PS: Signor Mario Taccone e " una testa di c...o"! Non mi interessa di che parte politica Lei sia, ne tanto meno intendo, per mancanza di "prove provate", fare alcuna rimostranza al Maresciallo Tito.
Ma dove vive e sopratutto con che cosa vive, con che lavoro, con che istruzione e sopratutto con quale solidarietà verso tutti coloro i quali in questo momento drammatico con suicidi da entrambe le parti, "padroni e lavoratori", con il lavoro che non c'è più con l'aggravante che mancano ancor più le "fabbriche" per lavorarci, con un fisco che per 10.000€ ti vende la casa acquistata con decine di anni di sacrifici, con i nostri parlamentari che fanno finta di togliere i rimborsi elettorali e invece li aumentano con il 5 x mille, ........e sopratutto "testa di c...o" siamo stati noi italiani a invadere la Yugoslavia nella seconda guerra mondiale e non il contrario e visto che solo Gesù Cristo porge l'altra guancia. Per non parlare del passato con le invasioni da parte di noi italiani dell'Etiopia, della Libia, con il bis dell'altranno, dell'Iraq, dell'Afghanistan ...... E sopratutto, per tornare in argomento, i bombardamenti nella Yugoslavia negli anni '90 venivano dalle basi NATO dell'Italia, in primis da Aviano: crede possa bastare?
Con ossequi, "testa di c...o"!
umberto marabese
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Una mozione del PdL friulano chiede alla Regione
di farsi parte attiva per rimuovere l'onorificenza italiana al
sanguinario dittatore slavo. Brava governatrice. Perché non ci può
essere dubbio, lo farà senz'altro...
Migliaia di persone hanno invaso, un paio d’anni fa, una strada di
Lubiana. Un affollatissimo corteo ha sfilato nella piazza principale di
Zagabria. I cittadini di Podgorica, in Montenegro, hanno occupato il
loro aeroporto fino a che non hanno ottenuto che gli si cambiasse il
nome. Perché tutto questo? Perché erano tutti luoghi intitolati a Josip Broz, l’efferato e sanguinario maresciallo Tito,
emblemi di una memoria che la cultura balcanica sta rifiutando con
decisione, dopo anni di lento e faticoso smaltimento, pronta a
riconoscere, finalmente senza inibizioni, le proprie responsabilità. In
Italia, il signor Tito non dovrebbe suscitare propriamente grandi
simpatie, e non molti “titini” dovrebbero inneggiare ad un dittatore dalla deportazione facile, dalla pulizia etnica programmatica, che ha giocato con la dignità di persone e popoli.... Anche la sinistra, quella stessa sinistra che alimentò per decenni una grossolana e superficiale apologia del regime
– perché un Paese comunista e dunque anti-fascista qualche strizzatina
d’occhio la ricevette anche dalle nostre parti – dovrebbe schierarsi
compatta per una condanna senza appello. Come a
risarcire le colpe di quelle sinistre europee (e la nostra non mancò
all’appello) che si coprirono gli occhi di fronte ai ritrovamenti delle foibe,
dramma di un territorio, quello friulano, da sempre lacerato tra due
appartenenze etniche, e per questo vera e propria “polveriera” sociale e
razziale.
E allora la segnalazione di Rodolfo Ziberna, consigliere regionale PdL
in Friuli, assume i tratti di una sfrontata provocazione, di una voluta
“messa all’angolo” per tastare l’atteggiamento della giunta appena
uscita dalle ultimeRegionali, e capeggiata dalla presidentissima Debora Serracchiani.
Ziberna fa notare che, mentre in mezza penisola balcanica si
smantellano onori e glorificazioni, da noi non è mai stata revocata l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce
dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana conferita a Tito con
decreto del 2 ottobre 1969. Anacronismo storico clamoroso, retaggio
simbolico ma ingombrante. E il suo non è mero appigliarsi alla minuzia
burocratica, al pretestuoso puntiglio della forma. Ma è affondo che
vuole sondare la reazione della nuova classe dirigente, misurare la sua
idea di vocazione territoriale e di identità regionale, e la libertà del suo rapporto con il passato. La capacità di mettere da parte i sempreverdi spettri dell’ideologia,
i revisionismi e i negazionismi da quattro soldi, la facile
strumentalizzazione politica della storia (quell’offensivo giochetto da
“erano meglio i lager-erano meglio i gulag” così in voga in questi anni
post-Muro) e stringersi tutti attorno ad un atto dovuto. La Serracchiani
dovrebbe perorare la revoca della grottesca
onorificenza presso il capo dello Stato, che così tuonò qualche tempo
fa: le foibe furono «un disegno di sradicamento della presenza italiana
da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un
moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo
[…] che assunse i sinistri contorni di una “pulizia etnica“».
Porte spalancate, dunque, da parte di Napolitano. Basterà che la
Serracchiani raccolga la sfida, e non si lasci sfuggire l’occasione di
un segnale forte oltre tutte le scaramucce di parte. Perché la
Serracchiani certamente lo farà, vero?
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