È infastidito dalle «frasi» di Di Maio. L’incontro col premier incaricato non risolve il caso. Al Nazareno scatta l’allarme. Andrea Orlando e Paolo Gentiloni rinunciano ad andare alla Festa dell’Unità di Milano: nelle prossime ore potrebbe succedere di tutto.
di Maria Teresa Mieli
Sono le tre meno cinque, Nicola Zingaretti è in auto per andare all’appuntamento fissato il giorno prima con Luigi Di Maio, ma è proprio allora che viene a sapere delle esternazioni del leader 5 Stelle. «Sono frasi sconcertanti e inaccettabili, non può pensare di continuare così», sbotta. Annulla l’incontro e torna al Nazareno.
Il leader del Partito democratico è stufo, anche perché in questo modo, secondo lui, si finisce per «non parlare mai del merito delle cose e dei contenuti». Zingaretti non manca di far trapelare la sua irritazione a Palazzo Chigi. Giuseppe Conte cerca di gettare acqua sul fuoco con un generico «abbassiamo tutti i toni». Ma per il Pd non è sufficiente: «Basta con gli ultimatum sennò non si va da nessuna parte», twitta il segretario. Quindi Zingaretti manda avanti Antonio Misiani a dire: «O si fa un governo serio con un programma condiviso o si va alle elezioni»....
La parola elezioni al Pd non fa paura, trapela dal Nazareno: «Noi siamo responsabili, però non possiamo fare un governicchio traballante che dipende dalle bizze di Di Maio». Perciò al Nazareno scatta l’allarme. Andrea Orlando e Paolo Gentiloni rinunciano ad andare alla Festa dell’Unità di Milano dove erano attesi, il primo ieri sera, il secondo oggi. Nelle prossime ore potrebbe succedere di tutto, meglio non allontanarsi da Roma.
Non bastano le rassicurazioni di Conte che scarica Di Maio. Anche perché, benché il segretario abbia apprezzato il clima positivo, il premier nell’incontro di mezzogiorno e mezzo con Zingaretti, Graziano Delrio e Dario Stefàno ha concesso ben poco. Tanto che qualcuno, nella delegazione del Partito democratico, dopo il colloquio con il presidente del Consiglio incaricato, se ne è uscito con questa battuta: «Ma chi crede di essere? Napoleone?».
Al secondo piano del Nazareno, dove Zingaretti ha il suo ufficio, i vertici del Pd sono in riunione permanente. Il tema all’ordine del giorno è questo: è possibile fare un governo con chi butta una mina al giorno per sabotare l’accordo? È lo stesso interrogativo che Orlando e Dario Franceschini pongono a Conte e alla delegazione dei 5 Stelle in un incontro pomeridiano a palazzo Chigi, che avrebbe dovuto restare riservato.
Zingaretti e i massimi dirigenti del Pd nutrono dei sospetti su Di Maio: possibile che si comporti così solo perché vuole fare il vicepremier? La risposta che si danno è «no». In quel modo, anzi, l’esponente dei 5 Stelle si taglia l’erba sotto i piedi da solo. E allora, forse, c’è di più. E quel di più potrebbe essere un patto segreto siglato con Matteo Salvini per mandare tutto all’aria, facendo mancare i voti al governo al Senato nel giorno della fiducia.
Sospetti, dubbi, preoccupazioni. Al Nazareno si respira un’aria pesante. E non contribuiscono di certo a rasserenare il clima le fake news che si rincorrono nei palazzi della politica. Come quella secondo la quale il Pd avrebbe fatto sapere a Conte di poter accettare come vice premier Riccardo Fraccaro. «Cavolate», tagliano corto al Pd.
Chi era contrario all’intesa, però, vede uno spiraglio. È il caso di Carlo Calenda, che dice: «Zingaretti, ripensaci, anche perché a ottobre Renzi farà i suoi gruppi parlamentari e provocherà la crisi di governo». A sera Zingaretti ripete: «Se Di Maio insiste non si va da nessuna parte».
Nessun commento:
Posta un commento