Da Mifsud alla Trenta passando per Renzi-Gentiloni.
Chi è Joseph Mifsud e perché è così importante? E’ stato un docente maltese della Link Campus, una strana università privata di Roma con ampi agganci nazionali (l’ha fondata Vincenzo Scotti, ex ministro degli interni) e internazionali (ci lavorano agenti britannici); ed anche uno dei direttori dell’oscuro London Centre of International Law Practice LCILP): dove lavorava come consulente sui temi energetici George Papadopulos, l’attivista pro-Trump e uno dei suoi assistenti arruolati nella campagna elettorale di Trump, preso di mira come strumento inconsapevole del Russiagate....
In questo centro di pratica legale internazionale, ricorda ora Papadoupolos, non avveniva nessuna pratica legale di nessun genere. Ricorda anche che quando annunciò che avrebbe lavorato per la campagna di The Donald, uno dei direttori del London Centre lo rimproverò: “Fai male a lavorare con Trump. È una minaccia per la società. È un razzista. È anti-musulmano”.
Il tono di ostilità però muta completamente quando un altro direttore dello LCILP gli annuncia che si unirà a lui per la conferenza di tre giorni che si terrà al Link Campus University di Roma. E’ lì che gli viene presentato “un accademico maltese sulla cinquantina, elegantemente vestito, Joseph Mifsud”.
E’ il 14 marzo 2016. Nell’università “dello spionaggio” di Scotti e dove ha insegnato la Trenta, sono presenti all’evento “ anche il renziano e clintoniano Gianni Pittella, il senatore del Copasir Giuseppe Esposito (alfaniano) e il direttore della Polizia Postale (la cyber intelligence italiana) Roberto Di Legami. La stessa compagnia (Mifsud, Pittella, Di Legami, Esposito) di una precedente conferenza sulla sicurezza organizzata dalla Link al Senato l’11 settembre 2015″.
Da leggere per "capire il perchè...":
Quello che Mifsud fa balenare all’ingenuo Papadopoulos è di poterlo aiutare nella campagna di Trump, perché ha contatti con ambienti russi. Alla fine di aprile infatti Mifsud lo invita in un ristorante di Londra e gli comunica: “Sono appena tornato dalla Russia. Dicono di avere materiale per sporcare Hillary Clinton! Email di Clinton! Hanno migliaia di e-mail imbarazzanti”.
Sembra che Mifsud si atteggi ad agente informale di Mosca. Mette in contatto Papadopoulos con figure nell’orbita di Vladimir Putin come Ivan Timofeev, esponente del Russian International Affairs Council, un think tank fondato dal Cremlino.
“Gli presenta pure la nipote di Putin, che poi si rivelerà essere solo una stagista della Link senza alcun rapporto con la Russia”.
Il giovane consulente si monta la testa e, nel marzo 2016, in una riunione dei membri della campagna per Trump, nello International Hotel di Washington (proprietà di Trump, si vanta di poter arrangiare un incontro fra Trump e Putin – evidentemente imbeccato da Mifsur e dai “russi” che gli ha presentato.
Ovviamente è quello che l’FBI di Mueller voleva sentire: parte l’inchiesta per dimostrare che Donald è manovrato da Putin.
Da quel momento, Papadopoulos diventa oggetto di incontri importanti e curiosi. Un diplomatico australiano di nome Alexander Downer che gli parla del materiale che gli danno i russi fra un gin and tonic e l’altro. Fatto singolare, il diplomatico australiano dirige, a tempo perso, una società d’intelligence privata a Londra, la Haklyut & Co., che ha tra i collaboratori sir Richard Dearlove, ex direttore dell’MI6.
Altri incontri di Papadopoulos: un funzionario del ministero degli steri britannico non meglio identificato, lo porta al bar e gli parla della Russia. Infine “Stephan Halper, un vecchio agente della CIA divenuto professor a Cambridge (anche lui collaboratore della Hakliut & Co) , lo contatta di punto in bianco egli fa domande sulla Russia” cercando di fargli dire che lui lavora per i moscoviti. Non basta.
Incontri col Mossad
Di colpo compare un “uomo d’affari bielorusso, Sergei Millian” (J) che gli offre – udite udite – un contratto di consulenza a 30 mila dollari al mese, in segreto, alla sola condizione: che continui a lavorare per Trump. Papadpoulos rifiuta. Si saprà dopo che questo Millian “era una delle fonti del dossier Steele, il falso rapporto che era stato compilato dall’ex agente dell’intelligence britannico Christopher Steele e conteneva accuse salaci sui legami di Trump con Mosca”.
Non basta ancora. Ecco apparire un nuovo amico, l’uomo d’affari israeliano Charles Tawil, rumoroso, soverchiante, vociante, che diventa amicone di Papadopoulos in illinois, lo rivede a Mikonos durante una vacanza, lo porta con sé in Israele e , in un albergaccio di Tel Aviv, gli dà 10 mila dollari in contanti come anticipo di una non precisata futura consulenza. Denaro che Papadopoulos accetta perché, dice, si sente minacciato ha l’impressione che TAwil avrebbe potuto ucciderlo: lo ritiene, dice, un “agente di un servizio d’intelligence estero, non russo”.
E’ il luglio 2017. Papadopoulos torna in Usa da Atene e mentre attende la coincidenza aerea, agenti dell’FBI lo fermano. Perquisiscono il suo bagaglio. “Allora mi viene in mente! Charles Tawil! Stanno cercando i 10 mila dollari in contanti non dichiarati! “
Torchiato da Mueller, Papadopoulos è minacciato di 25 anni per ostruzione alla giustizia e per essere “un lobbista non registrato a favore di Israele”: ha fatto delle conferenze (su temi petroliferi) allo Hudson Institute, un think tank con sede a Washington – dove ritroviamo i famigerati falchi neocon che, dopo l’11 Settembre, spinsero alla guerra in Irak: da Richard Perle a Douglas Feith (uno dei tre viceministri ebrei al Pentagono quei giorni: gli altri sono Wolfowitz e Dov Zakheim), Meyrav Wurmser , fondatore dell’organo di propaganda israeliano MEMRI – per ciascuno di questi personaggi ci sarebbe da scrivere un libro-
Ma dobbiamo tornare a Papadopoulos. Frastornato, incapace a tutta prima di capire che cosa gli sta succedendo e di essere stato incastrato, da chi, di fronte a precisa domanda di Mueller nega di conoscere Mifsud: per questo viene condannato da Mueller a 14 giorni di carcere e 10 mila dollari di multa – esattamente la cifra che aveva ricevuto dall’israeliano e che il Deep State, si può dire, si riprende.
Ma il Mueller che incrimina e sbatte in galera con tanta facilità, invece non ha incriminato Mifsud, anche quando è appurato che si tratta del personaggio-chiave iniziatore della falsa trappola contri Trump? . Glielo hanno chiesto durante l’audizione al Senato in cui il procuratore speciale – anche lui fallito nel suo scopo di incastrare Trump, ha dato risposte tipo: “Non posso entrare in merito a questo”.
Perché? Anzitutto perché Mifsud – è un cognome ebraico maltese – è un ebreo,
e sicuramente lavora non solo per lì intelligence britannica e i “Five Eyes”, e la fabbrica del fango anti-Trump dei democratici, ma anche per Israele.
Poi perché, evidentemente, Mueller continua a credere a Mifsud, lo considera un prezioso informatore suo e del suo giro anti-Trump, e si sente in dovere di proteggerlo.
Infatti Mifsud “scompare” per mesi – mesi in cui abiterà a Roma, come ha scoperto Il Foglio (non l’FBI né la polizia italiana), in un appartamento affittato dalla Link Campus di Scotti & C. – la quale sostiene di non aver avuto più apporti col “Professore” dal 2008…
Adesso – sempre a piede libero e a distanza, in teleconferenze – l’ebreo maltese ha “accettato” di collaborare con i nuovi procuratori (Durham ed Horowitz) del ministero della Giustizia Usa che indagano non più sulla collusione di Trump con Putin, bensì sulla scandalosa e ramificata operazione dei servizi “occidentali” per far passare Trump per un burattino di Putin, utilizzando materiale che sapevano falso come il rapporto Steele o “la nipote di Putin” che Mifsud presentò a Papadopoulos a Roma. Insomma dirà quello che vuole e terrà per sé quello che vuole.
Ora bisogna chiedersi come mai in quella Link Campus, Mifsud ha tenuto lezioni ad altissimi elementi del controspionaggio italiano insieme ad una sua collega ed agente britannica come Claire Smith.
Ora bisogna chiedersi come mai in quella Link Campus, Mifsud ha tenuto lezioni ad altissimi elementi del controspionaggio italiano insieme ad una sua collega ed agente britannica come Claire Smith.
Come mai il Movimento Cinque Stelle, al momento di accaparrarsi il ministero della Difesa, ci mette la signora Elisabetta Trenta che è una insegnante della Link Campus e se ne vanta (“Fino al 2018[2] è stata vicedirettore del Master in Intelligence and Security presso il Link Campus di Roma[1], scrive su Wikipedia) e pure la viceministra degli esteri grillina, la Del Re, anche lei della Link Campus. Insomma si vorrebbe sapere quanti agenti coscienti o incoscienti dei “servizi britannici” e genericamente “Occidentali” stiamo, come contribuenti, pagando di tasca nostra. Le prove del coinvolgimento del gruppo Renzi-Gentiloni -Mifsud nel fabbricare il Russiagate anti-Donald stanno arrivando:
A quando la scoperta di quanti nostri altissimi dirigenti dello spionaggio o del ministero siano “asset” , magari alla Regeni, inconsapevoli di Londra o Herzlya? Anche perché la nostra gloriosa e patriottica Marina militare ci sta riempiendo di nuovi “immigrati” che hanno pagato il biglietto agli scafisti per farsi “naufragare” e “salvare” dai nostri teneri ammiragli. I quali proclamano di agire in spregio e sfida aperta al governo italiano vigente: perché obbedisce a Bergoglio e all’umanità, certo.
Ma con tutti questi Regeni preparati dalla Link Campus di Mifsud, si vorrebbe esser sicuri.
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