Diego Fusaro presenta un importante testo del filosofo intellettuale francese Alain de Benoist, che tradotto in italiano si intitola “Contro il liberalismo: la società non è un mercato” (“Contre le libéralisme : La société n’est pas un marché“. Un testo del 2019 particolarmente significativo perché dire che la società non è un mercato evidenzia la contraddizione fondamentale della società capitalistica e dell’odierno liberalismo pienamente realizzato, che peraltro è la negazione del liberalismo classico borghese.
La ragione liberista tende a ridurre tutto a merce e a produrre quella aziendalizzazione integrale del mondo e della vita che finisce per mercificare tutto, cioè per produrre quella che Latouche ha definito l’omnimercificazione. In Hegel, anche se non del tutto apprezzato da De Benoist che si muove maggiormente sulla linea antidialettica di Nietzsche e di Heidegger, troviamo gli anticorpi non soltanto per resistere contro il liberalismo, ma anche contro la mercificazione della società.....
Già lo stesso Hegel, nei suoi testi, mostra l’esigenza di frenare la “bestia selvatica del mercato“, secondo il quale bisogna limitare il sistema dei bisogni, cioè il sistema competitivistico della società di mercato, il regno dell’intelletto astratto che si scatena e fa prevalere l’interesse dell’individuo concorrenziale, dando luogo a quell’interdipendenza omnilaterale che sfocia nel sistema degli egoismi, che la tradizione classica legittimava con il sofisma della mano invisibile (Smith) o con la favola delle Api (Mandeville), cioè quell’idea che dal vizio privato potesse scaturire la pubblica virtù, in una società costruita su basi non sociali ma individualistiche, egoistiche, negatrici dell’idea stessa di società [ndr: vedi su Byoblu “Fuori dal Neoliberismo“, di Mauro Scardovelli, e la critica al darwinismo di Enzo Pennetta].
Già lo stesso Hegel, nei suoi testi, mostra l’esigenza di frenare la “bestia selvatica del mercato“, secondo il quale bisogna limitare il sistema dei bisogni, cioè il sistema competitivistico della società di mercato, il regno dell’intelletto astratto che si scatena e fa prevalere l’interesse dell’individuo concorrenziale, dando luogo a quell’interdipendenza omnilaterale che sfocia nel sistema degli egoismi, che la tradizione classica legittimava con il sofisma della mano invisibile (Smith) o con la favola delle Api (Mandeville), cioè quell’idea che dal vizio privato potesse scaturire la pubblica virtù, in una società costruita su basi non sociali ma individualistiche, egoistiche, negatrici dell’idea stessa di società [ndr: vedi su Byoblu “Fuori dal Neoliberismo“, di Mauro Scardovelli, e la critica al darwinismo di Enzo Pennetta].
Il mercato tende per sua essenza allo sradicamento, alla dissoluzione delle radici etiche solidali. È necessario reagire valorizzando invece questi elementi, dalla famiglia all’etica pubblica, fino a culminare nello Stato nazionale, ossia nell’eticità, nella sostanza etica pienamente realizzata. Il libro di De Benoist mette bene a fuoco la globalizzazione, ovvero il planetarizzarsi del sistema dei bisogni senza etica (come dice lui: la “mondialisation”). In questo immenso bazar nel quale la società è stata trasformata nel dopo Hegel, le figure etiche tradizionali sono state scardinate, ovvero quello che fino a poco tempo fa erano rappresentate dai padri e delle madri in basso, con i loro figli, e in alto dalle macro comunità statali con i cittadini. L’unica figura consentita nella società mercificata è quella del consumatore sradicato che si relazione secondo la logica algida del “Do Ut Des” mercatistico, che non ha legami se non quelli instaurati dal rapporto mercantile, e che essenzialmente dà luogo a una sorta di concorrenza globale come unico nesso sociale consentito.
In questa dinamica assistiamo alla riduzione stessa dei diritti – che un tempo erano garantiti a ciascuno in quanto cittadino – a merci disponibili. Ecco perché la società diventa una merce: non vi sono più diritti che spettano a ciascun cittadino ma vi sono diritti riconfigurati come merci. Tema spiegato bene dal libro di Barber “Consumati”, ossia siamo diventati tutti consumatori e allo stesso tempo siamo stati consumati. Non vi sono più diritti garantiti a tutti, ma vi sono merci che in astratto sono disponibili a tutti, ma che in concreto lo sono per chi abbia il potere d’acquisto disponibile. Questa è la cifra della perversa civiltà a forma di merce, la cifra dell’odierno ignobile spettacolo di una società in cui tanta libertà si ha quanta se ne può acquistare, nella quale ogni desiderio consumistico diventa un diritto disponibile per quanti possano permetterselo. Dobbiamo dunque ribadire con forza, sulla scia di Alain De Benoist, che la società non è un mercato.----
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