanza, ma anche di coloro che, a Londra e Washington, hanno
pensato di poter rimodellare il Nord Africa e il Vicino Oriente, e
poi in subordine a far regnare il caos, piuttosto che perdere la
mano.
Traduzione a cura di
Matzu Yagi.
Questa "cronaca settimanale di politica estera" appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano "Al-Watan" (Siria), in versione tedesca sulla "Neue Reinische Zeitung", in lingua russa sulla "Komsomolskaja Pravda", in inglese su "Information Clearing House".
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