di Massimo Fini.
Dall'inconcludente vertice irlandese fra i
cosiddetti 'grandi della Terra' la notizia vera è uscita solo
all'ultimo, quando Barack Obama ha annunciato ufficialmente che a Doha,
capitale del Qatar, erano iniziate le trattative con i Talebani per
negoziare una pace in Afghanistan. Naturalmente, per non sputtanarsi
oltremisura, Obama ha affermato, attraverso i suoi consiglieri, che le
trattative non saranno condotte direttamente dagli americani ma dal
governo Karzai con la Commissione politica talebana che ha ricevuto
l'imprimatur del Mullah Omar, il capo della guerriglia. Ma è una
copertura di facciata, perchè Karzai non conta niente, è un
presidente-fantoccio alle dipendenze del Dipartimento di Stato Usa. Le
trattative saranno dirette fra americani e Talebani. Del resto
l'annuncio di Obama arriva dopo due anni di contatti sottobanco, da
quando l'Emirato Islamico d'Afghanistan aveva aperto una sua sede
diplomatica a Doha proprio per poter negoziare in territorio neutro.....
Peraltro non è la prima volta che gli americani cercano di agganciare i
Talebani . Ci provarono già nel 2005 quando la guerriglia, organizzata
da Omar, era appena all'inizio della controffensiva. Proposero
un'amnistia per i guerriglieri che avessero deposto le armi. Ma gli era
andata male. In pratica nessun comandante talebano si era arreso. Dei
142 leader inseriti nella 'lista nera' del Consiglio di Sicurezza
dell'Onu solo 12 figure marginali avevano accettato di deporre le armi
(salvo riprenderle in seguito, dopo che i missili Nato avevano ucciso un
fratello o un figlio). Ci avevano riprovato nel 2010, quando ormai i
Talebani controllavano il 75% del territorio. Le condizioni degli
americani erano queste: «Prima i Talebani disarmano e accettano la
Costituzione, poi si potrà avviare un dialogo». La proposta era estesa a
tutti i leader talebani escluso il Mullah Omar considerato «inidoneo»
per una conciliazione nazionale. Aveva fatto notare Wakil Muttawakil ex
ministro degli Esteri del Mullah Omar: «Una volta che i Talebani avranno
deposto le armi e accettato la Costituzione che cosa ci sarà ancora da
discutere?». Naturalmente non se ne fece nulla. E ci avevano riprovato
di nuovo costituendo un grottesco Consiglio di pace dove sostenevano che
erano entrati anche alcuni leader talebani, in realtà scartine
raccattate per le strade di Kabul (in quell'occasione, ridotti alla
disperazione, gli Usa avevano chiesto aiuto anche all' 'arcinemico'
Iran).
Tutti questi tentativi erano falliti perchè gli americani si erano
sempre rifiutati di trattare con il Mullah Omar, il capo indiscusso (e
prestigioso agli occhi degli afgani) della guerriglia. E la novità
dell'annuncio di Barack Obama è proprio questa: gli americani piegano le
ginocchia e accettano di trattare con Omar, «il mostro», «il
criminale», il leader di «un movimento spaventoso, motivato da una
orribile ideologia» come si espime ancora oggi il neocon Paul Berman.
L'annuncio di Obama cela, malamente, una cocente sconfitta. Degli
americani e della Nato. In dodici anni di guerra, la più lunga dei tempi
moderni, il più potente e tecnologico esercito del mondo non è riuscito
a piegare «un pugno di criminali e terroristi» che ha anzi
riconquistato tutta l'immensa area rurale dell'Afghanistan, circa l'80%
del Paese. E questo è potuto avvenire perchè, come ho scritto tante
volte, i Talebani, e più in generale gli insorti (agli uomini del Mullah
Omar si sono aggiunti altri gruppi) godono dell'appoggio della
stragrande maggioranza della popolazione afgana, storicamente
insofferente all'occupazione dello straniero, comunque motivata
(inglesi, nell'800, e sovietici, nel 900, docent). Ma ora la situazione è
di stallo. I Talebani non possono conquistare le città (Kabul, Herat,
Mazar-i Sharif, a Kandahar culla del movimento talebano la situzione è
un po' diversa) data l'enorme sproporzione degli armamenti. D'altro
canto gli americani hanno l'assoluta necessità di venir via perchè non
possono più permettersi di spendere 40 miliardi di dollari l'anno per
una guerra che non potranno mai vincere. Ecco il perchè dei negoziati.
Che si presentano difficilissimi. Gli americani, benchè perdenti, per
levarsi dai piedi pongono delle condizioni. 1) Rottura di tutti i
rapporti con Al Qaeda. 2) Fine degli attacchi in Afghanistan. 3)
Riconoscimento della Costituzione del 2004. Poi ce n'è una quarta non
detta: gli americani vogliono lasciare tre o quattro basi aeree per
poter continuare comunque a controllare il Paese.
Sul primo punto non c'è problema. I Talebani non sono mai stati
terroristi internazionali. Osama Bin Laden se lo sono trovati in casa,
ce lo aveva portato il nobile Massud per combattere un altro 'signore
della guerra' ,Hekmatyar. Osama Bin Laden di cui Omar non aveva alcuna
considerazione (lo definiva «un piccolo uomo») è sempre stato un
problema di cui si sarebbe volentieri liberato. Tanto è vero che quando
nel 1998 Bill Clinton gli propose di farlo fuori si dichiaro'
disponibile. Fu poi Clinton a tirarsi indietro (Documenti del
Dipartimento di Stato). Se nel 2001, dopo gli attentati alle Torri
Gemelle, si rifiuto' di consegnarlo agli americani fu per una questione
di principio e di dignità nazionale. Il governo afgano chiese infatti
agli Stati Uniti delle prove che effettivamente Bin Laden era alle
spalle degli attentati e una seria inchiesta internazionale. Gli
americani risposero: «Le prove le abbiamo date ai nostri alleati». A
questo punto il governo afgano, come avrebbe fatto qualsiasi altro
governo, si rifiuto' di consegnare, su queste basi, un uomo che era
comunque sotto la loro giurisdizione. In ogni caso se in Afghanistan si
ripresentassero degli arabi jihadisti Omar sarebbe il primo a cacciarli a
pedate, visto che a causa loro s'è giocato il potere e l'intera
esistenza. Comunque, se questo è il problema, il Mullah Omar, a quanto
ne so, è disposto ad accettare ispezioni dell'Onu che controllino che in
Afghanistan non si ricostituiscano basi del terrore.
Quello che non puo' assolutamente accettare è la Costituzione del 2004,
ispirata alle istituzioni, ai valori, ai costumi dell'Occidente. Perchè
ha combattuto proprio per preservare le istituzioni della tradizione
afgana, i suoi usi, i suoi valori, la sua essenza. Infine, ed è il punto
più critico, il Mullah Omar vuole che alla fine dei negoziati non un
solo soldato straniero calchi il suolo afgano. Non ha combattuto più di
trenta dei suoi 53 anni di vita per la libertà del suo Paese, prima,
giovanissimo, contro gli invasori sovietici, lasciandoci un occhio, poi
contro gli arbitrii, i soprusi, le violenze dei 'signori della guerra'
(Massud, Dostum, Eckmatyar, Ismail Khan) e, da ultimo, contro gli
occupanti occidentali, sacrificando la sua intera esistenza, per vedersi
imporre, alla fine, una 'pax americana'.----------------
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